• Mer. Ott 9th, 2024

TEANDRICO

Nel mondo ma non del mondo

ἀββᾷ Ἀχιλᾷ

Secondo un detto conservato solamente nella lingua armena, il padre Teodoro di Ferme disse del padre Achille che visse come un leone a Scete. Lo stesso  padre Achille diceva: “Vivi come una bestia selvatica, per non essere conosciuto in alcun modo”. (Eth. Coll. 13,65) Non stupiamoci quindi di sapere così poco di questo vecchio rude che, tuttavia, non poteva nasconderci completamente la diligenza e la profondità della sua carità. Nella memoria dei santi asceti che la Chiesa Ortodossa pone all’inizio della grande celebrazione quaresimale, si menzionano Achille e Amoe chiamandoli «i fiori del deserto»[1].

1. Tre anziani, di cui uno aveva una cattiva reputazione, vennero un giorno da Abba Achille. Il primo gli chiese: “Padre, fammi una rete da pesca”. “Non la farò”, rispose. Allora il secondo disse: “Per la tua carità fanne una, così avremo un ricordo di te nel monastero”. Ma lui rispose: “Non ho tempo”. Allora il terzo, che aveva una cattiva reputazione, disse: “Fammi una rete da pesca, così potrò avere qualcosa dalle tue mani, Padre”. Abba Achille gli rispose subito: “Per te la farò”. Allora gli altri due vecchi gli domandarono in privato: “Perché non hai voluto fare quello che noi ti abbiamo chiesto, ma hai promesso di fare quello che ti ha chiesto lui?”. L’anziano rispose loro: “Vi avevo detto che non l’avrei fatta, e non siete rimasti delusi, perché pensavate che non avessi tempo. Ma se a lui non l’avessi fatta, avrebbe detto: “Il vecchio ha saputo del mio peccato e per questo non vuole farmela”, e così il nostro rapporto si sarebbe interrotto. Ma ora ho rincuorato la sua anima, così che non sarà sopraffatto dal dolore”.

2. Abba Bitimius disse: “Un giorno, mentre scendevo a Scete, qualcuno mi diede della frutta da portare agli anziani. Così bussai alla porta della cella di Abba Achille per dargliene un po’. Ma lui mi disse: “Fratello, d’ora in poi non voglio che tu bussi alla mia porta con alcun tipo di cibo e non andare a bussare nemmeno in altre celle”. Così mi ritirai nella mia cella e portai la frutta in chiesa”.

3. Abba Achille si recò un giorno nella cella di Abba Isaia a Scete e lo trovò che mangiava qualcosa. Lo aveva mescolato con acqua e sale su un piatto. L’anziano, vedendo che lo nascondeva dietro a delle canne intrecciate, gli disse: “Dimmi, cosa stai mangiando?” Egli rispose: “Perdonami, padre, stavo tagliando delle foglie di palma e sono uscito al caldo; ho messo in bocca un boccone, con un po’ di sale, ma il caldo mi ha bruciato la gola e il boccone non è andato giù. Così sono stato costretto ad aggiungere un po’ d’acqua al sale, per poterlo inghiottire. Perdonatemi, padre”. Il vecchio disse: “Venite tutti a vedere Isaia che mangia la salsa a Scete. Se volete mangiare la salsa, andate in Egitto”.

4. Un anziano venuto a trovare Abba Achille lo trovò a sputare sangue dalla bocca. Gli chiese: “Cosa c’è, padre?”. L’anziano rispose: “La parola di un fratello mi ha addolorato, ho lottato per non dirglielo e ho pregato Dio di liberarmi da questa parola. Così è diventata come sangue nella mia bocca e l’ho sputata. Ora sono in pace, avendo dimenticato la questione”.

5. Abba Ammoes disse: “Con Abba Bitimius siamo andati a trovare Abba Achille. Lo abbiamo visto meditare su questo detto: “Non temere, Giacobbe, di scendere in Egitto”. (Gen 46,3) Per molto tempo rimase a fare questa meditazione. Quando bussammo, ci aprì la porta e ci chiese da dove venivamo. Avendo paura di dire che venivamo dalle Celle, rispondemmo: dalla montagna di Nitria. Allora ci disse: “Cosa posso fare per voi che venite da così lontano?”. Ci disse di entrare. Abbiamo notato che aveva lavorato tutta la notte e aveva tessuto molto e gli abbiamo chiesto di dirci una parola. Ci disse: “Da ieri sera fino ad ora ho tessuto venti misure, anche se non ne ho bisogno; ma è per paura che Dio si arrabbi e mi accusi dicendo: “Perché non hai lavorato, quando avresti potuto farlo. Ecco perché mi impongo questo lavoro e faccio il più possibile”. Così ce ne andammo, molto edificati”.

6. Un’altra volta, un grande anziano venne nella Tebaide a trovare Abba Achille e gli disse: “Padre, tu sei una tentazione per me”. Ed egli gli rispose: “Anche tu, vecchio, sei ancora tentato a causa mia? Nella sua umiltà, l’anziano rispose: “Sì, Padre”. Ora c’era un vecchio cieco e zoppo seduto vicino alla porta. Il vecchio gli disse: “Avrei voluto rimanere qui diversi giorni, ma non posso a causa di questo vecchio”. A queste parole, Abba Achille si meravigliò dell’umiltà dell’anziano e disse: “Questa non è fornicazione, ma odio verso i demoni maligni”.


[1] È molto bello il fatto che, accingendosi al grande digiuno quaresimale, la Chiesa celebri nella preghiera liturgica il ricordo di molti santi, e prima di tutto degli asceti. La vigilia della prima domenica di Quaresima, le grandi odi (composizioni inniche che costituiscono la parte principale dell’ufficio del mattino) menzionano uno dopo l’altro gran parte degli anziani di questa raccolta, aggiungendo per molti un attributo: Antonio «gloriosissimo», Ammonio «teoforo», cioè portatore di Dio, Arsenio «gloria del digiuno», Ammone «pneumatoforo», cioè portatore dello Spirito, Agatone «veramente vaso di Dio», ecc. La Chiesa ortodossa vuole porre dinanzi agli occhi gli esempi delle loro lotte e delle loro fatiche e invocare la loro intercessione all’inizio del cammino quaresimale, perché essi siano guide, maestri e sostegni nella lotta (vedi Triodio, sabato τῆς τυρίνης, orthros, odi 1-8. L’ode nona e ultima celebra la memoria dei Padri Atanasio, Basilio, i due Gregorio, Giovanni Crisostomo, ecc.). Nota tratta da: Vita e detti dei Padri del deserto, Città Nuova

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