GIOVANNI NANO

GIOVANNI NANO

EVERGHETINòS

5,10. A una giovane di nome Taisia morirono i genitori, ed essa rimase orfana. Allora fece della sua casa un ospizio per gli stranieri, secondo un pensiero dei Padri di Scete e per molto tempo continuò ad accoglierli e a servirli.  Ma poi, una volta consumato tutto ciò che aveva, cominciò ad essere nell’indigenza, e uomini perversi si misero con lei e la distolsero dal suo buon proposito.  E in seguito visse male, al punto che arrivò a prostituirsi.

I Padri lo vennero a sapere e ne furono grandemente rattristati.  Chiamarono abbà Giovanni Nano e gli dissero: “Abbiamo saputo della sorella tale che vive malamente. Essa quando poteva ha mostrato carità nei nostri confronti e adesso noi vogliamo aiutarla come possiamo. Preoccupati dunque di andare da lei e, con la sapienza che Dio ti ha data, vedi di sistemare le sue cose».

L’anziano si recò da lei e disse alla vecchia che stava alla porta: «Annunciami alla tua padrona». Ma quella lo mandò via dicendo: «Prima voi avete divorato i suoi beni, e adesso eccola povera!».  Le dice l’anziano: «Dille che vengo appunto per aiutarla». La vecchia allora andò a dirle dell’anziano. E la giovane disse: «Questi monaci passano sempre lungo il Mar Rosso e trovano delle perle».  Si adornò, sedette sul letto e disse alla portinaia: «Portalo da me». Abbà Giovanni entrò, si sedette accanto a lei e, fissandola in viso, le disse: «Che hai da lamentarti di Gesù, per essere arrivata a questo punto?». A queste parole, essa restò agghiacciata. L’anziano, chinata la testa, si mise a piangere a dirotto. E lei: «Abbà, perché piangi?». Egli fece un cenno e, piegandosi di nuovo, le dice: «Vedo satana scherzare sul tuo volto e non dovrei piangere?». Allora la ragazza gli chiese: «C’è penitenza, abbà?».  E l ‘anziano: «Sì».  E lei: «Portami dove vuoi». E l’anziano: «Andiamo».  Essa si alzò subito e lo seguì.

L’anziano notò che essa non aveva dato alcuna disposizione per la sua casa e se ne stupì. La sera li colse quando erano ormai vicini al deserto. L’anziano fece per lei un piccolo cuscino, vi fece sopra un segno di croce e le disse:

«Dormi qui». Fece lo stesso per sé a poca distanza, disse le sue preghiere e si sdraiò anche lui. Si svegliò intorno a mezzanotte e vide come una strada di luce che dal cielo arrivava a lei, e vide gli angeli di Dio che portavano in alto la sua anima. Allora si alzò, andò da lei, la toccò col piede; vedendo che era morta, si gettò col viso a terra, pregando Dio, e udì una voce che diceva: «Un’ora del suo pentimento è stata accolta più della penitenza di anni di altri che non danno prova di così fervido pentimento».

1. Raccontavano del padre Giovanni Nano che, ritiratosi a Scete presso un anziano della Tebaide, visse nel deserto. Il suo padre, preso un legno secco, lo piantò e gli disse di innaffiarlo ogni giorno con un secchio d’acqua, finché non desse frutto. L’acqua era tanto lontana che doveva partire alla sera per essere di ritorno al mattino. Dopo tre anni il legno cominciò a vivere e a dare frutti. L’anziano li colse e li portò ai fratelli radunati insieme, dicendo: «Prendete, mangiate il frutto del­l’obbedienza» (204c; PJ XIV, 3).

2. Raccontavano che il padre Giovanni Nano disse un giorno al suo fratello maggiore: «Vorrei essere libero da ogni preoccupazione come lo sono gli angeli, che non fanno nessun lavoro, ma adorano Dio incessantemente». Si tolse quindi il mantello e se ne andò nel deserto. Trascorsa una settimana, ritornò dal fratello e bussò alla porta. Questi, prima di aprirgli, gli chiese: «Chi sei?». Disse: «Sono io, Giovanni, tuo fratello!». Ma l’altro replicò: «Giovanni è divenuto un angelo, non è più tra gli uomini». Giovanni supplicava: «Sono io». Ma il fratello non gli aprì e lo lasciò tribolare fino al mattino. Infine lo fece entrare e gli disse: «Sei un uomo, devi ancora lavorare per vivere». Allora si prostrò e disse: «Perdonami» (204d-205a; PJ X, 27)

8. Il padre Giovanni Nano era seduto un giorno davanti alla chiesa. Si radunarono attorno a lui i fratelli e lo interrogavano sui loro pensieri. Vedendo questo, un anziano, tentato d’invidia, disse: «Giovanni, il tuo calice è colmo di veleno!». «È proprio così, padre – gli dice Giovanni –, e dici questo benché tu veda soltanto l’esterno. Se tu vedessi l’interno, cosa avresti da dire?» (PJ XVI, 3).

10. Una volta dei fratelli si recarono dal padre Giovanni Nano per metterlo alla prova, poiché non permetteva alla sua mente di vagare né parlava di alcuna cosa di questo mondo. Gli dicono: «Ringraziamo Dio, perché quest’anno è piovuto molto, le palme hanno bevuto e mettono rami e i fratelli trovano il loro lavoro». Il padre Giovanni dice loro: «Così lo Spirito Santo: quando scende nel cuore degli uomini, essi si rinnovano e mettono rami nel timore di Dio» (PJ XI, 13).

13. Il padre Poemen raccontava che il padre Giovanni Nano aveva pregato Dio e furono allontanate da lui le passioni e fu liberato da ogni sollecitudine. Si recò allora da un anziano e gli disse: «Mi trovo nella quiete, e non devo sostenere nessuna lotta». Gli disse il vecchio: «Va’ e prega Dio perché sopraggiunga su di te la lotta e tu ne tragga quella contrizione ed umiltà che avevi prima. È attraverso la lotta che l’anima progredisce». L’altro pregò Dio per questo e, quando giunse la lotta, non pregò più perché la allontanasse da lui. Chiedeva invece: «Dammi, Signore, pazienza nei combattimenti» (208bc; PJ VII, 8).

16. Parlando dell’anima che vuole convertirsi, l’anziano disse ancora al fratello: «Vi era in una città una bella meretrice, che aveva molti amanti. Un giorno si recò da lei un principe, e le disse: – Promettimi che sarai casta, e io ti prenderò per moglie! Glielo promise, ed egli la prese e la condusse in casa sua. Ma i suoi amanti la cercarono e dissero: – Quel principe l’ha presa con sé: perciò, se andiamo alla porta di casa sua e se ne accorge, ci castiga. Ma se andiamo dietro a casa e fischiamo, lei riconoscerà il fischio, scenderà da noi, e non sarà scoperta la nostra colpa. Ma essa, al suono del fischio, si chiuse le orecchie, andò nella parte più interna delle sue stanze, e chiuse le porte». Il padre Giovanni spiegò che la meretrice è l’anima, i suoi amanti sono le passioni e gli uomini; il principe è Cristo; i recessi della casa sono la dimora eterna; quelli che fischiano sono i demoni malvagi. Ma essa si rifugia sempre nel Signore (209bc).

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