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San Leone Magno: OMELIA XCVI – L’eresia eutichiana.

OMELIA XCVI

L’eresia eutichiana.

1. Come è compito dei medici veramente valenti prevenire, o miei cari, con rimedi opportuni le alterazioni proprie dell’infermità umana, ed indicare il modo con cui evitare quanto è dannoso alla salute, così rientra nei doveri pastorali impedire che la perversità delle eresie nuoccia al gregge del Signore, e dimostrare altresì come ci si debba guardare dalla malvagità dei lupi e dei ladroni. Di fatto mai l’empietà degli eretici è riuscita a nascondersi: i nostri santi Padri l’hanno sempre scoperta e giustamente condannata.

Così non è sfuggito al nostro zelo, che dedichiamo alla vostra carità, il fatto che certi Egiziani, per lo più mercanti venuti a Roma, vanno sostenendo delle idee già empiamente diffuse dagli eretici ad Alessandria. Essi dicono che in Cristo c’era soltanto la natura divina, mentre l’umana carne, presa dalla beata Vergine Maria, non avrebbe avuto alcuna reale consistenza: dottrina questa veramente empia, perché presenta Cristo come falso uomo e, in quanto Dio, lo fa passibile1. Riguardo poi allo spirito e alle finalità, che animano la loro audacia, non ci possono esser dubbi per noi: dopo essersi personalmente allontanati dalla verità evangelica, per seguire le menzogne del demonio, essi intendono attirare anche gli altri e farli compagni della loro perdizione.

È per questo che noi con sollecitudine insieme paterna e fraterna vi avvertiamo di non seguire, escludiamo qualsiasi forma di adesione, questi avversari della fede cattolica, nemici della Chiesa, negatori dell’incarnazione del Signore, oppositori del Simbolo stabilito dai santi Apostoli, perché appunto dice l’Apostolo: «Allontana da te, dopo un primo e un secondo ammonimento, l’uomo che provoca scissioni, ben sapendo che chi è tale è un perverso e un peccatore che si condanna da sé stesso». (Tito, 3,10-11)

2. Effettivamente si rovina per la sua stessa ostinazione e si stacca con un atto pazzesco da Cristo, chi aderisce a quella dottrina empia, dalla quale pur sa che in passato molti altri sono stati rovinati, e ritiene cosa perfettamente ortodossa quel che pur gli risulta essere stato formalmente condannato dai santi Padri sia nelle perfide teorie di Fotino, sia nelle folli asserzioni di Mani, sia nei dogmi insensati di Apollinare2: coloro cioè che negano il mistero dell’incarnazione del Signore, non fanno che accettare con grave danno della loro anima un errore sacrilego, come se fosse qualcosa di nuovo e non ancora condannato. Ma che altro ci insegna la lettura di tutto il Vangelo, se non che proprio per questo mistero della divina misericordia è avvenuta, in quelli che credono, la salvezza del genere umano? Il Figlio unigenito di Dio — essa ci insegna — eguale in tutto al Padre, ha assunto la nostra natura, e rimanendo quel che era, si è degnato di essere quel che non era, cioè vero uomo pur essendo vero Dio; egli ha unito a se stesso, senza contrarre macchia alcuna di peccato, la nostra natura nella sua integrità e perfezione, e quindi con un vero corpo ed una vera anima; concepito per opera dello Spirito Santo nel seno della santa Vergine, sua madre, non ha rifiutato di venir alla luce attraverso il suo parto e di passare per i primi gradi propri dell’infanzia. Così il Verbo di Dio Padre proclamava con la potenza della sua divinità ed insieme con la debolezza della sua carne che c’era realmente in lui la natura umana: con il suo corpo era in grado di porre azioni corporee, con la sua divinità era in grado di operare prodigi spirituali.

Difatti è proprio dell’uomo aver fame, aver sete e dormire; è proprio dell’uomo temere, piangere, rattristarsi; è proprio dell’uomo infine esser crocifisso, morire ed esser seppellito. Ma è proprio di Dio camminare sopra le onde, cambiare l’acqua in vino, risuscitare i morti, far tremare il mondo al momento della propria morte ed elevarsi al di sopra di tutti i cieli con la propria carne, ritornata alla vita. Quelli dunque che credono a tutto questo, non possono aver dubbi su ciò che rispettivamente va ascritto all’umanità o attribuito alla divinità, in quanto nell’uno e l’altro principio uno solo è il Cristo, che come non ha perduto la sua potenza divina, così nascendo ha assunto la vera realtà di un uomo perfetto.

3. Queste persone di cui stiamo parlando, o miei cari, dovete dunque — come si evita un veleno mortale — evitarle, detestarle, sfuggirle, astenendovi anche, se dopo le vostre riprensioni rifiutano di correggersi, dal parlare con loro, perché sta scritto: «La loro parola rode come la cancrena» (2 Tim., 2, 17). Non si può infatti accordare rapporto alcuno di comunione a coloro, che una giusta sentenza ha messo fuori dall’unità della Chiesa: essi non per nostro odio, ma per i loro crimini l’hanno perduta!

Quanto a voi, che siete prediletti da Dio ed oggetto di un riconoscimento apostolico che vale una testimonianza, voi a cui l’apostolo san Paolo, il dottore delle genti, dice: «Perché la vostra fede è proclamata in tutto quanto il mondo» (Rom 1,8), dovete sempre mantenere inalterato quel giudizio, che sapete aver avuto di voi un predicatore tanto autorevole. Nessuno di voi diventi indegno di questa lode, sicché, come in tanti secoli grazie all’ispirazione superiore dello Spirito Santo nessuna eresia vi ha mai contaminato, neppure il contagio dell’empietà di Eutiche possa ora macchiarvi.

Nutriamo fiducia che la protezione di Dio custodirà il vostro cuore e la vostra fede: come finora gli avete fedelmente obbedito, così, perseverando nell’osservanza della fede cattolica, per sempre gli piacerete, per il Cristo nostro Signore.

Amen.

1. L’eresia, a cui si allude, è il monofisismo, che affermava l’esistenza di una sola natura nel Cristo. È dunque la dottrina stessa di Eutiche, di cui tratta l’Omilia.

2. L’idea generale di questo passo è che nel monofisismo di Eutiche riappaiono in parte gli elementi di eresie precedenti, in particolare la perfidia di Fotino, la dementia di Mani, la insania di Apollinare.




San Leone Magno: Quarto discorso tenuto nel Natale del Signore

QUARTO DISCORSO TENUTO NEL NATALE DEL SIGNORE

1. – Dilettissimi, in diversi modi e in molte misure la divina bontà ha sempre provveduto al genere umano e ha generosamente elargito in tutti i secoli precedenti i doni della sua provvidenza. Però in questi ultimi tempi ha superato la larghezza della consueta benignità, quando in Cristo è discesa ai peccatori la misericordia, ai traviati la verità, ai morti la vita. Infatti il Verbo, coeterno e uguale al Padre nell’unità della divinità, assunse la nostra umile natura; e così egli che è Dio, nato da Dio, in quanto uomo prese origine dall’uomo. Il fatto era già stato promesso nella creazione del mondo e anche preannunciato in molte figure e oracoli. Però quelle figure e quei misteri, nascosti nella penombra, avrebbero salvato una piccola porzione dell’umanità, se Cristo non avesse adempiuto le occulte e ripetute promesse! Ora invece, quando l’opera redentiva è stata adempiuta, giova a innumerevoli fedeli, mentre a pochi credenti giovò quando ancora doveva compiersi.

Noi siamo portati alla fede non più con segni e immagini, ma, confermati dal racconto evangelico, adoriamo quel che crediamo adempiuto. In proposito si aggiungono a nostro ammaestramento le testimonianze dei profeti, affinché sia esclusa la possibilità di ritenere dubbio ciò di cui conosciamo attraverso la predizione in tante profezie.

Dunque è vero quel che il Signore ha detto ad Abramo: “Tutte le genti della terra saranno benedette nella tua discendenza”. E David con spirito profetico canta la promessa di Dio: “Il Signore giurò a David la promessa da cui non si ritrae: un rampollo della tua stirpe io porrò sul trono”. E il Signore dice per bocca di Isaia: “Ecco la Vergine che concepisce e dà alla luce un figlio e gli darà il nome di Emmanuele, che significa: Dio con noi”; e ancora: “Un virgulto sorgerà dal tronco di Jesse e un pollone verrà su dalle sue radici”.

In questo virgulto certamente è stata preannunciata la santa vergine Maria, che, discendente della stirpe di David e di Jesse, è stata fecondata dallo Spirito Santo e ha partorito il fiore novello dell’umana carne nell’esercizio di una reale funzione di madre, benché il parto sia stato verginale.

2. – Dunque, i giusti esultino nel Signore, i cuori dei fedeli prorompano nella lode a Dio e i figli degli uomini esaltino i suoi prodigi. Soprattutto da questa opera di Dio la nostra pochezza conosce quanto sia stimata dal suo Creatore.

Egli già ha donato molto all’umanità fin dall’origine, perché ci ha fatti a sua immagine, ma molto più generoso si è mostrato nella nostra restaurazione, quando egli stesso, il Signore, si è adeguato alla condizione di servo. Proviene certamente dalla stessa identica misericordia tutto quanto il Creatore ha elargito alla creatura: però è meno meraviglioso che l’uomo sia elevato a qualità divine del fatto che Dio si abbassi alla condizione umana. Se Dio, onnipotente, non si fosse degnato di tanto, nessun modello di santità, nessuna ricchezza di sapienza ci avrebbe potuto liberare dalla schiavitù del diavolo e dall’abisso della morte eterna. La condanna, che si propaga con il peccato da uno agli altri uomini, sarebbe rimasta; e la natura colpita da mortale ferita, non avrebbe trovato nessun rimedio, perché non avrebbe potuto mutare con le proprie forze la sua condizione.

Ora, il primo uomo prese la sostanza carnale dalla terra e fu animato da spirito razionale per insufflazione del Creatore, perché vivendo a immagine e somiglianza del suo autore, conservasse la bellezza della bontà e santità di Dio nella irradiante imitazione (del suo essere), come in un nitido specchio.

Se egli avesse con l’osservanza della legge costantemente perfezionato tale luminosissima dignità della propria natura, la stessa anima incontaminata avrebbe condotto la condizione terrestre del corpo alla gloria celeste. Ma perché credette temerariamente e infelicemente a colui che per invidia tendeva inganni, e accondiscese ai suggerimenti di superbia e preferì usurpare con l’occupazione, anziché meritare l’aumento di dignità, tenuto in serbo per lui, non soltanto il primo uomo ma tutta la sua posterità dovette ascoltare: “Tu sei polvere e in polvere ritornerai”. Dunque “qual è l’Adamo terrestre, tali sono anche i corpi terrestri”: nessuno di essi fu immortale, perché nessuno è diventato celeste.

3. – L’onnipotente Figlio di Dio che tutto riempie e tutto contiene, totalmente uguale al Padre, coeterno nell’unica e medesima essenza ricevuta da lui e regna con lui coeterno, ha assunto la natura umana. Così il Creatore e il Signore di tutto si è degnato essere uno dei mortali per spezzare le catene del peccato e della morte. A tal fine si scelse una madre, che egli stesso aveva fatto, la quale, conservando intatta l’integrità verginale, non dovesse fare altro che apprestare la sostanza corporea, in maniera che, rimanendo illesa dal contagio del seme umano fecondante, purezza e verità risiedessero nel nuovo uomo.

Dunque in Cristo, generato dal seno della Vergine, la natura nostra, per il fatto che mirabile è stata la sua nascita, non è indifferente. Egli è vero Dio e anche vero uomo; e in ambedue le nature non accoglie nulla di fittizio. “Il Verbo si è fatto carne” per elevazione della carne, non per difetto della divinità, la quale in tal modo ha diretto la sua potenza e bontà elevando ciò che è nostro con l’assumerlo e non ha perduto ciò che è suo nel comunicarlo. Secondo la profezia di David, in questa natività di Cristo “la fedeltà è fiorita dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo”. In questa nascita si è adempiuto anche il cantico di Isaia: “Si apra la terra e produca la salvezza e faccia spuntare la giustizia”.

Difatti, la terra della umana carne, maledetta già in chi per primo peccò, in questo solo parto della santa Vergine germogliò un rampollo benedetto, estraneo alla corruzione della propria stirpe.

Ognuno si appropria la spirituale origine di Cristo nella rigenerazione; l’acqua del battesimo è per ogni uomo che viene rigenerato quasi un seno verginale, perché lo stesso Spirito Santo, che adombrò la Vergine, riempie la fonte. Il peccato che lì fu tolto dal santo concepimento, qui è cancellato dalla mistica lavanda.

4. – Dilettissimi, da questo mistero è molto lontano lo stravagante errore dei manichei, che non hanno alcuna parte alla rigenerazione di Cristo, perché negano che egli sia nato da Maria Vergine con nascita corporea. Essi non ritengono vera la sua natività e neppure ammettono la realtà della sua passione: così, non confessandolo veramente sepolto, negano che egli sia realmente risuscitato. Incamminatisi per la via scoscesa di una dottrina esecrabile, ove non sono che tenebre e precipizi, andando di gorgo in gorgo, scivolano nell’abisso della morte. Non possono trovare luogo saldo a cui aggrapparsi, costoro che, oltre alle malvagità, degne solo dell’approvazione diabolica, nel giorno più solenne della loro religione si rallegrano – l’abbiamo saputo dalla loro ultima confessione – della sporcizia dell’animo e del corpo, incuranti della integrità della fede e del pudore. In questo modo si riconoscono empi nella dottrina e osceni nei riti.

5. – Le altre eresie, dilettissimi, pur tutte meritevoli di condanna nelle loro differenze, hanno però qualche parte di vero. Ario, asserendo che il Figlio di Dio è inferiore al Padre e creatura, e credendo che lo Spirito Santo sia stato creato dal Figlio insieme alle altre creature, per la sua empietà andò in perdizione. Tuttavia, egli che non scorse l’eterna e immutabile divinità se non riducendo la Trinità all’unità della natura del Padre, non negò Dio. Macedonio, estraneo pure lui alla luce della verità, non ammise la divinità dello Spirito Santo; però confessò una e identica potenza nel Padre e nel Figlio. Sabellio, impigliato in un groviglio di errori, giudicò che l’unità di sostanza fosse senza alcuna distinzione nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo; perciò quello che doveva attribuire all’uguaglianza di natura, l’attribuì alla unicità di persona. Incapace di comprendere la vera Trinità, credette che sotto triplice nome fosse una e identica la persona. Fotino, ingannato dalla cecità della mente, confessò che Cristo era vero uomo della nostra stessa natura; però non credette che egli fosse Dio, nato da Dio prima dei secoli. Apollinare, privo di solida fede, in tal modo credette che il Figlio di Dio avesse assunto la vera natura della carne umana, ma asseriva che in quel corpo non vi era l’anima, perché era sostituita dalla divinità. Se continuiamo a elencare tutti gli errori che la fede cattolica ha condannati, in ciascuno si trova or questa or quella verità che può essere separata dalle tesi condannate. Invece nella dottrina scellerata dei manichei nulla si trova che possa essere giudicato accettabile.

6. – Ma voi, dilettissimi, ai quali nessun titolo posso rivolgere con più proprietà se non usando le parole di san Pietro apostolo “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione sacra, popolo tratto in salvo”, edificati sopra Cristo che è pietra incrollabile, innestati nel Signore, nostro Salvatore, attraverso la reale assunzione della nostra carne: perseverate saldi nella fede, che avete professato davanti a molti testimoni, nella quale, rinati mediante l’acqua e lo Spirito Santo, avete ricevuto il crisma della salvezza e il segno della vita eterna.

Se ora alcuno ci predicasse una verità diversa da quella che avete appreso, sia scomunicato. Non vogliate anteporre alla luminosa verità favole sacrileghe; e giudicate senza esitazione, diabolico e causa di morte, quanto leggete o ascoltate di contrario al simbolo cattolico e apostolico. Non vi traggano in inganno i simulati digiuni, che non giovano a purificare le anime ma a perderle. Coloro che li praticano assumono atteggiamenti di pietà e di castità per circondare con questo ingannevole velo le oscenità delle loro azioni, mentre dall’intimo di un cuore perverso scagliano strali per colpire i semplici, come dice il profeta: “per trafiggere al buio gli uomini retti”.

Grande protezione è la fede integra, la fede vera, in cui nulla può essere aggiunto e nulla tolto: se, infatti, non è una, non è fede. L’Apostolo in proposito dice: “Non c’è che un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Non esiste che un solo Dio e Padre di tutti, il quale è al di sopra di tutti, opera in tutti ed è in tutti”.

Attaccatevi a questa unità, dilettissimi, con incrollabile animo; e in essa “cercate la santità”. In essa soltanto è possibile obbedire ai comandi del Signore, perché “senza la fede è impossibile piacere a Dio”; senza di essa nulla è casto, nulla è santo, nulla è vivo; “il giusto, infatti, vive di fede”. Chi ha perduto la fede per inganno del diavolo, pur vivente, è già morto, perché, come per la fede si ha la santità, così per la fede vera si acquista la vita eterna. Dice infatti il Signore, nostro Salvatore: “La vita eterna è questa, che conoscano te, solo vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo”. Egli vi faccia progredire e perseverare fino alla meta, il quale vive e regna col Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli.

Amen.




San Leone Magno: Terzo discorso tenuto nel Natale del Signore

Raffaello Sanzio (1483-1520) – Incontro di Leone Magno con Attila (1513-14) – Stanza di Eliodoro – Stanze di Raffaello – Musei Vaticani

TERZO DISCORSO TENUTO NEL NATALE DEL SIGNORE

1. – Dilettissimi, sono a voi certamente note le verità riguardanti il mistero della presente solennità per averle frequentemente ascoltate. Però, come la luce visibile provoca piacere agli occhi sani, così ai cuori integri dona gaudio eterno la nascita del Salvatore, della quale non dobbiamo tacere benché non sia possibile farne una degna illustrazione. Infatti, siamo persuasi che il passo biblico: “Chi potrà narrare la sua generazione?” si riferisce non soltanto al mistero secondo cui il Figlio di Dio è coeterno al Padre, ma anche a questa nascita con la quale il “Verbo si è fatto carne”. Perciò il Figlio di Dio, in quanto Dio, ha dal Padre e con il Padre uguale e identica natura; è Creatore e Signore dell’universo; in ogni luogo è tutto presente e tuttavia supera ogni cosa. Egli nel corso dei tempi, che per sua disposizione trascorrono, ha eletto questo giorno per nascere dalla beata vergine Maria lasciandola incontaminata e così portare la salvezza al mondo. La verginità di Maria non fu violata nel parto, come non era stata offesa nel concepimento. “E tutto questo avvenne affinché si adempisse quello che era stato annunciato dal Signore per mezzo del profeta che disse: ‘Ecco la Vergine concepirà e darà alla luce un figlio e lo chiameranno con il nome di Emmanuele che vuol dire Dio con noi’”.

La santa Vergine con tale straordinario parto diede alla luce una persona che aveva veramente la natura umana e la natura divina. Ambedue le sostanze ritennero ciascuna le sue proprietà, ma non in modo che vi sia in esse distinzione di persone; d’altra parte la creatura è stata assunta nell’unità del suo Creatore, non nel senso che costui sia l’ospite e l’altra l’abitazione, ma in modo che una natura sia strettamente unita con l’altra. E benché quella assunta resti distinta da quella che assume, tuttavia ambedue convergono in un’unità perfetta, tanto che uno e identico è il Figlio, che in quanto vero uomo si professa inferiore al Padre e in quanto vero Dio si rivela uguale al Padre.

2. – La cecità della eresia ariana, dilettissimi, non poté scorgere questa unità, per la quale il Creatore si congiunge alla sua creatura. Per questo, non credendo che l’Unigenito di Dio è della stessa gloria e della stessa sostanza del Padre, asserì che la divinità del Figlio fosse inferiore. Le prove, poi, di questa asserzione le trasse dagli aspetti della sua condizione di schiavo.

Invece l’unico Figlio di Dio per mostrare che in lui la natura umana non costituisce una persona distinta, né appartiene ad un’altra persona, essendo in perfetta unione con essa, afferma: “Il Padre è più grande di me”; come pure, ad essa unito, dice: “Io e il Padre siamo una cosa sola”.

Egli, secondo la natura di servo, assunta nell’ultima serie dei secoli per la nostra restaurazione, è inferiore al Padre; invece secondo la natura di Dio, in cui era ab aeterno, è uguale al Padre. Nella bassezza umana è stato fatto da una donna ed è nato sotto la legge; nella divina maestà rimase come Verbo di Dio “per il quale furono fatte tutte le cose”. Perciò colui che nella natura di Dio ha creato l’uomo, abbassandosi alla natura di servo, si è fatto uomo: ma dell’una e dell’altra natura si dice che è Dio per la potenza della persona assumente e allo stesso modo si afferma che è uomo per la bassezza della natura assunta. Ambedue le nature conservano, ciascuna, senza diminuzione, le proprietà. Come la natura di Dio non cambia la natura di servo, così neppure questa diminuisce la natura divina. Dunque il mistero del Verbo onnipotente in quanto è unito alla natura debole, permette di dire, a causa della natura che è propria dell’uomo, che il Figlio è inferiore al Padre. Ma la divinità che è una nella Trinità ed è propria del Padre, del Figlio e dello Spirito santo, esclude qualunque congettura di ineguaglianza. Così l’eternità non ha niente di temporaneo; la natura nulla ha di disuguale. Così una è la volontà, uguale la potestà. Dunque, non sono tre dei, ma è un Dio solo; è, quindi, c’è un’unità reale che non soffre separazione, perché non vi può essere differenza di sorta.

Dunque il vero Dio è nato nella natura integra e perfetta del vero uomo: tutto nella sua natura, tutto nella nostra: diciamo nostra la natura creata da Dio all’inizio e che egli ha assunto per restaurarla. Perché ciò che il menzognero v’introdusse e che l’uomo, ingannato, accolse, non ebbe nel Salvatore alcuna traccia. Egli si è, bensì, sottomesso e ha preso parte alle umane debolezze, ma non per questo è stato partecipe dei nostri delitti. Assunse la natura di servo senza la macchia del peccato: sublimò la natura umana e non abbassò quella divina. Lo svuotamento con cui egli, l’invisibile, si rese visibile, fu un atto di misericordiosa condiscendenza, non un esaurimento della sua potestà.

3. – È disceso a noi per chiamarci dalle catene della colpa originale e dagli errori mondani all’eterna beatitudine. Era impossibile per noi ascendere fino a lui, perché, nonostante che molti uomini ricercassero la verità con amore, eravamo ingannati dall’astuzia dei demoni con diverse e incerte congetture. L’umana ignoranza era tratta in differenti e opposte sentenze da una scienza falsa.

Per togliere questo scherno, per il quale le menti erano schiave del diavolo che le insolentiva, non bastava la dottrina della legge; come pure i soli oracoli dei profeti non potevano restaurare la nostra natura. Alle istituzioni morali era necessario aggiungere la verità della redenzione: bisognava che l’origine umana, corrotta fin dall’inizio, esordisse nuovamente nella rigenerazione. Per la riconciliazione doveva essere offerta un’ostia che avesse la nostra natura e fosse estranea alla propagazione del peccato. Tutto questo, poi, doveva avvenire in modo che la volontà di Dio, il quale si è compiaciuto di distruggere il peccato del mondo nella nascita e nella passione di Gesù Cristo, fosse riferita alle generazioni di tutti i secoli; e doveva accadere, inoltre, in modo che i misteri, anziché procurarci turbamento per il loro variare secondo i tempi, ci dessero maggior convinzione per il fatto che la fede, di cui viviamo, non fu diversa in nessuna età.

4. – Dunque, cessino dalle accuse quei mormoratori sacrileghi che parlano contro la divina economia e si lamentano per un preteso ritardo della nascita del Signore. Costoro pensano che non sia stata disposta anche per i tempi precedenti l’opera che è stata compiuta nell’ultima età del mondo. Tutto al contrario, l’incarnazione del Verbo, quando ancora doveva avvenire, produsse la stessa salvezza che elargisce ora quando si è già realizzata. Perciò il mistero della salvezza umana non è mancato in nessuna epoca.

Gli apostoli hanno predicato quello che i profeti hanno profetato: non è stato compiuto troppo tardi quello che sempre è stato creduto. Ma la sapienza e la benignità divina, procrastinando l’opera della salvezza, ci ha resi più capaci della sua vocazione. Lo scopo di questo indugio era di allontanare, ora che è tempo del Vangelo, qualunque dubbio dal mistero preannunciato lungo tanti secoli con tanti prodigi, con tanti oracoli e con tante sacre istituzioni. In tal modo la natività del Salvatore, che doveva superare le proporzioni di tutti i precedenti prodigi e la capacità di ogni umana intelligenza, avrebbe suscitato in noi una fede tanto più stabile quanto più antica e sicura era la predicazione che l’aveva preceduta.

Perciò errano coloro i quali pensano che Dio ha cambiato il piano circa le cose umane, o che troppo tardi ha provveduto a dare misericordia agli uomini. Invece egli fin dalla creazione del mondo istituì il principio di salvezza, uno e identico per tutti. Infatti la grazia di Dio, con cui sono stati sempre giustificati i santi, dalla nascita del Salvatore ha ricevuto solo un incremento, non il suo inizio. In realtà il mistero di così grande misericordia che già ha riempito il mondo, è stato efficacissimo anche nelle sue figure; perciò ne hanno ricevuto eguale grazia e quelli che l’hanno creduto quando era stato appena promesso, e quelli che l’hanno accolto ora che è stato compiuto.

5.- Per questo, dilettissimi, è nostro dovere di celebrare la natività del Signore non con svogliatezza o in allegria mondana, ma con professione di pietà, perché abbondanti ricchezze della divina benignità sono state profuse in noi. Infatti, per la nostra vocazione all’eternità, non solo ci sono utili le istituzioni precedenti dell’antica Alleanza, ma la stessa Verità che è apparsa con un corpo visibile. Però la celebrazione della festa sarà fatta con diligenza e come si conviene, se ciascuno si fissa bene in mente di quale corpo è membro e a quale capo è congiunto, e fa in modo di non essere inadatto alla stretta compagine del sacro edificio.

Dilettissimi, considerate, e, illuminati dallo Spirito santo, con sapienza riflettete, chi sia colui che ci ha uniti a sé e chi abbiamo accolto in noi stessi. Infatti, allo stesso modo che egli nascendo si è fatto carne nostra, così noi nella rigenerazione siamo diventati suo corpo. Perciò noi siamo il tempio di Cristo e il tempio dello Spirito Santo. Per questo l’apostolo raccomanda: “Glorificate e portate Dio nel vostro corpo”. Egli presentandoci il modello della sua umiltà e della sua mitezza, ci ha iniziati a questa virtù con la redenzione, dandocene egli stesso l’assicurazione: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi, e io vi darò completo riposo. Prendete su di voi il mio giogo, e imparate da me perché sono dolce e umile di cuore, e troverete pace per le anime vostre”.

Abbracciamo, dunque, il giogo, non pesante né molesto, della verità che ci guida, e rendiamoci simili alla umiltà di colui alla cui gloria vogliamo essere conformi.

Gesù Cristo, nostro Signore, ci aiuti e ci guidi al possesso delle sue promesse, perché Egli, nella sua grande misericordia, ha il potere di distruggere i nostri peccati e di rendere perfetti in noi i suoi doni; il quale vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.




San Leone Magno: Secondo discorso tenuto nel Natale del Signore

SECONDO DISCORSO TENUTO NEL NATALE DEL SIGNORE

1. Dilettissimi, esultiamo nel Signore e con spirituale gaudio rallegriamoci, perché è spuntato per noi il giorno luminoso della nuova redenzione, dell’antica preparazione, della felicità eterna. Perché con il ciclo liturgico annuale ci viene reso presente il mistero della nostra salvezza, promesso all’inizio del mondo, attuato nel tempo stabilito per durare senza fine.

In questo giorno è giusto che noi, elevati in alto i cuori, adoriamo il divino mistero, affinché sia celebrato dalla Chiesa con grande letizia quel che si compie per gratuita generosità di Dio.

Infatti, Dio onnipotente e clementissimo, la cui natura è bontà, la cui volontà è potenza, la cui azione è misericordia, allorché la malizia del diavolo con il veleno del suo odio ci sottomise alla morte, tosto indicò all’inizio del mondo la medicina che la sua misericordia metteva a disposizione per risollevare il genere umano. Preannunciò al serpente la futura discendenza della donna che con la propria virtù gli avrebbe schiacciato il capo, sempre altero o pronto a mordere. In tal modo preannunciò Cristo, l’Uomo-Dio, che doveva venire nella carne e che, nascendo dalla Vergine con una nascita immacolata, doveva condannare colui che violò l’integrità del genere umano.

Infatti il diavolo, trovando un sollievo alle proprie pene nel compagno di peccato, si gloriava che l’uomo, da lui ingannato, fosse stato privato dei doni divini e, spogliato della immortalità, fosse stato assoggettato a dura sentenza di morte; in più si gloriava perché Dio, secondo le esigenze della giustizia, era stato costretto a cambiare proposito riguardo all’uomo che egli aveva creato insignito di grande dignità. Per questo è stato necessario che Dio, immutabile, la cui volontà è inseparabile dalla benignità, adempisse con segreta economia e con occulto mistero il suo primo disegno di grazia ai nostri riguardi, affinché l’uomo, caduto in colpa per l’insidia del maligno diavolo, contrariamente al piano di Dio, non perisse.

2. Dilettissimi, appena giunti i tempi prestabiliti per la redenzione degli uomini, Gesù Cristo, Figlio di Dio, fa il suo ingresso nella bassa condizione di questo mondo: discende dalla sede celeste senza, però, allontanarsi dalla gloria del Padre: è generato in un nuovo stato e con una nuova nascita. È nuovo il suo stato, perché, pur rimanendo invisibile nella sua natura è diventato visibile nella natura nostra. Egli che è l’immenso, ha voluto essere racchiuso nello spazio: pur restando nella sua eternità ha voluto incominciare a esistere nel tempo. Il Signore dell’universo, nascosta sotto il velo la gloria della sua maestà, ha assunto la natura di servo. Dio, inviolabile, non ha sdegnato di assoggettarsi al dolore; l’immortale non ha rifiutato di sottomettersi alla legge della morte.

Inoltre è stato generato con novità nella nascita, perché è stato concepito dalla Vergine ed è nato dalla Vergine senza l’intervento di padre terreno e senza la violazione della integrità della madre. A chi doveva essere il Salvatore degli uomini era conveniente una tale nascita, perché avesse in sé la natura umana e non conoscesse la contaminazione della umana carne. Dio stesso, infatti, è l’autore della nascita corporea di Dio e l’arcangelo l’ha attestato alla Santa Vergine Maria: «Lo Spirito santo verrà sopra di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà della sua ombra: per questo il bambino santo che nascerà, sarà chiamato Figlio di Dio».

Dunque la sua origine è diversa dalla nostra, ma la sua natura è uguale alla nostra. Il fatto che la Vergine abbia concepito, che la Vergine abbia partorito e poi sia rimasta ancora vergine, certamente è estraneo alla comune esperienza umana, poiché è fondato sulla divina potenza. In questo caso, difatti, non bisogna considerare la condizione di colei che partorisce, ma il volere di colui che nasce, il quale è nato dall’uomo nel modo che ha voluto e potuto. Se tu osservi la realtà della natura, costati la sostanza umana; ma se scruti la causa dell’origine, vi riconosci la potenza divina. Invero, Gesù Cristo, nostro Signore, è venuto per abolire il contagio del peccato, non per tollerarlo; è venuto per curare ogni malattia di corruzione e tutte le ferite delle anime macchiate. Era dunque opportuno che nascesse in maniera nuova colui che apportava agli uomini una nuova grazia di immacolata integrità. Era necessario che l’integrità di chi nasceva conservasse la nativa verginità della madre e che l’adombramento della virtù dello Spirito santo mantenesse inviolato quel santuario di purezza e dimora della santità di cui si compiaceva. Gesù, difatti, aveva stabilito di rialzare la creatura che era precipitata in basso, di ricomporre ciò che si era infranto e di donare e accrescere la virtù della castità per cui potesse essere vinta la concupiscenza della carne. Dio ha voluto in tal maniera che la verginità, necessariamente violata nella generazione degli altri uomini, fosse imitabile negli altri con la rinascita spirituale.

3. Il fatto stesso, dilettissimi, che Cristo abbia scelto di nascere da una vergine, non mostra forse che era mosso da un motivo altissimo? Egli voleva che il diavolo ignorasse la nascita del Salvatore del genere umano; così ignaro dello spirituale concepimento, il maligno non avrebbe pensato a una nascita diversa da quella degli altri uomini, perché lo vedeva non differente dagli altri. Egli ha osservato la natura di lui, simile alla nostra e ha creduto che egli fosse compreso nella condanna di tutti gli altri. Non comprese che era estraneo ai ceppi, procuratici dalla disobbedienza, colui che non vedeva libero dall’umana debolezza. Infatti Dio, verace e misericordioso, disponeva di molti modi per restaurare il genere umano, ma ha scelto questa via della redenzione per seguire un criterio di giustizia, anziché fare uso della sua potenza nel distruggere il male compiuto dal diavolo. Il superbo e antico nemico rivendicava per sé, non senza qualche ragione, un diritto di tirannia su tutti gli uomini; e opprimeva con dominazione non illegittima quelli che dal comando di Dio aveva trascinato a rendere ossequio spontaneo alle sue voglie. Perciò non avrebbe giustamente perduto la servitù del genere umano, instaurata agli inizi del mondo, se non fosse stato vinto da chi prima aveva assoggettato. Perché questo disegno si attuasse, Cristo, senza intervento di uomo, è stato concepito dalla Vergine, fecondata non dalla unione carnale, ma dallo Spirito santo. Le madri tutte non concepiscono senza la macchia del peccato; al contrario essa fu purificata dal fatto che concepì. Là dove non c’è stata immissione del seme paterno, neppure vi si è mescolata l’origine inquinante del peccato. La verginità inviolata non conobbe la concupiscenza; solo somministrò la sostanza. Dalla madre fu assunta la natura dell’uomo, non la colpa. La natura di servo è stata fatta senza portare con sé la condizione servile, perché l’uomo nuovo è stato misurato sul vecchio in modo da assumere la realtà della natura e da escludere l’antico peccato.

Perché la verace misericordia di Dio, pur avendo a disposizione molti mezzi per redimere il genere umano, prima di ogni altra volle percorrere questa via utile al suo piano: annientare l’opera del diavolo ricorrendo non all’efficacia della potenza, ma alla ragione dell’equità. La superbia dell’antico avversario non a torto rivendicava a sé nei confronti di tutti gli uomini il diritto del tiranno, e non senza ragione teneva oppressi sotto il suo dominio coloro che egli aveva indotto con lusinghe a rifiutare il comandamento di Dio e a servire di loro spontanea volontà al suo volere. Perciò non avrebbe potuto perdere, secondo la norma di giustizia, la schiavitù del genere umano a lui soggetto fin dall’origine, se non fosse stato vinto dallo stesso genere umano che egli aveva asservito.

4. Il misericordioso e onnipotente Salvatore ha regolato fin dall’inizio l’assunzione della natura umana in tal maniera da tenere nascosta la potenza divina, inseparabile dall’umanità assunta, col velo della nostra infermità. Fu, così, ingannata l’astuzia del nemico che credette la nascita del fanciullo, nato per la salvezza del genere umano, sottomessa al suo dominio, come quella di tutti gli uomini che nascono. Lo vide che vagiva e lacrimava; l’osservò avvolto in pochi panni, soggetto alla circoncisione e riscattato con l’offerta del sacrificio legale. In seguito conobbe il normale sviluppo della sua puerizia e non poté mettere in dubbio la sua naturale crescita finché giunse a età virile. Mentre tutto ciò si compiva, egli scagliò oltraggi, moltiplicò le ingiurie, usò maledizioni, obbrobri, bestemmie e calunnie e in ultimo rovesciò contro Cristo tutta la potenza del suo furore passando in rassegna tutte le possibili tentazioni. Ben conscio di avere col suo veleno prostrata la natura umana, non credette neppure lontanamente che fosse libero dal peccato chi da tante prove era riconoscibile per mortale. Perciò il diavolo, scellerato saccheggiatore e avaro esattore, persisté nella lotta contro chi nulla aveva in sé di malizia. Ma mentre lo perseguitava rivendicando l’esecuzione della sentenza di condanna per tutti gli uomini, riposta nell’origine intaccata dal peccato, oltrepassò la misura fissata nel decreto che gli serviva di sostegno, perché reclamò la pena del peccato da colui nel quale non scoprì nessuna colpa.

Così per un consiglio poco accorto fu annullata la perfida scrittura del contratto di morte; per l’ingiustizia commessa nell’esigere di più, venne abolito tutto il debito. Quel forte viene incatenato con i suoi stessi ceppi e ogni astuzia del maligno viene ripiegata nel suo capo. Appena il principe del mondo è così incatenato, gli vennero sottratti i vasi preziosi della schiavitù. La natura purificata dal vecchio contagio, ritorna nel suo onore; la morte è distrutta con la morte, la nascita è restaurata con la nuova natività. Simultanei sono questi effetti: la redenzione abolisce la schiavitù, la rigenerazione trasforma l’origine e la fede rende giusto il peccatore.

5. Dunque, chiunque tu sia che vuoi gloriarti del nome di cristiano, pondera con giusto giudizio la grazia di questa riconciliazione. A te, una volta prostrato ed escluso dal Paradiso, a te, destinato a morire ininterrottamente durante un lungo esilio e disperso alla stregua della polvere e della cenere, a te, senza speranza di vivere, è stata data con l’incarnazione del Verbo la facoltà di tornare, dal lontano luogo ove eri, al tuo Creatore, di riconoscere il tuo padre, di passare dalla servitù alla libertà, di essere innalzato dalla condizione di forestiero alla dignità di figlio. Così a te, nato dalla carne corruttibile, è stata data la facoltà di rinascere dallo Spirito di Dio e di ottenere per grazia ciò che non avevi per natura, in modo che riconoscendoti, mediante lo Spirito di adozione, come figlio di Dio, possa ardire di chiamare Dio tuo Padre. Ora che sei sciolto dal reato della cattiva coscienza, aspira al regno celeste; adempi la volontà di Dio, sostenuto dal divino aiuto; imita gli angeli sopra la terra; nùtriti della virtù di una sostanza immortale; combatti con sicurezza contro le tentazioni ostili in ossequio alla religione di Dio, e se avrai rispettato il giuramento della milizia celeste, sii certo che sarai incoronato per la vittoria nei campi trionfali dell’eterno Re, quando la risurrezione, preparata ai cultori di Dio, ti investirà per innalzarti alla società del regno celeste.

Dilettissimi, fiduciosi in così grande aspettativa, rimanete stabili nella fede in cui siete stati fondati. Non sia mai che il tentatore, privato da Cristo della dominazione sopra di voi, vi abbia a sedurre di nuovo con insidie e riesca a profanare con la sua raffinata arte di inganni le gioie stesse del giorno presente. Non sia mai che riesca a illudere gli uomini più semplici con la nefanda persuasione di certuni, ai quali questo giorno della nostra solennità pare degno di festa non tanto a motivo della nascita di Cristo, quanto per il natale del nuovo sole. Le menti di costoro sono avvolte in dense tenebre e sono ben lontane dal far progressi nella vera luce. Si trascinano dietro i pazzeschi errori dei gentili, e perché sono incapaci di sollevare l’attenzione della mente sopra ciò che si vede con sguardo carnale, rendono culto divino agli astri, i quali non sono altro che i servi del mondo.

Sia lontana dagli uomini cristiani tale sacrilega superstizione e mostruosa menzogna. Le cose temporali distano oltre ogni dire da colui che è eterno, le cose corporee da colui che è incorporeo, le creature suddite da colui che le governa: tutte queste cose hanno bensì bellezza, che suscita ammirazione, ma non hanno in sé stesse la divinità che si possa adorare. Bisogna, dunque, rendere onore a quella potenza, sapienza, maestà che ha creato dal nulla l’universo e che ha generato con onnipotente parola le cose terrene e le cose celesti in quelle forme e misura che a lui è piaciuto. Il sole, la luna, le stelle sono utili a noi, che ce ne serviamo e appaiono leggiadre quando le rimiriamo. Di esse si deve rendere grazie al Creatore: si deve adorare Dio che le ha create, non le creature che lo servono.

Dunque, dilettissimi, lodate Dio in tutte le sue opere e disposizioni. Abbiate una fede perfetta nella verginale integrità e nel parto della Vergine. Onorate il sacro e divino mistero della redenzione umana, prestando a Dio un servizio santo e sincero. Accogliete Cristo che nasce nella nostra carne, affinché meritiate di contemplarlo qual Dio della gloria nel regno della sua maestà: egli che col Padre e lo Spirito santo rimane nella unità della divinità nei secoli dei secoli.

Amen.




San Leone Magno: Primo discorso tenuto nel Natale del Signore

PRIMO DISCORSO TENUTO NEL NATALE DEL SIGNORE

San Leone Magno, Papa di Roma

1. Oggi, dilettissimi, è nato il nostro Salvatore: rallegriamoci! Non è bene che vi sia tristezza nel giorno in cui si celebra il natale della vita, che, avendo distrutto il timore della morte, ci presenta la gioiosa promessa dell’eternità. Nessuno è escluso dal prendere parte a questa gioia, perché il motivo del gaudio è unico e a tutti comune: il nostro Signore, distruttore del peccato e della morte, è venuto per liberare tutti, senza eccezione, non avendo trovato alcuno libero dal peccato.

Esulti il santo, perché si avvicina al premio. Gioisca il peccatore, perché è invitato al perdono. Si rianimi il pagano, perché è chiamato alla vita. Il Figlio di Dio, nella pienezza dei tempi che il disegno divino, profondo e imperscrutabile, aveva prefisso, ha assunto la natura del genere umano per riconciliarla al suo Creatore, affinché il diavolo, autore della morte, fosse sconfitto, mediante la morte con cui prima aveva vinto. In questo duello, combattuto per noi, principio supremo fu la giustizia nella più alta espressione. Il Signore onnipotente, infatti, non nella maestà che gli appartiene, ma nella umiltà nostra ha lottato contro il crudele nemico. Egli ha opposto al nemico la nostra stessa condizione, la nostra stessa natura, che in lui era bensì partecipe della nostra mortalità, ma esente da qualsiasi peccato.

È estraneo da questa nascita quel che vale per tutti gli altri: «Nessuno è mondo da colpa, neppure il fanciullo che ha un sol giorno di vita». Nulla della concupiscenza della carne è stato trasmesso in questa singolare nascita; niente è derivato ad essa dalla legge del peccato. È scelta una vergine regale, appartenente alla famiglia di David, che, destinata a portare in seno tale santa prole, concepisce il figlio, Uomo-Dio, prima con la mente che col corpo. E perché, ignara del consiglio superno, non si spaventi per una inaspettata gravidanza, apprende dal colloquio con l’angelo quel che lo Spirito Santo deve operare in lei. Ella non crede che sia offesa al pudore il diventare quanto prima genitrice di Dio. Colei a cui è promessa la fecondità per opera dell’Altissimo, come potrebbe dubitare del nuovo modo di concepire? La sua fede, già perfetta, è rafforzata con l’attestazione di un precedente miracolo: una insperata fecondità è data a Elisabetta, perché non si dubiti che darà figliolanza alla Vergine chi già ha concesso alla sterile di poter concepire.

2. Dunque il Verbo di Dio, Dio egli stesso e Figlio di Dio, che «era in principio presso Dio, per mezzo del quale tutto è stato fatto e senza del quale neppure una delle cose create è stata fatta», per liberare l’uomo dalla morte eterna si è fatto uomo. Egli si è abbassato ad assumere la nostra umile condizione senza diminuire la sua maestà. È rimasto quel che era e ha preso ciò che non era, unendo la reale natura di servo a quella natura per la quale è uguale al Padre. Ha congiunto ambedue le nature in modo tate che la glorificazione non ha assorbito la natura inferiore, né l’assunzione ha sminuito la natura superiore. Perciò le proprietà dell’una e dell’altra natura sono rimaste integre, benché convergano in un’unica persona. In questa maniera l’umiltà viene accolta dalla maestà, la debolezza dalla potenza, la mortalità dalla eternità. Per pagare il debito, proprio della nostra condizione, la natura inviolabile si è unita alla natura che è soggetta ai patimenti, il vero Dio si è congiunto in modo armonioso al vero uomo. Or questo era necessario alle nostre infermità, perché avvenisse che l’unico e identico Mediatore di Dio e degli uomini da una parte potesse morire e dall’altra potesse risorgere. Pertanto si deve affermare che a ragione il parto del Salvatore non corruppe in alcun modo la verginale integrità; anzi il dare alla luce la Verità fu la salvaguardia del suo pudore. Tale natività, dilettissimi, si addiceva a Cristo, «virtù di Dio e sapienza di Dio»; con essa egli è uguale a noi quanto all’umanità, è superiore a noi quanto alla divinità. Se non fosse vero Dio non porterebbe la salvezza, se non fosse vero uomo non ci sarebbe di esempio. Perciò dagli angeli esultanti si canta nella nascita del Signore: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli» e viene annunciata «la pace in terra agli uomini di buona volontà». Essi, infatti, comprendono che la celeste Gerusalemme sta per essere formata da tutte le genti del mondo. Or quanto gli umili uomini devono rallegrarsi per quest’opera ineffabile della divina misericordia, se gli angeli eccelsi tanto ne godono?

3. Pertanto, dilettissimi, rendiamo grazie a Dio Padre mediante il suo Figlio nello Spirito Santo, poiché la sua grande misericordia, con cui ci ha amato, ha avuto di noi pietà. «Quando ancora noi eravamo morti a causa dei nostri peccati, ci ha vivificati con Cristo» per essere in lui una nuova creatura e una nuova opera. Dunque spogliamoci del vecchio uomo e dei suoi atti. Ora che abbiamo ottenuto la partecipazione alla generazione di Cristo, rinunciamo alle opere della carne. Riconosci, o cristiano, la tua dignità, e, reso consorte della natura divina, non voler tornare con una vita indegna all’antica bassezza. Ricorda di quale capo e di quale corpo sei membro. Ripensa che, liberato dalla potestà delle tenebre, sei stato trasportato nella luce e nel regno di Dio. Per il sacramento del battesimo sei diventato tempio dello Spirito santo: non scacciare da te con azioni cattive un sì nobile ospite e non ti sottomettere di nuovo alla schiavitù del diavolo; perché il prezzo del tuo riscatto è il sangue di Cristo, e perché ti giudicherà secondo verità colui che ti ha redento nella misericordia, Cristo Signore nostro.

Amen.