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L’Anziano Giuseppe Vatopedinos (II)

dell’Anziano Ephraim, Igumeno del Monastero di Vatopedi

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Sebbene il beato anziano Giuseppe fosse uno straordinario esicasta, considerava la virtù dell’obbedienza il fondamento del monaco. Ecco perché ha disciplinato il suo discepolo in un modo che ad alcuni può sembrare troppo duro, per ottenere lo spirito e i frutti della vera obbedienza. Egli stesso esclamò ed esortava i suoi figli: “O beata obbedienza – e ancora obbedienza – a te appartengono senza dubbio gli scettri. Figlio mio, noi ed il vecchio Arsenio, per gustare questi beni celesti, spargemmo molto sangue nella lotta. Tu solo se sarai diligente nell’obbedienza godrai di uguale grazia con noi. Obbedite figli miei con tutta l’anima. Non c’è altra via più facile e più alta di questa”. Il beato Anziano considerava «veramente grande il mistero dell’obbedienza». Scrive nella sua lettera: “L’obbedienza o la disobbedienza non si fermano all’Anziano, ma attraverso lui egli guarda a Dio… Con altrettanto amore deve guardare all’Anziano come se vedesse un tipo di Cristo”.

Il nostro anziano Giuseppe era molto abile nel lavoro manuale. Costruì la nuova cella del suo Anziano alla piccola Sant’Anna, si impegnò a fare qualsiasi costruzione necessaria per la manutenzione di quel luogo. Una mattina avrebbe costruito una stufa per il grande Anziano, perché ormai il freddo di quell’inverno era diventato insopportabile e l’Anziano era anche molto debole. Ma per qualche inspiegabile motivo tutto andava al contrario, c’era una forte energia demoniaca. Allora il nostro Anziano andò dal grande Anziano per chiedergli cosa stesse succedendo. E gli riferì la cosa: Appena mi ha visto agitato, si è messo a ridere. “Anziano, ho detto, cosa sta succedendo qui? E perché stamattina mi hai detto come una profezia: ‘se finisci? Ma tu sai che per me questo lavoro era un gioco da ragazzi”. “Come hai concluso che fosse”, disse ridacchiando. “tentazione o energia maligna”. “Ecco cos’era”, rispose. E ascolta per conoscere ciò che a te sembra un mistero. La sera, durante la mia preghiera, quando avevo finito e volevo riposare, vidi Satana, che minacciava di portare ostacoli e tentazioni al compimento del lavoro che avevi progettato. Allora dissi al nostro Cristo: “Signore mio, non ostacolarlo, affinché possa dimostrargli che ti amo e che sopporterò il freddo finché lo permetterai”. E questa è stata la ragione, figlio mio, per cui tutto questo è stato fatto, affinché non avessi presto il calore, come Tu avresti voluto preparare per me”.

Il sabato di Lazzaro del 1948, padre Sofronio divenne monaco megaloschema e fu ribattezzato Giuseppe. Ricevette il nome del suo Anziano come onore e benedizione speciale. Il grande Anziano stesso confessò del suo neo-ordinato e omonimo discepolo che era “pieno di Grazia” in quanto “lottatore nell’obbedienza”. Padre Ephraim Katounakiotis celebrò la cerimonia come cappellano. Dopo che il beato anziano Giuseppe l’Esicasta si addormento, il Padre Efraim diventò il nostro gheronda Giuseppe e un amore spirituale inesprimibile univa i due asceti sotto la stessa paternità spirituale.

L’anziano Giuseppe l’Esicasta confidava le sue alte esperienze spirituali al suo discepolo per rafforzarlo spiritualmente e non farsi scoraggiare nella sua lotta. Così gli raccontò della visita ricevuta dalla Santa Theotokos nella cappella di Timios Prodromos nella piccola Sant’Anna, quando era molto depresso a causa di varie tentazioni esterne e calunnie. La Theotokos stessa gli apparve e gli disse: “Non ti avevo detto di porre la tua speranza in me? Perché ti scoraggi? Ecco, prendi Cristo!”. E allora Cristo, il divino Bambino, lo accarezzò tre volte sulla fronte e sul capo e lo riempì di incomparabile fragranza e gioia spirituale. Un’altra volta gli disse di aver visto con la visione della sua anima, come in un televisore, Padre Atanasio che veniva dal Santo Monastero di San Paolo al luogo della loro ascesi. Gli descrisse anche nei dettagli la teoria, le visioni divine rivelategli dalla Grazia di Dio, come la città di Dio, il cielo, il paradiso, ecc.

Diventare sottomessi a un anziano come l’anziano Giuseppe l’Esicasta non era un compito facile. Molti ci hanno provato, hanno fallito e se ne sono andati. Per questo motivo, all’inizio l’anziano non voleva accettare p. Sofronio. Ma una volta accettato, dopo le informazioni divine di cui sopra, fu esigente nei confronti del suo discepolo. E questo, naturalmente, non per motivi egoistici, ma sempre per il beneficio e il progresso spirituale del suo figlio spirituale. Lo educava con severità e con amore, con rimproveri e con ammonizioni. Gli praticava le incisioni necessarie per purificare il suo cuore dalle passioni, affinché potesse iniziare a sperimentare la Grazia di Dio, la santificazione.

Il nostro anziano Giuseppe visse per dodici anni come discepolo dell’esicasta Giuseppe. Nella Piccola Sant’Anna ha vissuto per sei anni. Le condizioni di vita lì erano molto dure e gli orari molto rigidi, nonostante tutti i problemi di salute che erano anche pericolosi per la sua stessa vita, poiché aveva emorragie gastriche ed altre emorragie, tuttavia il giovane monaco mantenne la fede e non si ritirò, lasciando anche la sua salute alla paterna Provvidenza di Dio, seguendo l’esempio del suo Anziano, che vedeva tutto con la fede e non con la ragione. Quando iniziò l’emottisi del nostro Anziano, allora il grande Anziano disse: “Arsenio, è finita. Dobbiamo andarcene. Se anche Giuseppe è malato, cosa faremo qui dentro?”. Charalambos era un sacerdote, il Padre Ephraim era malato, il vecchio Arsenio aveva 70 anni, ora avevano un problema di manutenzione, chi avrebbe svolto i compiti quotidiani, visto che il nostro anziano Giuseppe era quello che li svolgeva?

Nel settembre del 1953, in una notte di luna, presero le loro poche cose e scesero a Nea Skiti in alcune capanne isolate intorno alla torre della chiesa. Lì a Nea Skiti il nostro anziano Giuseppe per un anno, dal maggio 1957 al maggio 1958, servì anche come Dikaios [1]. Già prima della morte del grande Anziano, aveva acquisito una ricchezza spirituale che, per il suo grande amore, diffondeva a chi aveva bisogno di consigli e consolazione. Ci sono lettere di quel periodo che mostrano la grande altezza dell’esperienza spirituale del monaco sottomesso Giuseppe, mentre la sua teologia non derivava da conoscenze accademiche, che peraltro non aveva, ma era la sua esperienza personale.

Quando l’anziano Giuseppe l’Esicasta si ammalò di insufficienza cardiaca nel gennaio 1959, il nostro anziano prese l’iniziativa di curarlo. In una lettera scrive: “Senza consultarlo, perché non me lo permetteva, ho pregato con padre Ephraim e abbiamo portato subito un medico da fuori e, grazie a Dio, sembra che abbiamo vinto la battaglia. Il medico era un bravo scienziato e la diagnosi ha avuto successo. Ora stiamo facendo il trattamento con la prescrizione e i risultati sono buoni. La malattia è del cuore ed è in forma avanzata, ma speriamo di ottenere buoni risultati dove tutto sembrava perduto”.

Infine, l’anziano Giuseppe l’Esicasta si spense il giorno della Dormizione della Vergine Maria, da lui tanto venerata, il 15 agosto 1959, all’età di 62 anni. Dall’ottobre 1959, motivato dai figli spirituali del grande Anziano, il nostro Anziano iniziò a scrivere la sua vita e nel 1963 aveva completato la prima biografia in forma epistolare.

Si stima che più di 1000 monaci e monache discendano direttamente dalla “radice” dell’anziano Giuseppe l’Esicasta. Poiché aveva previsto questo, l’anziano non permise ai suoi seguaci di vivere insieme dopo la sua morte, ma li separò, cosa insolita, ovviamente, nell’ordine athonita. Prevedeva che sarebbero diventati igumeni e gheronda di grandi comunità. Quando si trovava nelle grotte della piccola Sant’Anna, aveva ricevuto la visita di Giovanni Bitsios di Ouranoupolis, nel momento in cui l’anziano aveva acquisito i suoi tre subordinati, l’anziano Giuseppe Vatopedinos, l’anziano Efraim Philotheitis e l’anziano Charalambos Dionysiatis. Il signor Bitsios chiese all’anziano se questi tre giovani monaci facessero parte del suo seguito e l’anziano Giuseppe rispose profeticamente: “Vedi questi ferri di cavallo, Giovanni? Verrà il tempo in cui questi piccoli cavalli riempiranno il Monte Athos di monaci”. Questa profezia si è avverata per Grazia di Dio, nonostante le condizioni e le circostanze logicamente avverse e impossibili. L’anziano Giuseppe l’Esicasta inizialmente era con gli zeloti, ma dopo una visione apocalittica e una voce divina che gli disse che “la Chiesa vivente è nel Patriarcato Ecumenico”, tornò alla comunione con la Chiesa canonica nonostante la guerra e le calunnie ricevute dagli zeloti. Tutto era diretto dalla Divina Provvidenza.

Il fatto che l’obbedienza e il silenzio vadano di pari passo nelle odierne comunità del Monte Athos, che ci sia questo binomio tra obbedienza e silenzio, pensiamo sia dovuto principalmente al beato anziano Giuseppe l’Esicasta e ai suoi seguaci. Il nostro anziano Giuseppe ha ricevuto come autentico sottomesso lo spirito sottomesso e contemplativo del beato anziano Giuseppe l’Esicasta. Anche noi abbiamo ricevuto questo spirito dal nostro defunto anziano Giuseppe e stiamo cercando, con i nostri umili sforzi, di conservarlo e trasmetterlo ai posteri.

NOTA:

[1] Nelle Skiti non c’è la figura dell’Igumeno ma del Dikaios che è un responsabile che è eletto pro tempore dagli altri asceti. Si occupa della Chiesa centrale dove si riuniscono per la Domenica e le grandi feste.




L’Anziano Giuseppe Vatopedinos (I)

dell’Anziano Ephraim, Igumeno del Monastero di Vatopedi

Il venerabile Giuseppe Vatopedinos fece la sua professione all’età di 16 anni, nell’estate del 1937, nel Santo Monastero di Stavrovouni a Cipro. Il motivo del suo ritiro fu il seguente evento. Dopo aver visto un film comico, sentì un grande vuoto esistenziale e una profonda avversione per il mondo. Si trovava da solo su una collina della città di Paphos in quell’ora serale, quando improvvisamente in una luce soprannaturale apparve la figura amorevole e pacifica del Signore.

Cristo stesso gli apparve e gli disse: “È per questo che ho creato l’uomo? L’uomo è immortale”. Dopo questa visione prese la decisione di rinnegare la vita mondana e di farsi monaco. Nella sua cella solitaria prese il nome di Sofronio e visse nel monastero per circa 10 anni. In occasione della questione del calendario che aveva diviso il monastero in due campi, ma essenzialmente guidato dalla provvidenza di Dio e su sollecitazione e benedizione del padre spirituale del monastero, padre Kyprianos, si diresse verso il Monte Athos per una vita spirituale più elevata.

All’inizio del 1947 fu temporaneamente ospitato nel santuario ascetico della Divina Ascensione sotto il Kyriakon della Skete di Agia Anna dal venerabile anziano Nicodemo e dal suo seguito di sei persone. Il gruppo ascetico si impegnava in lavori di falegnameria. La provvidenza di Dio fece in modo che, quando l’anziano Giuseppe l’esicasta ebbe bisogno di una porta di legno per la cappella, che era dedicata al Santo Battista, ne ordinò la costruzione alla squadra dove P. Sofronios alloggiava temporaneamente, ad Agia Anna.

L’anziano Giuseppe l’Esicasta a quel tempo riposava ad Agia Anna Minore con il suo co-praticante Padre Arsenios e Padre Athanasios, suo fratello nella carne, nelle ripide grotte del deserto. Era particolarmente rispettato dai devoti monaci athoniti come maestro di silenzio e di preghiera, come maestro dello stato monastico. Padre Sofronio rimase talmente colpito dalla forma e dalle parole dell’anziano Giuseppe che il giorno dopo chiese all’anziano di prenderlo nel suo seguito, ma l’anziano rifiutò. L’insistenza dell’allora giovane Sofronio convinse il Santo Anziano a promettergli che avrebbe prima pregato e poi sarebbe tornato il giorno dopo per dargli una risposta, che alla fine fu positiva. In seguito si seppe quale rivelazione venne al venerabile Anziano per convincerlo ad accettare il giovane Sofronio come suo primo subordinato. Vide un uccellino che volava e si sedeva sulla sua spalla e, mentre l’anziano lo guardava stupito, questo uccellino aprì la bocca e invece di cantare cominciò a teologizzare. In questo modo Dio gli comunicò che il giovane Sofronio sarebbe maturato spiritualmente sotto la sua guida, sarebbe diventato un vaso della Grazia di Dio e avrebbe ricevuto il dono della teologia.

Si adeguò subito al nuovo stile di vita degli anziani, che era appunto contemplativo. Dalla mattina a mezzogiorno lavoravano per vivere, di regola non potevano prolungare il loro ministero oltre l’ora stabilita di mezzogiorno, poi i vespri con il komboschini – tutti soli – o anche un po’ di lettura. Seguiva il pranzo, o meglio la cena, che terminava alle nove ora bizantina (cioè verso le tre o le quattro del pomeriggio), quindi ricevevano la benedizione dell’anziano e andavano a dormire brevemente. Dopo il riposo si preparavano, se c’era bisogno di qualcosa per il giorno successivo, e poi vegliavano pregando ciascuno nella propria cella fino a mezzanotte. Se avevano la Messa, era dopo mezzanotte; altrimenti facevano un momento di studio spirituale. Poi c’era il momento della comunicazione dei pensieri. Il nostro anziano Giuseppe ci ha raccontato questo: “Così restavamo da soli e dopo la mezzanotte o anche prima andavo dall’anziano, la cui capanna era più lontana da noi, e gli dicevo i miei pensieri e tutto quello che mi succedeva, lui mi rispondeva spiritualmente con tutto quello che era utile per la mia correzione e vita spirituale. Abbiamo mantenuto questa regola e l’hanno mantenuta anche gli altri fratelli quando siamo diventati più numerosi. Ma prima di allora l’anziano non accettava nessuno, e questo, come mi disse, lo mantenne fin dall’inizio”.

Vicino all’anziano Giuseppe, p. Sofronio imparò empiricamente che il monachesimo non è altro che trovare in questa vita un segno del regno dei cieli: l’esperienza della Grazia divina. Egli ha sottolineato di non aver mai dimenticato quei giorni e l’entusiasmo generato da questo stile di vita spirituale che ha rapidamente elevato gli atleti a un alto stato spirituale.

Il desiderio di padre Sofronio era la sua formazione spirituale da un anziano esperto nella vita esicasta, era particolarmente interessato all’acquisizione dell’orazione mentale. «Quando andai, fin dal primo giorno – racconta – l’Anziano mi spiegò dettagliatamente il senso della vita spirituale. In particolare, ha cercato di spiegare il tema della Grazia, che è il fattore principale che deve preoccuparci, perché senza di essa l’uomo non può realizzare nulla. A poco a poco “afferrai” il senso delle sue parole, perché mi avvalevo dell’aiuto di studi e consigli precedenti, ma praticamente ignoravo il modo e il tipo di questo atto. Un pomeriggio, pieno di ilarità e di gioia, l’anziano Giuseppe gli disse: “Vai e stasera ti manderò un “pacchetto” e vedrai quanto è dolce il nostro Gesù”. Dopo essersi riposato, come sempre, iniziò la veglia e si preparò, secondo il suo consiglio, a pregare, concentrando quanto più poteva la mente. Quanto al “pacchetto”, se n’era completamente dimenticato.

Lui stesso scrive di questa esperienza nel libro che scrisse sull’Anziano Giuseppe l’Esicasta: “Non ricordo come cominciò, ma so bene che una volta cominciato non ebbi il tempo di pronunciare il nome del nostro Cristo molte volte che il mio cuore era pieno di amore per Dio. All’improvviso si moltiplicò così tanto che non pregai più, ma mi meravigliai con stupore per questa effusione d’amore. Volevo abbracciare e adorare tutta la gente e tutta la creazione e nello stesso tempo pensavo così umilmente che mi sentivo sotto tutti il creato. Ma la pienezza e la fiamma del mio amore era verso il nostro Cristo, che sentivo presente, ma non potevo vederlo, per correre ai suoi piedi pieni di grazia e chiedergli come fa a infiammare così i cuori e a rimanere nascosto e sconosciuto. Ho avuto, allora, una sottile informazione che questa è la Grazia dello Spirito Santo e questo è il Regno dei Cieli, che Nostro Signore dice essere dentro di noi e ho detto: “lasciami restare, mio ​​Signore, non ho bisogno di nient’altro”. Ciò durò per un bel po’ di tempo e lentamente ritornai al mio primo stato. Aspettavo con ansia, con impazienza, il momento giusto per andare dall’Anziano per chiedergli cosa fosse successo e come fosse successo. Era il 20 agosto e splendeva la luna. Corsi e lo trovai fuori dalla sua cella che camminava nel suo piccolo cortile. Appena mi vide, cominciò a sorridere e prima che mi confidassi con lui, mi disse: “Hai visto quanto è dolce il nostro Cristo? Capisci ora praticamente quello che continui a chiedere? Ora affrettati a fare di questa grazia la tua proprietà e a non lasciartene derubare per negligenza”

L’anziano Giuseppe l’Esicasta aveva raggiunto il livello di essere in possesso della Grazia divina e di poterla trasmettere ai suoi discepoli. L’anziano Ephraim di Katounaki confessò che “non si poteva mai avere abbastanza della Grazia che l’anziano ti dava”. Qualcosa di insolito, impossibile anche per molti anziani contemplativi. Qualcosa che dimostra la massima fierezza davanti a Dio e rivela l’autentica, vera paternità spirituale in tutto il suo splendore. L’anziano che possiede ricchezze spirituali le consegna al discepoli, e quest’ultimo riceve questa eredità divina nel timore di Dio, affinché la conservi e la trasmetta a sua volta ai posteri. Questa è la quintessenza della tradizione athonita.

Dio ha sigillato le parole dell’anziano Giuseppe l’Esicasta nel suo buon subordinato. Il nostro anziano Giuseppe ce ne ha parlato. Inoltre, in quelle cose in cui esitava e tuttavia cedeva, per evitare che sorgesse una lite o una lotta da parte nostra, incontrammo così tanti ostacoli che era impossibile portarle a termine senza eccessivi sforzi e problemi”.

L’anziano Giuseppe si prese sempre cura spiritualmente dei suoi figli, non perse l’occasione di insegnare loro la carità, l’abnegazione, l’umiltà, l’obbedienza, il silenzio, la preghiera mentale e la quiete. In un’occasione mandò padre Sofronio carico di un sacco di grano da Mikra Agia Anna al Santo Monastero di Esfigmenou per macinarlo e riportarlo senza parlare per strada, senza mangiare o restare da nessuna parte. In totale avrebbe camminato almeno 16 ore. I padri lo servirono e insieme alla farina gli donarono un sacchetto di pesce salato per la benedizione dell’Anziano. Quando tornò al loro eremo, l’anziano Giuseppe gli disse: “Ho una lettera per la Lavra. Siediti, mangia e vai subito a prenderla. Il nostro Anziano compì senza riluttanza questo martirio. Altre otto ore di cammino.

Tuttavia, il nostro anziano Giuseppe testimonia i frutti di questa obbedienza e di questa sapienza: “Di notte andavamo a dire la nostra preghiera. Non avevamo il tempo di fare la nostra croce e di dire l’introduzione “Adoriamo” che subito la mente era presa. La mente era presa e così per quasi due ore non c’era più, non sentivamo la legge di gravità. E lentamente questa situazione si è ripresentata. E quello è stato il frutto di questo piccolo amore e prontezza per la fatica, non possiamo mentire. Questa è la realtà. Non ragioniamo… Quanta nostalgia ho di quei giorni, in cui abbiamo sopportato tanto esercizio di obbedienza e di abnegazione e il Signore «ha riversato il torrente della sua misericordia» sulla nostra anima umile! Con quanta ansia aspettavo di sentire il comando dell’Anziano e mi precipitavo avanti con tutta la mia ansia, senza mai alcun giudizio, dubbio, commento, timidezza, il “se” o il “forse”! Non esagero quando dico che per molti giorni e mesi ero costantemente pieno di sudore, senza provare alcun disagio o ansia per questo, poiché molte volte anche la legge di gravità era impercettibile, perché tutto era integrato e alleviato dalla testimonianza della grazia, dell’obbedienza e dell’abnegazione; abbiamo sentito costantemente il profumo della risurrezione e dell’eternità».

Testo originale in greco




Giuseppe di Vatopaidi (1921-2009): Sull’Incarnazione

Il recupero delle reliquie dell’anziano Iosif Vatopaidino

L’Anziano Iosif è nato a Drousia, nella regione di Paphos, a Cipro, il 1° luglio 1921. Seguendo una chiamata di Dio, è entrato nel Santo Monastero di Stavrovounio nel 1936, con la benedizione dei genitori. Qui fu fatto novizio e gli fu dato il nome di Sofronios. Rimase in monastero per 10 anni prima di trasferirsi sul Monte Santo, dopo una breve visita in Terra Santa. Lo ha fatto con l’incoraggiamento e la benedizione dell’anziano Kyprianos, il padre spirituale di Stavrovounio. All’inizio del 1947 si trova allo Skite di Sant’Anna, mentre nell’estate dello stesso anno conosce San Giuseppe l’Esicasta, il quale, dopo aver ricevuto l’inspirazione divina, accoglie il giovane nella sua confraternita. Il sabato di Lazzaro, 1948, nella casa dell’Venerabile Precursore a Piccola Sant’Anna, fu tonsurato monaco dal grande abito e gli fu dato il nome di Iosif. Nel 1951, la confraternita si trasferì nelle celle esicaste vicino alla torre Nuovo Skite. San Iosif l’Esicasta riposò nel Signore nel giorno della Dormizione della Madre di Dio, 1959. Il defunto Anziano Iosif ha soddisfatto il desiderio più profondo della sua anima durante il empo vissuto con il grande San Giuseppe, poiché ha imparato la vita da un vero esicasta, che era un asceta portatore di Dio. Dopo la morte del suo Anziano, il giovane Iosif continuò a vivere secondo i principi e l’esempio del primo e, con il passare del tempo, molti altri monaci vennero a vivere con lui. Nel 1989, a seguito di una delibera del Patriarcato Ecumenico, la sua comunità ha assunto l’amministrazione del Santo e Grande Monastero di Vatopaidi. Si é addormentato nel 2009

Sull’incarnazione

dell’anziano Giuseppe di Vatopaidi (1921-2009)

Monte Athos, Grecia

Oggi, iniziamo con la più grande festa, non potremo mai esprimerla [a parole]… Abbiamo supplicato il nostro Cristo di permetterci di prostrarci al suolo dove è nato; per prostarci davanti alla miseria che lo copriva. Abbracciare con riverenza la sua Santissima Madre che Lo teneva nel suo abbraccio. Tutto questo, miei cari, per quale scopo?

Proprio qui sta la cosa straordinaria. Se un uomo riesce a realizzarla, allora diventerà la più grande causa del suo progresso spirituale e del suo risveglio dal torpore dell’insensibilità.

È Lui che oggi si manifesta come un bambino esposto al freddo del mondo; Lui, per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte. Ha creato l’universo, il visibile e l’invisibile, il materiale e l’immateriale e tutto ha fatto in modo imperativo per mezzo della sua onnipotenza, essendo il Signore di tutto. Ma l’uomo, Egli lo fece con le Sue mani. Voleva fare una copia del prototipo. Mentre tutto, come ho detto, è stato costruito in maniera imperativa, per comando, anche gli angeli. Vedi che crea l’uomo con le sue stesse mani, ne è orgoglioso, gli dimostra di averlo fatto a “sua immagine e somiglianza” e quindi creato ricettivo di tutte le qualità divine. Ma ha dato un ordine? Non c’era bisogno di un ordine, e voglio che tu stia attento a questo. Certamente, Dio ha dato un ordine ad Adamo di custodire l’obbedienza e la sottomissione all’autorità, al suo Capo, a suo Padre e di non mangiare del frutto proibito che genera morte e decomposizione. Non erano ordini impartiti in maniera imperativa come quelli che usa un superiore per rivolgersi ai suoi subordinati. Sii attento a ciò perché sono il fondamento sia della nostra catastrofe ma anche del nostro ritorno, qualora volessimo cercarlo. Tutto ha una causa, e come tale ogni cosa è stata prodotta da una causa prima e non possono reggersi o sopravvivere se non sono in rapporto continuo con la causa prima. Ad esempio, pensa ai rami che crescono da un bellissimo albero. Se tagliamo questi rami e poi li mettiamo in acqua e aggiungiamo anche del fertilizzante, non possono sopravvivere. Una volta che hanno abbandonato il tronco è impossibile per loro sopravvivere. Pertanto, l’obbedienza e la sottomissione di tutti gli esseri che sono stati creati dalla bontà divina dovrebbero esistere in una forma pratica per possedere il potere dell’essere e dell’esistenza. Altrimenti è impossibile… e attenzione è importante tutto ciò.

Il Diavolo che fu la prima causa del nostro perderci, poiché apostatò da Dio per diventare un dio a sé stante, fu subito distrutto del tutto senza speranza di ritorno. Poi, per odio, inganna l’uomo nella sua inesperienza. L’uomo fu ingannato e ascoltò ciò che gli disse il diavolo. Subito, è stato escluso dalla sua Causa. Di conseguenza, l’uomo cade, perde la sua personalità ed è esiliato nella terra del decadimento, della morte, della perdita e di tutti gli altri mali che ci circondano. Tutto questo è il risultato della disobbedienza.

La causa pratica era l’egoismo poiché era stato ingannato dal diavolo che gli disse che poteva diventare dio senza Dio. La seconda causa era l’egocentrismo, una sensualità tale che lo portò a mangiare di ciò che gli piaceva. Tutto questo egoismo ed egocentrismo sono le cause della distruzione, la radice della caduta dell'[intero] universo.

Il nostro misericordiosissimo Dio e Padre, dopo la nostra apostasia, avrebbe potuto prendere una manciata di terra e soffiare di nuovo in essa per fare un altro uomo. Ma questo non avrebbe manifestato il suo affetto e la sua capacità paterna. Lui non lo fa!

Decide invece di venire Lui stesso, di far ritornare in Sé stesso ciò che ha creato con le sue stesse mani, e dargli ciò che gli aveva promesso fin dall’inizio.

Questa è la ragione dell’Incarnazione del Verbo divino. Dio stesso doveva venire, il Creatore, per ristabilire l’equilibrio. Non in modo imperativo, ma paterno. Come vedi, per raggiungere questo obiettivo, ha dovuto comunicare ontologicamente con l’ipostasi umana.

Tuttavia, non poteva comunicare con l’ipostasi umana poiché ci trovavamo nella legge del decadimento e della morte. Per questo decide e prepara in anticipo la sua figlia Santissima, la sua stessa Madre. Fin da piccola, l’ha portata nel Santo dei Santi e lì gli angeli si sono presi cura di lei.

E Lei non solo non ha mai commesso, ma non ha mai considerato una cosa malvagia. Dentro l’immensità della sua purezza, questa figlia Santissima divenne la ragione per cui Dio accettò di entrare in Lei, per ricevere dalla sua purezza l’uomo nuovo e non quello decaduto.

E Lui venne e prese dalla sua Madre Santissima, dalle sue viscere interiori, dalla limpidezza della sua purezza; prese dall’Onorevole e Santissimo sangue, all’inizio della sua ipostasi, si incarnò e cominciò a plasmare la sua forma di uomo. Ma attenzione al candore di questa figlia e a quanto la società le deve. Questa figlia, piena di Grazia.

Per cooperare fino in fondo, il Dio Onnipotente, quando ha deciso di fare questo, si è degnato di chiedere alla figlia se lo desiderasse… il Dio onnipotente, Colui che si è preso cura di lei dentro il Santo dei Santi e l’ha custodita lì solo per questo Motivo. Eppure, non interviene senza chiederle il permesso, affinché possa dimostrare anche la correttezza del ritorno e la sapienza di Dio.

Allora l’angelo le disse: “Ora diventerai Madre e partorirai il Figlio di Dio”. E lei chiese: “Come è possibile visto che sono Vergine?”

L’angelo le rispose: “Verrà un Angelo del Signore e porterà in te la Grazia dello Spirito Santo e ciò che accadrà sarà causato da Dio stesso, che si incarnerà”.

E poi la bambina disse: “Accetto. Avvenga così; sia fatta la sua volontà!”. Sii attento alla precisione! E così Dio riceve la natura umana. “Riceve la natura” nel senso della purezza che è alla base dell’ethos che è il centro della personalità umana e di tutti gli esseri razionali. Custodisce sua Madre, una Vergine, così come l’ha ricevuta, rimane puro e vergine e non ha minimamente comunicato con il decadimento e la caduta per poter diventare il rinnovatore e il “rigeneratore”. Ebbe comunione con la legge del decadimento? Come avrebbe potuto creare l’incorruttibilità?

Per la nostra salvezza, ha sofferto questa prova inimmaginabile che è impossibile descrivere, non nel mondo presente, ma anche nell’infinità della totalità. La Kenosis del Dio-Verbo, l’Incarnazione del Dio-Verbo.

Dio, come crediamo, è la Santissima Trinità. Egli è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Ha tre ipostasi ma una natura. Un’ipostasi di questi Tre doveva assumersi questo compito e nessun altro era appropriato per questo se non il Figlio. Colui che era chiamato Figlio, il Figlio del Padre, doveva diventare il Figlio dell’Uomo affinché l’ipostasi rimanesse la stessa. Essere un Figlio di Dio e un Figlio dell’Uomo, cioè un uomo.

Guarda questa purezza, questa ragazza con tanto candore stende le mani per ricevere dalla destra del Dio e Padre, il Dio-Verbo. Quello che non è conforme alla natura. Impone le mani alla ragazza, lo prende e lo mette nel suo seno perché possa ricevere la natura umana. Non dimentichiamo queste cose, fratelli miei! Perché per la nostra rigenerazione e salvezza, sono accadute!

Ma poiché la causa della catastrofe era l’egoismo e l’egocentrismo dell’uomo, il Dio-Verbo deve assumere il suo ruolo, affrontare la catastrofe, battere e sradicare il logocentrismo e l’egoismo. E questa è la ragione delle sue Santissime passioni.

Condiscende alla crocifissione, al dolore, alla sofferenza per sradicare la radice del piacere che l’uomo nella sua disobbedienza ha creato. Assume la veste degli umili… come posso esprimerlo a parole…

Quando tutta la creazione – ciò che non si può descrivere – è Lui che la governa e la comanda, è costretto a farsi umile nel cuore e non solo nell’apparenza per sradicare l’egoismo umano, per ristabilire l’equilibrio… mistero dei misteri.

Questa è la nostra radice, fratelli miei. Per questo, ora, noi cristiani che siamo stati attratti da Lui nella sua conoscenza, non abbiamo il diritto di esprimere un altro giudizio. Dice: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga…”. Ma per quelli che avevano una disposizione superiore a seguirlo genuinamente, quelli che avevano la forza di negare la loro partecipazione alla società in modo da potersi liberare dalle cause. Sono la parte dei monaci, per questo i monaci non li elegge in qualche modo nella somma della natura umana ma dice “Nessuno viene a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato”.

Coloro che avevano la forza, la volontà di negare la società in quanto non necessaria, ma di amare Dio in quanto sono obbligati perché questo è il primo e principale comandamento. Amare Dio con tutta la loro anima, tutto il loro cuore e la loro mente come Lui ci ha amati e ha sacrificato suo Figlio per la nostra salvezza. Le anime elette che hanno avuto il potere di negare la società non perché la società sia in sé colpevole, ma piuttosto perché, dopo la caduta, dopo il decadimento, la società pervertita, non si regge bene. Quindi chi vuole diventare puro di cuore come Dio vuole che sia e come Dio lo ha creato, deve evitare le cause.

Con la nostra caduta e la perdita della “sua immagine e somiglianza”, ci siamo pervertiti, e ora l’uomo è vittima dell’influenza. Paolo lo descrive “[…], ma io sono carnale, venduto sotto il peccato”. Dice che vedo il bene e lo preferisco, ma non posso farlo. Il male che cerco di evitare mi preme. Descrive il modo in cui funziona la perversione.

Dopo che l’uomo è diventato vittima dell’influenza, la porta si è aperta e così il demone pernicioso la usa come base della caduta, per poter combattere l’uomo. Coloro che sono stati attratti da Cristo e hanno lasciato la società, l’hanno sentito solo nella loro ipostasi biologica. Un uomo ha bisogno di tre cose: un piatto di cibo, vestiti e una casa in cui vivere. Questa è la sana conquista universale che riporterà l’uomo all’equilibrio. Nella società, invece, questo principio non è possibile applicarlo, perché all’interno della società, dove nascono le persone, bisogna prendersi cura di più bisogni. Questi bisogni e preoccupazioni aprono la porta al diavolo perché possa provocare scandali e ostacolare la salvezza. Costoro, che furono chiamati da Dio, tutto rifiutarono perché capirono che tutto ciò non era necessario. Partirono lontano, rifiutarono persino la loro personalità e ad essi resta un solo scopo… di orientare il cuore e la mente verso l’amore divino e verso l’osservanza accurata dei suoi comandamenti poiché li ha inclusi nella parte dei Santi affinché diventino eredi delle promesse divine. “Ma a quanti lo hanno accolto, a loro ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli che credono nel suo nome”. Quindi, coloro che custodiranno la volontà divina – nella sua pienezza – hanno diritto a questa promessa.

I monaci, però, perché hanno una maggiore facilità grazie al fatto che hanno negato tutto e non ci sono ragioni perché il diavolo li inciti, sono organizzati, hanno poco cibo, un vestito da indossare, una stanza per dormire e non hanno altre preoccupazioni. Si preoccupano solo quando hanno un surplus di amore e solidarietà. Per questo comunicano con coloro che vogliono beneficiare spiritualmente ed essere salvati. Custodiscono la Verità del Vangelo fino all’ultimo dettaglio; insegnano la via pratica del pentimento e del ritorno e conservano e contengono la continuità della chiesa e la rivelazione fino a quel giorno. E la cosa più vicina è la morte. Tutti marciano verso la morte, volenti o nolenti. La morte non ha tempo. È vicina sin dall’infanzia e arriva quando vuole. Ma non c’è morte per l’uomo. Chi è “a sua immagine e somiglianza” non può morire. Il corpo morirà, lo lasceremo qui per un po’ di tempo e poi lo riprenderemo e ci presenteremo al Tribunale, il Grande Giudizio, in modo che Colui che non solo ci ha creati, ma ci ha anche comprato con il proprio sangue, ha pagato per la nostra tolleranza del peccato con il Suo stesso sangue, ci chiederà: “Hai fatto qualcosa per Me? Hai apprezzato l’amore che ti ho mostrato?”. Il processo si svolgerà lì. Lì saremo chiamati a dimostrare che lo abbiamo amato con gli atti o, anche se non siamo riusciti così, siamo comunque riusciti a cancellare i nostri peccati attraverso il pentimento, così di nuovo ci accetta.

Guarda che amore senza confini! Noi l’abbiamo tradito, l’abbiamo rinnegato, l’abbiamo rattristato e sempre siamo rimasti ai margini dell’ignoranza e dell’ingratitudine; Egli ancora non cambia la sua natura paterna. Lui va più in basso e ci dà il pentimento come se dicesse: “Va bene, se non hai onorato ciò che hai promesso durante il tuo Battesimo, chiedi almeno perdono dei tuoi errori e io ti perdonerò”. Questo si chiama pentimento. Naturalmente, il pentimento è molto più di quello che ho brevemente detto.

Tuttavia, il pentimento è un dovere assoluto, tanto più necessario e applicabile a voi, nostri fratelli che vivete nel mondo e non potete evitare le cause [del peccato]. Soprattutto, oggi, nel nostro secolo, assistiamo a una tale perversione e decadimento legati alla personalità umana che non sono mai esistiti prima nella storia umana. I motivi sono tanti. Per questo, ti prego, nel tuo amore, custodisci con tutte le tue forze il pentimento e rendi grazie a Dio che ci ha rattristato affinché nel Giorno della Giustizia possiamo dire “anche se non abbiamo mantenuto ciò che ci hai chiesto, almeno, abbiamo chiesto perdono attraverso il nostro pentimento in modo che tu possa perdonarci”.

Ora mi rivolgo a noi, monaci. Noi monaci abbiamo come scopo e punto di partenza della nostra esistenza il pensiero e la contemplazione della nostra origine. Nessun atto può aver luogo prima di essere pianificato. Uno vuole avviare un’impresa; pianifica in anticipo. Ha in mente il luogo, i mezzi, le entrate attese e in base a tutto questo, parte. Lo stesso vale per la scala spirituale. Siamo stati chiamati qui, siamo stati attratti dall’amore divino, ma Dio non ci ha tolto la nostra libertà. Siamo liberi di sottometterci, se lo desideriamo, per fare come Lui ci ha chiesto e Lui ci restituirà anche più di quello che chiediamo o pensiamo. Per questo, ora siamo seduti qui, iniziamo dall’obbedienza e dalla sottomissione. Iniziamo con il sacrificio di noi stessi, attenuando la nostra volontà e opinione. Chiediamo alla conoscenza divina di avvicinarsi a noi e illuminare la nostra mente.

Oltre a questo, abbiamo al nostro fianco i milioni di Santi, che hanno copiato con precisione matematica il nostro Padre, il nostro Salvatore e sono riusciti a santificarsi. Chi può dire oggi che il cristianesimo è irraggiungibile? Quando milioni di eroi che si sono sacrificati, che hanno subito il martirio, sono riusciti a respingere la perversione, il delitto, la menzogna, la disonestà, l’ingiustizia. ‘E preferì l’amore e la prudenza e raggiunse la santificazione’. Fratelli miei, questa è la realtà. Abbiamo persone simili anche ai nostri giorni. Non solo in passato, anche ai giorni nostri. Abbiamo tra noi tali persone che sono portatrici della promessa divina, che comunicano con Dio, partecipi delle promesse divine, partecipi della conoscenza di Dio e attendono la morte con desiderio. Facciamo in modo che i legami si ritirino e torneremo nella nostra patria dove il nostro Signore ha preparato la nostra casa. Dice: ‘vado a prepararti un posto e di nuovo tornerò a prenderti perché dove sono io tu possa essere con me’. Tutto ciò travolge l’ideologia monastica ed i monaci negano la vanità del mondo perché non è necessaria, hanno solo bisogno dell’ipostasi biologica.

Ve lo chiedo, specialmente ai più grandi, che vivono ancora nel mondo. Cosa hai guadagnato fino ad ora nel caos della confusione del mondo? Quando la promessa divina testimonia che andremo in Paradiso per incontrare i Santi e gli angeli ci accoglieranno. Colui che vive nel mondo è riuscito a sperimentarlo? Per questo i monaci hanno negato la società perché lì si trovano le cause [del peccato]. Lontani da queste cause, qui, in questo luogo, si dedicano con tutto il cuore all’amore di Cristo e del prossimo e si fanno partecipi delle promesse divine.

Questo avviene oggi, non solo nel passato. Per favore perdonami perché la mia salute non mi permette molte cose ma per l’impulso della legge dell’amore, volevo ricordarti alcune lezioni necessarie. Perché, fratelli miei, domani c’è la morte. La morte ha un calendario. Inizia dall’infanzia e va avanti. Per i piccoli ed i grandi, i primi e gli ultimi, arriverà la morte. Dopo la morte, però, l’uomo non muore come abbiamo detto. Abbandoneremo il corpo per un po’. Ma nella risurrezione lo riavremo intatto e vivo e insieme alla nostra anima marceremo verso la Corte. Abbiamo dimostrato amore e fede a Colui che è stato sgozzato, che è stato crocifisso per comprarci con il suo sangue e ci ha mostrato – in modo concreto – la via del ritorno?

Questo è il nostro dovere, fratelli. Per questo, vi prego, nel Suo amore, che tutti noi con nuove decisioni ci troviamo pronti con vero pentimento a convincere la misericordia del nostro Dio che chiediamo perdono per i nostri errori e abbiamo preso la decisione da questo momento in poi di negare la perversione e salvaguardare l’equilibrio della dignità. 

Amen!