IL “TU SEI PIETRO” NELL’ESEGESI PATRISTICA


La tradizione esegetica patristica è unanime sul significato della “pietra”. L’infallibilità della Chiesa non si fonda su una persona umana ma sulla fede che Dio stesso rivela e che va oltre “la carne ed il sangue”. L’infallibilità non risiede in un qualcosa o in un qualcuno che sia magico ma nella disponibilità dei santi ad accogliere la vera fede, rivelata una volta per sempre da Dio. La Chiesa esisterà fino a quando anche un piccolo resto sarà in grado di accogliere questa rivelazione divina. Come si accorderebbe una supposta infallibilità del “Vicario di Cristo” con il detto evangelico: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8). Per di più un uomo che fosse “infallibile” dovrebbe essere sprovvisto di libero arbitrio perché di fatto non sarebbe libero, non potendo fallire, ogni qual volta proclamasse una verità di fede o di morale “ex Cathedra”. I confini di questo ex Cathedra, poi, evolvono e si modificano ogni qual volta si prende in esame una promulgazione papale problematica. Inutile ricorrere ai tanti errori anche gravi in cui tutti i Patriarchi, quello di Roma incluso, sono incorsi anche nello scritto e nella predicazione intorno alla vera fede.

A titolo di esempio, nel decreto dogmatico della XVIII sessione del terzo Concilio Ecumenico di Costantinopoli, si afferma che:

«poiché non restò inattivo colui che fin dall’inizio fu l’inventore della malizia e che, servendosi del serpente, introdusse la velenosa morte nella natura umana, così anche ora, trovati gli strumenti adatti alla propria volontà: alludiamo a Teodoro, che fu vescovo di Faran; a Sergio, Pirro, Paolo, Pietro, che furono presuli di questa imperiale città; ed anche a Onorio, che fu papa dell’antica Roma; (…); trovati, dunque, gli strumenti adatti, non cessò, attraverso questi, di suscitare nel corpo della chiesa gli scandali dell’errore; e con espressioni mai udite disseminò in mezzo al popolo fedele la eresia di una sola volontà e di una sola operazione in due nature di una (persona) della santa Trinità, del Cristo, nostro vero Dio, in armonia con la folle dottrina falsa degli empi Apollinare, Severo e Temistio» (Mansi, XI, coll. 636-637)

«Con essi riteniamo di bandire dalla santa Chiesa di Dio e di anatemizzare anche Onorio, già Papa dell’antica Roma, perché abbiamo trovato nella sua lettera a Sergio che egli ha seguito in tutto la sua opinione e che ha ratificato i suoi empi insegnamenti» (Mansi, XI, col. 556).

Il 9 agosto 681, alla fine della XVI sessione del medesimo Concilio Ecumenico, vennero rinnovati gli anatemi contro tutti gli eretici e i fautori dell’eresia, compreso Onorio: «Sergio haeretico anathema, Cyro haeretico anathema, Honorio haeretico anathema, Pyrro, haeretico anathema» (Mansi, XI, col. 622).

Le copie autentiche degli atti del Concilio, sottoscritte da 174 Padri e dall’Imperatore, furono inviate alle cinque sedi patriarcali, con particolare riguardo per quella di Roma. Ma poiché sant’Agatone morì il 10 gennaio 681, gli atti del Concilio, dopo più di 19 mesi di sede vacante, furono ratificati dal suo successore San Leone II (682-683). Nella lettera inviata il 7 maggio 683 all’imperatore Costantino IV, il Papa scriveva:

«anatemizziamo gli inventori del nuovo errore, vale a dire Teodoro di Faran, Ciro d’Alessandria, Sergio, Pirro, Paolo e Pietro della Chiesa di Costantinopoli, e anche Onorio, che non si sforzò di mantenere pura questa Chiesa apostolica nella dottrina della tradizione apostolica, ma ha permesso con un esecrabile tradimento, che questa Chiesa intemerata fosse macchiata» (Mansi, XI, col. 733)

Per sfuggire a questo dato di fatto e proclamare il dogma dell’infallibilità papale c’è stato bisogno di inserire tanti se e tanti ma, tante formule e distinguo che di fatto rendono nullo questo “dono” se permane il dubbio della possibilità che un Papa possa essere eretico o sbagliare qualche volta nell’esercizio del suo ministero. Quale certezza può avere il fedele sulle dichiarazioni papali? Sono state fatte ex Cathedra o no? Chi lo stabilisce?

Di fatto, la storia della Chiesa ci insegna che a salvare l’ortodossia siano stati nel tempo diversi Vescovi, diversi Patriarchi e addirittura singoli fedeli: pensiamo a San Massimo il Confessore.

Fatto questo preambolo pubblichiamo il testo esegetico del brano “petrino” del vangelo di Matteo che ha come autore San Cirillo di Gerusalemme e contenuto nelle sue Catechesi:

“Mentre essi erano raccolti attorno a lui, l’Unigenito di Dio li interrogò: «Chi dicono sia il Figlio dell’uomo?». Non fece la domanda per vanagloria, ma per mettere in chiaro la verità, perché essi che pur erano a contatto con la sua divinità non lo sottovalutassero come puro e semplice figlio dell’uomo.

Siccome i discepoli avevano dato per risposta «alcuni Elia e altri Geremia», egli intese dire: «Quanti mi dicono un semplice uomo sono scusabili perché non mi hanno conosciuto; ma voi, apostoli, che nel mio nome avete mondato i lebbrosi, scacciato i demoni, risuscitato morti, non dovreste ignorare in nome di chi potete compiere tali miracoli». Di fronte a una verità superiore alle umane capacità, tutti allora ammutolirono, eccetto il primo araldo della Chiesa, Pietro, la cui fede attingeva non a personale ricerca né ad umano ragionamento, ma al Padre che illumina le menti. Gli rispose non soltanto:

«Tu sei il Cristo», ma aggiunse: «Tu sei il Figlio del Dio vivente». Parole davvero al di sopra delle umane capacità! Perciò il Salvatore lo disse beato e con questo macarisma pose un sigillo alle parole di verità rivelategli dal Padre: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli». Di questa beatitudine dunque partecipa chi riconosce che nostro Signore Gesù Cristo è Figlio di Dio. Chi invece ne nega la filiazione divina è un povero disgraziato”.

Lo stesso sentire ebbero anche i Padri Occidentali:

S. Ambrogio vescovo di Milano († 397) nel “De incarnationis dominicae sacramento” , IV, 32, afferma: «Pietro… ottenne un primato, ma un primato di confessione e non d’onore, un primato di fede e non di ordine»

S. Agostino († 430) nel Sermone 76 – vedere anche Ser. 124 del trattato su Giovanni – scrive: «Il salvatore dice: tu sei Pietro e su questa pietra che tu hai confessata, su questa Pietra che tu hai riconosciuta esclamando tu sei il Cristo, il figlio dell’Iddio vivente, io edificherò la mia Chiesa, vale a dire su me stesso, che sono il figlio dell’Iddio vivente»

Infine Origene († 253) che scrisse nel suo Commento a Matteo: «Se tu immagini che solo su Pietro sia stata fondata la Chiesa che cosa potresti dire di Giovanni, il figlio del tuono, o di qualsiasi altro apostolo? E prosegue affermando che chiunque fa sua la confessione di Pietro, può – come lui – essere chiamato Pietro»

Questa è la verità della fede che purtroppo spesso viene barattata per scopi politici o di convenienza, in Occidente come in Oriente. Una vera riappacificazione tra la vera Chiesa Ortodossa e le altre “Chiese” non può che avvenire nella Verità che è il Signore Gesù Cristo nella sua rivelazione.

Anche storicamente lo scisma del Papa del 1054 vide da una parte della barricata l’interpretazione del suo proprio ministero del Vescovo di Roma, dall’altra parte quella degli altri quattro Patriarcati storici che non gli attribuivano, seguendo i canoni dei Concili Ecumenici, che una preminenza onorifica e non giurisdizionale e neanche dogmatica. Un Patriarca da una parte e quattro patriarchi solidali dall’altra. Valutare quindi che lo scisma sia stato operato dai quattro e non dall’uno in solitudine è storicamente abbastanza arduo non solo pensarlo ma anche sostenerlo e provarlo.

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