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3 APRILE

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

03 Aprile secondo il vecchio calendario della Chiesa

  1. SAN NICETA IL CONFESSORE

Niceta nacque in Bitinia, nella città di Cesarea. Suo padre, Filaret, dopo la morte della coniuge, fu tonsurato monaco, mentre Niceta rimase con la nonna paterna. Dopo aver raggiunto la maturità e completato tutti gli studi, Niceta entrò nel monastero di Medikion, dove l’abate Niceforo lo tonsurò monaco. Dopo sette anni di privazioni e mortificazioni, il patriarca Tarasio lo ordinò sacerdote (ieromonaco). Dopo la morte dell’abate Niceforo e di Atanasio, il fedele compagno di Niceta, la fraternità monastica lo elesse abate, contro la sua volontà. San Niceta fu per molti anni un santo esempio e un modello di vita e di ascesi per i suoi confratelli. Quando Leone V, l’armeno, fu incoronato imperatore, dopo la pia Irene e gli imperatori credenti Niceforo e Michele, la lotta iconoclasta si accese nuovamente. L’imperatore depose il patriarca Niceforo e successivamente lo esiliò e, al suo posto, elevò l’eretico Teodoto Cassiteras, un uomo dalla vita impura. Anche Niceta fu imprigionato e torturato, ma rimase saldo nella sua ortodossia. Fu condotto di prigione e soffrì fame, sete, brividi, caldo opprimente e scherno. Non si permise di vacillare. Ciò che lo infastidiva particolarmente erano le risate e il disprezzo di un certo Nicola. Una notte, il padre defunto di Nicola gli apparve in sogno e rimproverò Nicola dicendo: “Allontanati da Niceta, il servo di Dio”. Da quel momento Nicola si pentì e non infastidì più il santo e allontanò anche gli altri dall’infastidirlo. Quando Leone V, l’Armeno, ebbe una morte malvagia, l’impero fu preso in mano dall’imperatore ortodosso Michele, il Balbuziente, che liberò tutti i sofferenti ortodossi. Niceta si ritirò allora in un luogo isolato vicino a Costantinopoli, dove, in preghiera e ringraziando Dio per tutti, trascorse i restanti giorni della sua vita terrena. Durante la sua vita operò molti miracoli attraverso la preghiera. Alla sua morte il corpo fu traslato nel suo monastero. Al momento della processione funebre, molti malati che si erano avvicinati e avevano toccato il suo corpo furono guariti. Le sue reliquie furono poste accanto alla tomba di Niceforo, suo padre spirituale, e di Atanasio, suo compagno. Questo grande gerarca morì nell’anno 824 d.C.

  1. SAN PAOLO, IL DOLENTE

Paolo era russo di nascita. In gioventù fu ridotto in schiavitù dai Turchi. Non volendo rinnegare la fede di Cristo e abbracciare l’Islam, fu torturato e ucciso di spada a Costantinopoli nell’anno 1683 d.C.

  1. IL SANTO MARTIRE ULFIANO

Ulpiano era un giovane della città di Tiro. Soffrì per Cristo per mano di Urbano, sindaco della città di Tiro, che era anche il torturatore di Anfiano [2 aprile]. Infine, fu legato in un sacco insieme a un cane e a un serpente e gettato in mare. Soffrì e fu glorificato nell’anno 306 d.C.

Inno di lode

SAN PAOLO APOSTOLO

SAN NICETA IL CONFESSORE

“Io porto le ferite di Cristo sul mio corpo”. (*)

“E solo nella croce del Signore mi vanto”. (**)

Così disse Paolo, l’apostolo eletto,

Dopo di lui segue una compagnia di coloro che si sono già pentiti,

una compagnia di pentiti, che hanno ricevuto le ferite

e in molte sofferenze hanno trascorso i giorni,

per amore del Cristo vivente, Salvatore e Signore,

come fece san Paolo, l’apostolo delle genti.

E Niceta, il meraviglioso, portò la pesante croce,

Soffrendo e disprezzando Cristo, sopportò.

Un corpo fragile, ma uno spirito d’acciaio

In Niceta il santo, martire coraggioso.

L’imperatore conquistò e gli imperi sopravvissero,

Per questo la terra e i cieli si stupiscono di lui.

Ora, tra gli angeli sposati nella gloria

Egli aiuta tutti coloro che, per la Croce, sono perseguitati.

Davanti a Dio sale la sua preghiera,

e sulla terra scende il suo aiuto.

(*) Galati 6:17

(**) Galati 6:14

Riflessione
“Io mi aspetto mille morti per me stesso”, scriveva Sant’Atanasio il Grande al suo gregge in Egitto al tempo della terribile eresia ariana. Ogni uomo religioso può dire questo di sé che, nello spirito, ha guardato e visto la rete in cui è contenuta ogni anima umana in questo mondo. Più un uomo è spirituale, più la rete diventa fitta. Questa è la volontà di Dio: che i più spirituali si salvino per la via più stretta. Anche il salmista Davide dice: “Molte sono le afflizioni del giusto” (Salmo 34,19). Tuttavia, alla fine, la vittoria e la gloria appartengono ai giusti. Basta armarsi di fede e di pazienza. Chi crede comprende anche la propria sofferenza. Chi si riveste di pazienza, vedrà la vittoria e la gloria. Per chi ama il Signore, anche il sentiero più stretto è sufficientemente largo, il dolore più grande un giogo facile e la morte più violenta un gioioso banchetto di nozze.

Contemplazione
Contemplare il Signore Gesù nell’Ade:

  1. Come è sceso nell’Ade con grande potenza, tanto da far tremare l’Ade;
  2. Come gli spiriti maligni, allora signori dell’Ade, fuggono davanti al suo volto;
  3. Come le anime dei giusti antenati e dei profeti si rallegrano oltremodo per la Sua venuta.

Omelia
Sul grande desiderio di Dio

“che vuole che tutti siano salvati” (1 Timoteo 2,4).

Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati, per questo è sceso nell’Ade per salvare coloro che vivevano sulla terra prima della sua venuta. Infatti, se non fosse sceso nell’Ade, un numero enorme di anime giuste sarebbe morto per sempre. E ancora, se non fosse sceso nell’Ade, principale habitat del male contro Dio e il genere umano, l’Ade sarebbe rimasto indistruttibile. Pertanto, le due ragioni che hanno spinto Cristo, il Datore di Vita, a scendere nell’Ade nello Spirito sono: Primo, distruggere il nido delle potenze dell’Ade e, secondo, portare dall’Ade al Cielo le anime degli antenati, dei profeti e degli uomini e donne giusti che hanno adempiuto all’Antica Dispensazione (l’Antica Legge di Dio) e, per questo, sono piaciuti a Dio. Prima che Satana fosse totalmente esultante nel vedere Cristo umiliato e senza vita sulla croce, Cristo apparve vivo e onnipotente in mezzo all’Ade, la dimora principale di Satana. Che notizia inaspettata e terribile per Satana! Per tre anni Satana ha ordito insidie contro Cristo sulla terra e in tre giorni, ecco, Cristo ha distrutto il regno di Satana e ha portato via il bottino più prezioso sotto forma di un nugolo di anime giuste.

O Signore, Tu vuoi che tutti gli uomini siano salvati. Ti preghiamo: salva anche noi. Perché non c’è salvezza né Salvatore al di fuori di Te. In Te speriamo, Te solo adoriamo, Tu, con il Padre e il Santo Spirito, ora e sempre. Amen.




2 APRILE

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

02 Aprile secondo il vecchio calendario della Chiesa

  1. IL VENERABILE TITO, L’OPERATORE DI MIRACOLI

Fin dalla giovinezza, Tito amò Cristo Signore e detestò le vanità del mondo. Per questo si ritirò dal mondo, entrò in un monastero e ricevette il Grande Abito Angelico [Il Grande Schema – Il Volto Angelico]. Non provando alcun rimorso, si dedicò al cupo e stretto sentiero del monachesimo. Attraverso una grande pazienza, raggiunse due virtù fondamentali: l’umiltà e l’obbedienza. In queste virtù superò “non solo i fratelli, ma anche tutti gli uomini”. Fin dalla giovinezza conservò la purezza dell’anima e del corpo. Al tempo dell’eresia iconoclasta si dimostrò un pilastro incrollabile della Chiesa di Dio. Per la sua grande umiltà e purezza, Dio gli concesse il dono di compiere miracoli, sia in vita che dopo la sua morte. Quando fu tradotto al Signore, lasciò un innumerevole numero di discepoli. Morì serenamente nel IX secolo.

  1. I SANTI MARTIRI ANFIANO ED EDESIO

Questi due giovani erano fratelli di sangue della città di Patara, di genitori illustri ma pagani. Mentre studiavano le scienze secolari nella città di Beirut, furono illuminati dallo Spirito di Dio e, riconoscendo la falsità del paganesimo, scoprirono la verità del cristianesimo. Tornati in patria, non potendo più vivere con i loro genitori e parenti pagani, si rifugiarono segretamente a Cesarea, in Palestina, presso il presbitero Panfilo, noto per la sua santità e la sua cultura spirituale. Con Panfilo studiarono la Legge di Dio giorno e notte e praticarono l’ascetismo cristiano. Di Panfilo si dice che aveva vent’anni secondo la carne, ma che, per comprensione e generosità, ne aveva cento. Quando iniziò una persecuzione durante il regno di Massimiano, molti cristiani fuggirono dalla città e si nascosero. Altri, volentieri e con gioia, si diedero nelle mani dei persecutori per soffrire per il Nome di Colui che per primo aveva sofferto per loro. Anfiano era tra questi ultimi. Senza paura, entrò in un tempio pagano dove il principe Urbano stava offrendo sacrifici agli idoli, afferrò il principe per la mano che reggeva il sacrificio e gli gridò di astenersi dal servire e fare offerte sacrificali agli idoli morti e di riconoscere il vero Dio. Alcuni dei pagani, udite queste parole e visto il grande coraggio di Anfiano, si pentirono e abbracciarono la fede di Cristo. Il principe infuriato sottopose Anfiano a tortura. Tra le altre torture, avvolsero le gambe di Anfiano con del cotone e gli diedero fuoco. Quando rimase vivo, gettarono il suo corpo in mare con una pietra al collo. Il mare si agitò e scagliò il suo corpo martirizzato verso la città. Invece, in un primo momento, Edesio fu mandato in una miniera di carbone in Palestina e poi fu portato in Egitto. Ad Alessandria, Edesio fu riempito di santo zelo contro un certo principe Gerocle che, nella piazza del mercato, radunava monache, fanciulle e donne virtuose cristiane e le consegnava ai più vergognosi pervertiti per deriderle. Edesio, pieno di santo zelo, colpì il vergognoso principe. Per questo fu torturato e annegato in mare, così come suo fratello Anfiano. Come due agnelli innocenti, furono sacrificati per Cristo intorno all’anno 306 d.C. e furono tradotti nelle gloriose dimore del Signore.

Inno di lode
SANTI ANFIANO ED EDESIO

Come sacrificio, due fratelli si sono offerti a Dio,
disprezzando il mondo in decomposizione, un cadavere morto,
Anfiano ed Edesio, fratelli di sangue,
nelle sofferenze, fratelli meravigliosi, graditi a Cristo.
Chi ha fede in Dio, non apprezza il mondo,
Per un’anima morta, il mondo può sostituire Dio.
Chi ha amore per Cristo, della morte non ha paura,
Tra gli immortali e anche prima della morte, è già annoverato.
Chiunque consideri la morte come una fine tetra, una fine ingloriosa,
deve considerarsi schiavo della disperazione.
La morte; i martiri la consideravano il velo del cielo,
Un esempio che hanno dato; che non è necessario temere la morte.
Non temere, o uomo, che non ci sia il cielo.
ma temere il terribile giudizio che il cielo prepara.
Per un peccatore sarebbe più facile se il cielo non esistesse,
Per questo il peccatore si interroga con rabbia:
Ma il cielo, dov’è?
O peccatore, il cielo non è lì, dove sei tu,
Insieme, tu e il cielo non sarete mai.

Riflessione
“È meglio essere un sempliciotto e avvicinarsi a Dio con amore che essere un saputello e, allo stesso tempo, essere un nemico di Dio”. Queste sono le parole del sacerdote-martire San Ireneo di Lione. La verità di queste parole è stata confermata in tutti i tempi ed è confermata anche nel nostro tempo. A questo va aggiunta una cosa: gli amanti di Dio non sono dei sempliciotti, perché conoscono Dio abbastanza bene da poterlo amare. Di tutte le conoscenze umane, questa conoscenza è più importante e più grande. A questo si deve aggiungere che i nemici di Dio non possono essere più sapienti, anche se si considerano tali, perché la loro conoscenza è inevitabilmente caotica, perché non ha una fonte e non ha un ordine. Perché la fonte e l’ordine di ogni conoscenza è Dio. Alcuni santi, come Paolo il Semplice, non sapevano né leggere né scrivere, eppure con la forza del loro spirito e del loro amore divino superavano il mondo intero. Chi si avvicina a Dio con amore, non è capace di commettere reati. La conoscenza senza amore verso Dio è motivata dallo spirito di criminalità e di guerra. Sant’Eutimio il Grande insegnava: “Abbiate amore, perché come il sale è per il cibo, l’amore è per ogni virtù”. Ogni virtù è insapore e fredda se non è condita e riscaldata dall’amore divino.

Contemplazione
Contemplare il Signore Gesù nell’Ade:

  1. Come il suo piano di salvezza sia onnicomprensivo, abbracciando tutte le generazioni e tutte le epoche, dall’inizio alla fine;
  2. Come sia venuto sulla terra in carne e ossa, non solo per coloro che vivevano allora sulla terra, ma anche per coloro che vivranno e per coloro che sono vissuti;
  3. Come Egli, mentre il Suo corpo senza vita giaceva nel sepolcro, discese nell’Ade con la Sua anima e annunciò la salvezza e la redenzione ai prigionieri.

Omelia
Sul Dio vivente e sui suoi figli viventi

“Dunque, sia che viviamo sia che moriamo, siamo del Signore” (Romani 14,8).

Di chi siamo mentre viviamo? Siamo del Signore. Di chi siamo dopo la morte? Siamo del Signore. Di chi sono i giusti? Sono del Signore. Di chi sono i peccatori? Sono del Signore. Il Signore abbraccia tutti, sia i vivi che i morti, quelli del passato, quelli del presente e quelli del futuro. Nessuno è così onnicomprensivo come il Signore Gesù. Chi, tra i cosiddetti filantropi dell’umanità, insegnanti, leader o illuminatori, ha mai tentato di fare del bene ai morti? Si può rispondere con decisione: mai e nessuno! Questo solo pensiero sarebbe ridicolo anche agli occhi del mondo: fare qualcosa di buono per i morti? Questo diverte tutti coloro che pensano che la morte sia più potente di Dio e che ciò che la morte inghiotte sia distrutto per sempre. Preoccuparsi dei morti, fare del bene ai morti ha cessato di essere divertente dopo la rivelazione del Signore Gesù, che ha rivelato di essere Dio, il Dio dei vivi; che ha rivelato nelle sue opere, scendendo nell’Ade per redimere e salvare le anime dei giusti dal tempo di Adamo fino alla sua morte sulla croce.

Onnipotente è il nostro Signore, Onnipotente che, con il Suo pensiero perspicace, riflette su tutti e vede tutti i nati di donna, quelli che sono sopra le tombe e quelli che sono nelle tombe. Lo stesso vale per il Suo amore, perché abbraccia tutte le anime dei giusti, indipendentemente dal tempo e dal luogo che le nascondono. Infine, anche con le sue fatiche, perché lavora per tutti loro, per redimerli, per salvarli, per condurli nel regno e per glorificarli davanti al suo Padre celeste, allo Spirito vivificante e alle miriadi di angeli santi.

A Te sia gloria e grazie sempre. Amen.




1 APRILE

Dal Prologo di Ohrid opera di Nikolaj Velimirovic

01 Aprile secondo il vecchio calendario della Chiesa

  1. SANTA MARIA EGIZIACA

La biografia di questa meravigliosa santa è stata scritta da San Sofronio, patriarca di Gerusalemme. Una volta, durante L’Onorato Digiuno (stagione quaresimale), un certo ieromonaco, l’anziano Zosima, si ritirò nel deserto oltre il Giordano, per un cammino di venti giorni. Improvvisamente scorse un essere umano dal corpo nudo e avvizzito, con i capelli bianchi come la neve, che iniziò a fuggire alla vista di Zosima. L’anziano corse a lungo, finché questa persona si accovacciò in un ruscello e gridò: “Abba Zosima perdonami per amore del Signore. Non posso affrontarti perché sono una donna nuda”. Zosima allora le gettò la sua veste esterna che lei avvolse su se stessa e poi si mostrò a lui. L’anziano si spaventò sentendo pronunciare il suo nome dalla bocca di questa donna che non conosceva. In seguito alle sue prolungate insistenze, la donna raccontò la sua vita. Era nata in Egitto e all’età di dodici anni aveva iniziato a vivere una vita dissoluta ad Alessandria d’Egitto, dove aveva trascorso diciassette anni in questo stile di vita perverso. Spinta dalla fiamma adultera della carne, un giorno si imbarcò su una nave diretta a Gerusalemme. Arrivata nella Città Santa, voleva entrare in Chiesa per venerare l’Onorevole Croce, ma una forza invisibile la trattenne e le impedì di entrare in Chiesa. Con grande timore, fissò l’icona della Tuttasanta Madre di Dio nel vestibolo e pregò che le fosse permesso di entrare in chiesa per venerare la Croce Onorata, confessando al contempo la sua peccaminosità e impurità e promettendo che sarebbe andata ovunque la Tuttasanta l’avrebbe indirizzata. Le fu quindi permesso di entrare in Chiesa. Dopo aver venerato la Croce, entrò nuovamente nel vestibolo e, davanti all’icona, rese grazie alla Madre di Dio. In quel momento sentì una voce che le disse: “Se attraverserai il Giordano troverai la vera pace!”. Immediatamente acquistò tre pani e si mise in cammino verso il Giordano, dove arrivò la sera stessa. Il giorno dopo ricevette la Santa Comunione nel Monastero di San Giovanni e attraversò il fiume Giordano. Rimase nel deserto per quarantotto anni con grande tormento, paura e lotta con pensieri appassionati come con le bestie selvatiche. Si nutriva di vegetazione. In seguito, quando si mise a pregare, Zosima la vide levitare nell’aria. Lo pregò di portarle la Santa Comunione l’anno successivo sulla riva del Giordano, dove lei sarebbe venuta a riceverla. L’anno successivo, Zosima arrivò sulla riva del Giordano di sera con la Santa Comunione. Si chiese come questa santa avrebbe attraversato il Giordano. In quel momento, alla luce della luna, la vide mentre si avvicinava al fiume, si faceva il segno della croce e camminava sull’acqua come se fosse sulla terraferma. Dopo che Zosima le ebbe amministrato la Santa Comunione, lei lo pregò di tornare l’anno successivo allo stesso ruscello dove si erano incontrati per la prima volta. Zosima arrivò e scoprì il suo corpo senza vita in quel punto. Sopra la sua testa, nella sabbia, c’era scritto: “Abba Zosima, seppellisci il corpo dell’umile Maria in questo luogo; rendi polvere alla polvere”. Sono morta il 1° aprile, la stessa notte della sofferenza salvifica di Cristo, dopo aver ricevuto la Comunione dei Misteri Divini”. Da questa iscrizione Zosima apprese per la prima volta il suo nome e l’altro impressionante miracolo fu che lei, in quella stessa notte dell’anno precedente, quando ricevette la Santa Comunione, arrivò a questo ruscello che gli richiese venti giorni di viaggio. Così, Zosima seppellì il corpo di questa meravigliosa santa, Maria l’Egiziana. Quando tornò al monastero, Zosima raccontò tutta la storia della sua vita e i miracoli di cui era stato personalmente testimone. Così il Signore sa come glorificare i peccatori penitenti. Santa Maria viene commemorata anche nella quinta domenica del digiuno (quinta domenica di Quaresima). La Chiesa la tiene come esempio per i fedeli durante questi giorni di digiuno, come stimolo al pentimento. Morì intorno all’anno 530 d.C.

BIOS SANTA MARIA EGIZIACA, Teandrico

  1. SAN MELITONE, VESCOVO DI SARDI IN ASIA MINORE

Melitone fu un celebre pastore della Chiesa del II secolo. Governando con grande abilità, si sforzò di raccogliere tutti i libri della Sacra Scrittura in un unico Codice. Con la sua mitezza e pietà, Melitone si adoperò nuovamente per riportare la pace nella Chiesa di Laodicea, persa per la controversia sulla celebrazione della Pasqua (Festa della Risurrezione). Inoltre, difese il cristianesimo contro i pagani. Si recò a Roma intorno al 170 d.C. e presentò all’imperatore Marco Aurelio un’Apologia (difesa) della fede e della Chiesa cristiana. San Melitone, quest’uomo colto, pio e zelante, morì serenamente nel Signore nell’anno 177 d.C.

  1. VENERABILE PROCOPIO, IL CECO

Procopio nacque a Hotish, nell’odierna Repubblica Ceca. Fu ordinato sacerdote e si ritirò su una montagna per vivere secondo il modello degli eremiti orientali. Il duca (Herceg) Ulrich si imbatté casualmente in Procopio e lo aiutò a fondare il monastero di San Giovanni il Precursore presso il fiume Sazava. Questo sant’uomo morì nell’anno 1053 d.C.

Inno di lode
SANTA MARIA L’EGIZIANA

Penitente meravigliosa, tormentatrice di se stessa,
Maria si è nascosta dal volto degli uomini.
Oh sì, me peccatore,
dalla passione, oscurato.
Le passioni sono bestie che divorano il nostro cuore,
in noi come serpenti, segretamente fanno il nido.
Oh sì, me peccatore,
dalla passione consumato!
Per salvare i peccatori hai sofferto, o Cristo,
Ora, non disprezzare me impuro!
Ascolta il grido di Maria,
di tutti, la più peccatrice!
Il Signore ha avuto compassione, ha guarito Maria,
La sua anima oscurata, Egli ha imbiancato come neve.
Grazie a Te, o Tutto-Buono,
Oh Signore, carissimo!
Un vaso impuro Tu hai purificato,
con l’oro l’hai indorato,
l’hai riempito fino a traboccare della Tua grazia.
Questa è la vera misericordia,
A te, o Dio, sia gloria!
E Maria divenne raggiante di Spirito
Come un angelo di Dio, con la sua forza,
Per la tua potenza, o Cristo
Misericordia, purissima!
Cosa c’è di così profumato nella natura selvaggia,
come un buon incenso in uno scrigno del tempio?
Quello che Maria respira.
Con la santità che emana!

Riflessione
Perché si parla e si scrive molto delle sofferenze di uomini e donne santi? Perché solo i santi sono considerati vincitori. Si può essere vincitori senza conflitto, dolore e sofferenza? Nel normale combattimento terreno, nessuno può essere considerato vittorioso o eroico se non ha combattuto, non si è torturato o sofferto molto. Tanto più nel combattimento spirituale, dove la verità è nota e dove la vanagloria non solo non aiuta, ma anzi la ostacola. Chi non combatte per amore di Cristo, né con il mondo, né con il diavolo, né con se stesso, come può essere annoverato tra i soldati di Cristo? E come può esserlo con i co-vittoriosi di Cristo? Santa Maria parlò del suo selvaggio combattimento spirituale all’anziano Zosima: “Per i primi diciassette anni in questo deserto ho lottato con i miei desideri sessuali squilibrati come con bestie feroci. Desideravo mangiare carne e pesce, che avevo in abbondanza in Egitto. Desideravo anche bere vino e qui non avevo nemmeno acqua da bere. Desideravo ascoltare canti lussuriosi. Piangevo e mi battevo il petto. Pregai la Madre di Dio tutta pura di scacciare da me questi pensieri. Quando ebbi pianto e battuto il petto a sufficienza, vidi una luce che mi avvolgeva da tutte le parti e una certa pace miracolosa mi riempì”.

Contemplazione
Contemplare il Signore Gesù nella morte:

  1. Come giaceva nella tomba il corpo senza vita di Colui che, vivendo, ha dato la vita ai morti;
  2. Come anche nella morte l’odio dei suoi nemici si scatenò contro di Lui;
  3. Come i suoi discepoli si rinchiusero in una casa “per paura dei Giudei” (S. Giovanni 20:19).

Omelia
Sull’adempimento della grande profezia

“Come un agnello condotto al macello” (Isaia 53,7).

Nel corso dei secoli il perspicace profeta Isaia ha previsto l’impressionante sacrificio sul Golgota. Da lontano vide il Signore Gesù Cristo condotto al macello come un agnello è condotto al macello. Un agnello si lascia condurre al macello come si conduce al pascolo: indifeso, senza paura e senza malizia. Così Nostro Signore Cristo è stato condotto al macello senza difese, senza paura e senza malizia. Né Egli dice: “Uomini, non fate questo!”. Né domanda: “Perché mi fate questo?”. Non condanna nessuno. Né protesta. Né si arrabbia. Né pensa male dei suoi giudici. Quando il sangue si è versato su di Lui dalla corona di spine, è rimasto in silenzio. Quando il suo volto fu sporcato dagli sputi, tacque. Quando la sua croce divenne pesante lungo il cammino, Egli sopportò. Quando il suo dolore divenne insopportabile sulla croce, non si lamentò con gli uomini, ma con il Padre. Quando ha esalato l’ultimo respiro, ha rivolto il suo sguardo e il suo sospiro verso il cielo e non verso la terra. Perché la fonte della sua forza è il cielo e non la terra. La fonte della sua consolazione è in Dio e non negli uomini. La sua vera patria è il Regno celeste e non quello terreno.

“Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” (San Giovanni 1,29). Questo fu il primo grido di San Giovanni Battista quando vide il Signore. Ed ecco, ora sul Golgota quella profezia si è compiuta. Ecco, sotto il peso dei peccati del mondo intero, l’Agnello di Dio giaceva sgozzato e senza vita.

O fratelli, questo è un sacrificio costoso anche per i nostri peccati. Il sangue di questo Agnello mite e senza peccato era destinato a tutti i tempi e a tutte le generazioni, dalla prima all’ultima persona sulla terra. Anche Cristo ha provato i dolori sulla croce per i nostri peccati, anche quelli di oggi. Ha pianto anche nell’orto del Getsemani per la nostra malvagità, la nostra debolezza e il nostro peccato. Ha anche destinato il suo sangue per noi. Fratelli, non disprezziamo questo prezzo indescrivibile con cui siamo stati riscattati. Grazie a questi sacrifici di Cristo, infatti, abbiamo un certo valore come persone. Senza questi sacrifici, o se li rinneghiamo, il nostro valore, da solo, non vale nulla. È pari a un fumo senza fiamma o a una nuvola senza luce.

O Signore, ineguagliabile nella misericordia, abbi pietà anche di noi!