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L’ANTICRISTO STA ARRIVANDO IN GEORGIA

dell’Archimandrita Lazar (Abashidze)

Nella nostra Chiesa, i fedeli e anche una parte del clero predicano l’avvicinarsi di una “illuminazione” o rinascita religiosa. Dicono che sta arrivando un momento luminoso per i cristiani, che negli ultimi tempi apocalittici l’anticristo regnerà in tutto il mondo, ma non entrerà mai in Georgia, ecc.

Per quanto forse rapiti da questi sogni piacevoli e dolci, preoccupati di riordinare esteriormente chiese e luoghi di ispirazione (in attesa di quell’epoca meravigliosa), un gran numero di clero e laici nemmeno se ne accorgono (o forse non vogliono accorgersene), come lo spirito dell’anticristo sta entrando in Georgia e affondando radici più profonde nelle anime delle persone, iniziando il suo regno in tutti gli strati della vita.

Ad esempio, nelle scuole vengono introdotti programmi di “educazione sessuale”, mentre vengono cancellati i corsi di storia nazionale: enormi somme di denaro affluiscono in Georgia, dal seno stesso di Satana in Europa, per introdurre questi programmi!

Cosa significa questo? Chiunque studi attentamente questo progetto chiamato “educazione sessuale”, o guardi i nuovi libri di testo, vedrà chiaramente il desiderio del loro creatore: che un bambino fin dai primi anni inizi ad apprendere ogni sorta di depravazione sessuale. Il loro obiettivo è trasformare la ricerca del piacere lussurioso nello scopo principale della vita.

Sta iniziando una terribile e crudele persecuzione contro la coscienza umana, i valori morali e la spiritualità.

Ma perché i politici mondiali ne hanno bisogno? Perché non badano a spese, spendono ingenti somme di denaro per comprare la coscienza sia dei genitori che dei figli?

Perché ora, in tutto il mondo, è in corso un lavoro attivo per aprire la strada all’anticristo, e a capo di tutti questi programmi ci sono gli stessi poteri oscuri.

Ritengono della massima importanza preparare una sorta di ordine mondiale generale; cioè, preparare le persone ad avere tutti gli stessi interessi, tutti gli stessi desideri, tutti gli stessi impulsi, perché solo allora sarà possibile introdurre un leader mondiale e avere il controllo su tutta l’umanità. Solo allora il diavolo potrà realizzare il suo antico sogno: che tutta l’umanità lo adori come il signore dio.

Per fare ciò devono cancellare tutto dalle persone: l’individualità, il pensiero elevato e una vita comune di idee e spiritualità.

Un immorale che non conosce la propria patria, che non conosce l’esperienza e le ricchezze spirituali dei suoi antenati, che non cerca altro che piaceri passeggeri, che vive solo per il presente: questo è il miglior materiale possibile per creare masse che possano essere soggetti passivamente all’opinione comune a favore del nuovo ordine mondiale.

Una persona che si lascia controllare rigorosamente, che non ha idee, non ha anima. Sarà pronto a liberarsi di tutte queste cose per amore della libertà da tutto: dalla sua coscienza, dalla vergogna, dalle restrizioni morali. Sarà pronto a pagare per la libertà, a peccare per amore dei diritti, a compiacere la carne con i benefici di questo “paradiso terrestre” e a godersi le comodità materiali tecnologiche senza sentire alcun rimorso di coscienza.

Con tutto ciò si presuppone che questa persona debba rimanere religiosa: l’anticristo desidera che gli uomini si inchinino e non solo davanti a un uomo di talento, ma davanti alla divinità.

Dietro di lui ci sono gli spiriti delle tenebre, che ardono di sete di adorazione divina.

Ma questa religiosità deve essere laica (libera da qualsiasi influenza da parte della Chiesa), non conoscendo alcuna Verità, ma solo un surrogato mistico che somigli vagamente alla verità.

Quindi, per creare questa nuova società, sono necessari tre fattori: religiosità ecumenica (religione senza grazia), immoralità (una persona che ha perso la coscienza), e una rottura con il legame tra lui e la sua precedente cultura morale e spirituale (una società senza storia).

Il terzo fattore è necessario perché il sentimento nazionale, spesso ricevuto dagli antenati, arricchisce l’uomo con la vera saggezza, gli insegna a ritornare ai suoi padri e a seguire quei valori spiritualmente elevati e morali che essi hanno sempre apprezzato. Ma questo solido fondamento – la base della saggezza e della moralità – deve essere distrutto.

Così una persona comincia ad assomigliare ad una foglia strappata dalle sue stesse radici, che volteggia nelle acque turbolente e fangose ​​insieme a migliaia di altri come lui giù nell’abisso oscuro.

Se questo programma verrà accettato nelle nostre scuole, i georgiani verranno bruciati alla radice dalle fiamme dell’inferno!

Tra pochi decenni, in Georgia si imboccherà la strada di Sodoma e Gomorra, e senza dubbio finirà per condividerne il destino. Non è un caso che cerchino di nutrire i più piccoli con questo semplice veleno, per avvelenare le loro anime. Stanno scommettendo seriamente sulla nuova generazione.

Ora tutto dipende da noi; e la cosa più terrificante è che le persone tacciono. I sacerdoti e il clero tacciono e solo raramente si sente una voce di avvertimento. Se non gridano al pericolo imminente, se non protestano, se non incitano i cristiani a combattere questo male, se non riportano alla ragione con leggi severe coloro che hanno apostatato da Cristo, allora la porta sarà spalancata e il tappeto srotolato affinché l’anticristo entri in Georgia.

Il timore di Dio è l’inizio della saggezza (Sal 110). E la liberazione dalla paura è l’inizio della follia di massa!

Archimandrita Lazar (Abashidze)
FONTE: Pravoslavie.ru

13/04/2016




San Giovanni Damasceno: L’incarnazione del Verbo

Pertanto l’uomo soggiacque all’invidia del diavolo: infatti il demonio invidioso e odiatore del bene, caduto in basso a causa della sua ribellione, non sopportava che noi ottenessimo i beni di sopra, e perciò egli il mentitore adescò il misero con la speranza della divinità; e avendolo innalzato all’altezza della sua sollevazione, lo menò giù verso l’abisso di caduta simile al suo.

Dunque in questo modo l’uomo era stato abbindolato dall’assalto dell’iniziatore del male e non aveva custodito il comando del Creatore, si era denudato della grazia, si era spogliato della confidenza in Dio, si era rivestito della scabrosità di una vita miserevole (questo indicano infatti le foglie di fico), si era cinto della condizione di morte, ossia della mortalità e della grossezza della carne (infatti questo indica il vestimento delle pelli morte), era stato bandito dal paradiso secondo il giusto giudizio di Dio, era stato condannato alla morte ed era stato assoggettato alla corruzione. Ma il Compassionevole, che gli aveva dato l’essere e gli aveva donato il ben-essere, non lo trascurò e anzi in un primo tempo lo ammaestrò e lo chiamò alla conversione in molti modi: con il gemito e il tremore, con il diluvio dell’acqua e la quasi totale rovina di tutta la stirpe, con la confusione e la divisione delle lingue, con la tutela degli angeli e con l’incendio delle città, con teofanie attraverso figure, con guerre, con vittorie, con sconfitte, con segni e con portenti, con varie potenze, con la legge, con i profeti. E attraverso queste cose lo scopo era la rimozione del peccato – che si era diffuso in molti modi, aveva asservito l’uomo e aveva ammassato sulla vita ogni specie di malvagità – e il ritorno dell’uomo al ben-essere.

D’altra parte, poiché a causa del peccato la morte era entrata nel mondo rovinando la vita umana come un animale selvaggio e feroce, di conseguenza era necessario che colui che si accingeva a riscattarla fosse senza peccato e non soggetto alla morte a causa di esso.

Ma anche era necessario che la natura fosse rinforzata e rinnovata e che con l’esempio concreto fosse indicata e insegnata la strada della vita, che allontana dalla corruzione e conduce alla vita eterna: e perciò infine fu mostrato il grande mare dell’amore per l’uomo. Infatti lo stesso Creatore e Signore assume su di sé la lotta per la creatura da lui plasmata e diventa maestro con i fatti; e poiché il nemico inganna l’uomo con la speranza della divinità, ora viene ingannato con il dispiegamento della carne e contemporaneamente è mostrata la bontà, la sapienza, la giustizia e la potenza di Dio. È mostrata la bontà, perché egli non trascurò la debolezza della sua propria creatura, ma ebbe compassione di essa che era caduta e le stese la mano. È mostrata la giustizia, perché – dopo che l’uomo era stato sconfitto – egli non fece che un altro vincesse il tiranno, e non strappò l’uomo alla morte con la violenza, ma egli, il Buono e il Giusto, rese di nuovo vincitore colui che la morte aveva prima asservito attraverso il peccato, e salvò – cosa impossibile – il simile con il simile. Ed è mostrata la sapienza, poiché trovò la più conveniente soluzione dell’impossibilità: infatti con il beneplacito di Dio Padre il Figlio unigenito Verbo di Dio e Dio, che è nel seno di Dio Padre, consustanziale al Padre e al Santo Spirito, precedente al tempo, senza principio, che era in principio ed era presso Dio Padre ed era Dio, pur sussistendo nella forma di Dio abbassò i cieli e discese: e cioè, abbassando senza abbassamento la sua inabbassabile altezza, discende presso i suoi servi con una discesa indicibile e incomprensibile (infatti la sua discesa mostra proprio questo) e, pur essendo Dio perfetto, diventa uomo perfetto e compie la cosa più nuova di tutte le cose nuove, l’unica cosa nuova sotto il sole, attraverso cui si manifesta l’infinita potenza di Dio. Infatti che cosa può essere più grande del fatto che Dio diventa uomo? Senza mutamento il Verbo si fece carne dallo Spirito Santo e dalla santa semprevergine Maria Madre di Dio: e diventa mediatore fra Dio e gli uomini, non per volontà, o per desiderio o per congiunzione di un uomo, e neanche per una generazione compiuta col piacere, essendo stato concepito nel seno immacolato della Vergine per opera dello Spirito Santo e secondo la prima nascita di Adamo. E si fa obbediente al Padre per sanare la nostra disobbedienza con l’aggiunta di ciò che è simile a noi e proviene da noi, essendo diventato per noi modello dell’obbedienza senza cui non è possibile ottenere la salvezza. Infatti l’angelo del Signore fu mandato alla santa Vergine, discendente dalla tribù di Davide: «È noto infatti che il Signore nostro è germogliato da Giuda», «e di questa tribù nessuno si accostò all’altare», come dice il divino Apostolo (e intorno a ciò diremo poi più accuratamente). E portando a lei l’annunzio disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». Ella fu turbata dal discorso, e l’angelo disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio, e genererai un figlio e lo chiamerai Gesù. Infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati». Perciò anche il nome «Gesù» significa «salvatore». E poiché ella dubitava: «Come ciò mi avverrà? Poiché non conosco uomo», l’angelo di nuovo le disse: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su di te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà da te sarà santo e chiamato Figlio di Dio». Ed ella a lui: «Ecco la serva del Signore: avvenga a me secondo la tua parola».

Quindi, dopo il consenso della santa Vergine lo Spirito Santo venne su di lei secondo la parola del Signore che l’angelo aveva proferito, purificandola, fornendole una facoltà ricevitrice della divinità del Verbo e, insieme, anche generatrice. E allora la Sapienza e la Potenza in sé sussistente di Dio Altissimo, il Figlio di Dio consustanziale al Padre, stese la sua ombra su di lei, a guisa di seme divino, e dal sangue casto e purissimo di lei si costituì una carne animata da un’anima razionale e intelligente, primizia della nostra massa: non mediante un seme ma per creazione per mezzo del Santo Spirito, e non completandosi la forma per aggiunte poco alla volta ma essendosi compiuta in una sola volta. Lo stesso Verbo di Dio fece da ipostasi alla carne: infatti il Verbo di Dio non si unì a una carne precedentemente sussistente per se stessa ma, avendo preso dimora nel seno della santa Vergine senza esserne circoscritto, fece sussistere nella sua propria ipostasi dal sangue casto della semprevergine una carne animata da un’anima razionale e intelligente, e assunse la primizia della nostra massa, egli stesso il Verbo diventando ipostasi per la carne. Cosicché questa contemporaneamente fu carne e contemporaneamente carne di Dio Verbo, contemporaneamente carne animata, razionale e intelligente e contemporaneamente carne animata, razionale e intelligente di Dio Verbo.

Perciò noi non diciamo un uomo diventato Dio, ma un Dio diventato uomo. Infatti Colui che per natura era Dio completo, il medesimo diventò uomo completo, non essendosi mutato nella sua natura né avendo realizzato illusoriamente il suo piano, ma essendosi unito secondo l’ipostasi alla carne che egli aveva assunto dalla santa Vergine – animata di ragione e di intelligenza e avente in lui il suo essere: senza confusione, senza cambiamento e senza divisione, senza mutare la natura della sua divinità nella sostanza della carne oppure la sostanza della sua carne nella natura della sua divinità, e anche senza costituire una sola natura composta insieme dalla sua natura divina e dalla natura umana che egli aveva assunto.

In realtà, le nature si unirono l’una con l’altra senza mutamento e senza alterazione, senza che la natura divina si allontanasse dalla sua propria semplicità e senza che la natura umana si mutasse in quella della divinità o indietreggiasse alla non-esistenza, e senza che dalle due nascesse una sola natura composta. Infatti la natura composta non può risultare consustanziale né all’una né all’altra fra quelle da cui essa è stata costituita, perché da cose diverse ne sorge un’altra diversa: come, ad es., il corpo – che è composto dai quattro elementi – non può essere detto consustanziale al fuoco né è chiamato fuoco, e neanche è detto aria, o acqua, o terra, e non è consustanziale ad alcuna di queste. E quindi se, conformemente agli eretici, dopo l’unione il Cristo fosse risultato di una sola natura composta, di conseguenza si sarebbe mutato da natura semplice in natura composta, e non sarebbe più consustanziale al Padre – che è di natura semplice – e neanche a sua madre (giacché questa non è composta da divinità e umanità): inoltre non sarebbe nella divinità e neanche nell’umanità, e non sarebbe chiamato né Dio né uomo ma soltanto Cristo: e la parola «Cristo» non sarebbe nome della persona ma dell’unica natura conforme alla loro opinione. Invece noi insegniamo che il Cristo non è di una sola natura composta e non è derivante da cose diverse che diventano un’altra cosa – come dall’anima e dal corpo l’uomo, oppure come il corpo dai quattro elementi –, ma è derivante da cose diverse le medesime: infatti proclamiamo che, composto dalla divinità
dall’umanità, egli il medesimo è ed è detto Dio perfetto e uomo perfetto, da due e in due nature. Diciamo il nome «Cristo» come proprio dell’ipostasi, ma non lo diciamo unilateralmente bensì come significante delle due nature. Infatti egli stesso unse se stesso: come Dio, ungendo il corpo con la sua divinità, ma essendo unto in quanto uomo: infatti egli è questo e quello. E l’unzione dell’umanità fu la divinità. Infatti se il Cristo fosse consustanziale al Padre essendo di una sola natura composta, allora anche il Padre sarebbe composto, e consustanziale alla carne: il che è assurdo e colmo di ogni bestemmia. D’altra parte, come una sola natura sarebbe capace di accogliere opposte differenze essenziali? Come è possibile che una stessa natura sia nel medesimo tempo creata e increata, mortale e immortale, circoscritta e incircoscritta? Inoltre se – affermando Cristo di una sola natura – la dicono semplice, allora o lo riconoscono soltanto Dio, e introducono la sua in-umanizzazione come un’illusione, oppure lo riconoscono semplice uomo, conformemente a Nestorio. E dove starebbe «ciò che è perfetto in divinità» e «ciò che è perfetto in umanità»? E se dicono che dopo l’unione il Cristo è di una sola natura composta, in quale momento diranno che egli è di due nature? Infatti è chiaro a chiunque che prima dell’unione Cristo sarebbe stato di una sola natura. In effetti questo è ciò che produce l’errore agli eretici, e cioè il dire che la natura e l’ipostasi sono la medesima cosa. Poiché noi diciamo che una è la natura degli uomini, bisogna sapere che noi non lo diciamo pensando alla definizione dell’anima e del corpo: infatti sarebbe impossibile dire che l’anima e il corpo, confrontati fra loro, sono di un’unica natura. Ma poiché le ipostasi degli uomini – che sono moltissime – ricevono tutte la medesima definizione della natura (infatti esse sono composte tutte di anima e di corpo, e tutte partecipano della natura dell’anima e posseggono la sostanza del corpo), diciamo una sola natura per la comune specie delle moltissime e differenti ipostasi, mentre è chiaro che a sua volta ogni ipostasi porta con sé due nature e si compie in due nature, cioè quella dell’anima e quella del corpo. Invece, in riguardo a nostro Signore Gesù Cristo non è possibile pensare a una specie comune. Infatti non ci fu, né c’è, né mai ci sarà un altro Cristo di divinità e di umanità, egli che è il medesimo, Dio perfetto e uomo perfetto in divinità e in umanità. E quindi non è possibile dire una sola natura in riguardo al Signore nostro Gesù Cristo. Perciò diciamo che l’unione è avvenuta da due nature perfette, quella divina e quella umana: non per impastamento, o per confusione, o per mescolanza, come dissero Dioscoro scacciato da Dio, Eutiche, Severo e la loro empia compagnia; e neanche facciale, oppure relativa, o per dignità, o per identità di volontà, o per uguaglianza di onore, o per omonimia, o secondo il beneplacito, come dissero Nestorio odioso a Dio, Teodoro di Mopsuestia e la loro diabolica adunanza; ma invece per composizione e cioè secondo l’ipostasi, senza mutamenti, senza confusione, senza divisione e senza separazione. E confessiamo una sola ipostasi dell’incarnato Figlio di Dio in due nature che sono perfette, dicendo la medesima ipostasi della sua divinità e della sua umanità e proclamando che le due nature sono conservate in lui dopo l’unione: non ponendole ciascuna per sé e a parte, ma unite fra loro in una sola ipostasi composta. Infatti diciamo essenziale l’unione, e cioè vera e non per apparenza; e inoltre «essenziale» non come se le due nature compissero una sola natura composta, ma perché esse sono unite veramente tra di loro nell’unica ipostasi composta del Figlio di Dio. E anche definiamo che
la loro differenza essenziale è conservata integra: infatti ciò che era stato creato rimase creato e l’increato rimase increato, il mortale rimase mortale e l’immortale rimase immortale, il circoscritto rimase circoscritto e l’incircoscritto rimase incircoscritto, il visibile rimase visibile e l’invisibile rimase invisibile: «l’uno risplende con i miracoli, l’altro soccombe alle violenze». Il Verbo si appropria le cose umane (infatti è suo tutto ciò che è della sua santa carne) e partecipa alla carne ciò che è suo proprio, secondo il principio dello scambio – attraverso la compenetrazione delle parti fra di loro e attraverso l’unione secondo l’ipostasi – e proprio perché era uno e il medesimo Colui che «operava» le cose divine e le cose umane «in ciascuna forma secondo la comunanza reciproca». Perciò anche il Signore della gloria è detto essere stato crocifisso, benché la sua natura non soffrisse, e il Figlio dell’uomo è confessato essere nel cielo prima della passione, come disse proprio il Signore. Infatti era uno e il medesimo il Signore della gloria e colui che per natura e realmente nacque «Figlio dell’uomo», e cioè uomo: e noi riconosciamo i miracoli e le sofferenze, anche se secondo un operava miracoli e secondo l’altro egli il medesimo sottostava alle sofferenze. Infatti sappiamo che, come una sola è la sua ipostasi, d’altra parte è anche conservata integra la differenza essenziale delle nature. E come si conserverebbe integra la differenza, se non si conservassero integre le cose che hanno la differenza fra loro? Infatti la differenza è
differenza di cose che differiscono. E quindi seguendo il principio essenziale per il quale le nature del Cristo differiscono fra loro – e cioè il principio relativo alla sostanza – noi diciamo che egli partecipa con gli estremi: secondo la divinità, con il Padre e con lo Spirito; secondo l’umanità con la madre e con tutti gli uomini: giacché il medesimo è consustanziale secondo la divinità con il Padre e con lo Spirito, e secondo l’umanità con la madre e con tutti gli uomini. Ma d’altra parte, seguendo il principio per il quale le sue nature si uniscono noi diciamo che egli differisce sia dal Padre e dallo Spirito, sia dalla madre e dagli altri uomini: infatti le sue nature si uniscono per l’ipostasi, avendo esse un’unica ipostasi composta, secondo la quale egli differisce sia dal Padre e dallo Spirito sia dalla madre e da noi.

San Giovanni Damasceno, la Fede Ortodossa, Libro III, cap. I-II-III




La Regola di San Pacomio il Grande

Per le preghiere dei nostri santi Padri, Signore Gesù Cristo, nostro Dio, abbi pietà di noi. 

Amen. Gloria a te, nostro Dio, gloria a te. 

Re celeste, Consolatore, Spirito di Verità, che sei ovunque presente e riempi ogni cosa, Tesoro dei beni e Datore di vita: vieni ad abitare in noi, purificaci da ogni macchia e salva, o Buono, le anime nostre.

Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale, misericordia di noi. (Tre volte)

Gloria al Padre, al Figlio e al Santo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

Santissima Trinità, abbi pietà di noi. Signore, cancella i nostri peccati. Sovrano, perdona le nostre iniquità. Santo, visita e guarisci le nostre infermità per amore del Tuo nome.

Signore, abbi pietà. (Tre volte)

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane sovrasostanziale e rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori; e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal maligno. Amen.

O Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di noi. Amen.  

Kyrie eleison. (Dodici volte)

Gloria al Padre, al Figlio e al Santo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

Venite, adoriamo Dio nostro Re.

Venite, adoriamo e prostriamoci davanti a Cristo nostro Re e Dio.

Venite, adoriamo e prostriamoci davanti a Cristo stesso, nostro Re e Dio.

Salmo 50

Abbi pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia; e secondo la moltitudine delle tue compassioni cancella la mia trasgressione. Lavami completamente dalla mia iniquità e purificami dal mio peccato. Poiché conosco la mia iniquità e il mio peccato è sempre davanti a me. Contro te solo ho peccato e ho fatto questo male davanti a te, affinché tu sia giustificato nelle tue parole e prevalga quando sei giudicato. Poiché ecco, io sono stato concepito nelle iniquità, e mia madre mi ha generato nei peccati. Poiché ecco, tu hai amato la verità; le cose nascoste e segrete della Tua saggezza mi hai manifestate. Mi aspergerai con issopo e sarò puro; Mi laverai e sarò reso più bianco della neve. Mi farai sentire gioia e letizia; le ossa umiliate si rallegreranno. Distogli il tuo volto dai miei peccati e cancella tutte le mie iniquità. Crea in me, o Dio, un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito retto. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo Santo Spirito. Restituiscimi la gioia della Tua salvezza e confermami con il Tuo Santo Spirito. Insegnerò le tue vie ai trasgressori e gli empi torneranno a te. Liberami dal sangue versato, o Dio, Dio della mia salvezza; la mia lingua si rallegrerà della tua giustizia. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclamerà la tua lode. Perché se tu avessi desiderato il sacrificio, lo avrei dato; degli olocausti non ti compiacerai. Un sacrificio a Dio è uno spirito affranto; un cuore spezzato e umiliato Dio non lo disprezzerà. Fa’ del bene, o Signore, nel tuo beneplacito a Sion, e siano riedificate le mura di Gerusalemme. Allora gradirai il sacrificio di giustizia, l’oblazione e gli olocausti. Allora offriranno vitelli sul tuo altare.

Il Credo

Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, Creatore del cielo e della terra e di tutte le cose visibili e invisibili. E in un solo Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio, l’Unigenito, generato dal Padre prima di tutti i secoli; Luce della Luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato; di una sola essenza con il Padre, dal quale tutte le cose sono state fatte; Il quale per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, si incarnò nello Spirito Santo e nella Vergine Maria, e si fece uomo; E fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì e fu sepolto; E risuscitò il terzo giorno secondo le Scritture; E salì al cielo e siede alla destra del Padre; E verrà di nuovo, con gloria, per giudicare sia i vivi che i morti e il suo regno non avrà fine. E nello Spirito Santo, che è Signore è dà la vita, e procede dal Padre e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo nella Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica. Confesso un solo battesimo per la remissione dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita nel mondo che verrà. Amen.

La preghiera di Gesù:

          O Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore.   ( 100 volte)

Il licenziamento

È davvero doveroso benedire te, Oh Theotokos, sempre benedetta e irreprensibile, e Madre del nostro Dio. Più venerabile dei Cherubini e senza paragone, più gloriosa dei Serafini, Tu che senza corruzione hai partorito il Verbo Dio, quale vera Theotokos, noi ti magnifichiamo.

Gloria al Padre, al Figlio e al Santo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli.   Amen.

Kyrie eleison. (Tre volte)      

O Signore, benedici.

O Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, per le preghiere della tua purissima Madre, dei nostri santi e teofori padri e di tutti i santi, abbi pietà di noi e salvaci, perché tu sei buono e amante dell’uomo.   Amen.




San Giustino (Polyansky): La preghiera

1. Cos’è la preghiera?

La preghiera è il dialogo tra il nous e il cuore del cristiano e Dio, rivolto a Lui per glorificare il suo santo nome, o per rendergli grazie, o per implorare da Lui tutto ciò di cui abbiamo bisogno per la vita spirituale e corporea. Esistono quindi tre tipi di preghiera: dossologia, ringraziamento e supplica.

L’opera della preghiera è la prima, la più importante nella vita di un cristiano. La preghiera è il respiro e la vita del nostro spirito, tale che se abbiamo preghiera, allora il nostro spirito è vivo; e se non abbiamo la preghiera, non c’è nemmeno vita nello spirito.

La preghiera è molto benefica per l’anima, per il corpo e per il benessere esteriore del cristiano: avvicinando l’anima a Dio, la preghiera la illumina, guarisce le sue infermità e la riempie di gioia spirituale; la preghiera rafforza la salute del corpo, guarisce le malattie e invoca la benedizione di Dio sulle fatiche dell’uomo e su tutte le sue attività terrene.

La preghiera è sia interna che esterna: la preghiera interna è quella che si compie nell’anima di un uomo; la preghiera esterna è quella accompagnata da segni esterni ed eseguita visibilmente.

Abbiamo una moltitudine di preghiere scritte, sia nella parola di Dio che nelle opere dei Santi Padri, e soprattutto nei libri liturgici della Chiesa. L’esempio più alto di tutte le preghiere è la Preghiera del Signore, il “Padre Nostro”.

E non ci è proibito pregare con preghiere brevi, la principale delle quali è: “Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!” È anche possibile che ciascuno di noi reciti le proprie preghiere, secondo le proprie necessità, a condizione che queste preghiere siano dette con vera pietà e siano permeate di amore per Dio.

Tutta la nostra preoccupazione quando preghiamo dovrebbe essere che sentimenti di riverenza verso Dio sorgono nel nostro cuore uno dopo l’altro: sentimenti di umiliazione, fedeltà, gratitudine, dossologia, supplica, contrizione, sottomissione alla volontà di Dio, caduta con zelo ai Suoi piedi , e così via, affinché la nostra anima possa essere piena di questi sentimenti e il nostro cuore non sia vuoto. Quando proviamo questi sentimenti, diretti verso Dio, allora la nostra regola di preghiera è la preghiera, e quando non li abbiamo, la nostra regola di preghiera non è ancora la preghiera. La preghiera, ovvero il desiderio del cuore per Dio, deve essere risvegliato, e una volta risvegliato deve essere rafforzato; o, in altre parole, dobbiamo acquisire e coltivare uno spirito orante.

Il metodo e i mezzi per acquisire uno spirito orante si trovano nelle stesse preghiere che preghiamo come dovremmo. Leggi o ascolta la regola di preghiera come stabilito, e certamente susciterai e rafforzerai l’ascesa a Dio nel tuo cuore; cioè, entrerai in uno spirito di preghiera. Una grande forza orante è all’opera nelle preghiere dei Santi Padri, e chi vi entra con tutta la sua attenzione e zelo, certamente assaggerà questa forza orante nella misura in cui il suo stato d’animo converge con il contenuto della preghiera. Per fare della nostra regola di preghiera un vero mezzo per coltivare la preghiera, dobbiamo pregare affinché sia ​​il pensiero che il cuore percepiscano il contenuto delle preghiere che compongono la nostra regola di preghiera, dice il vescovo [San] Teofane [il Recluso], un famoso, grande ed esperto uomo di preghiera.

Ma tale preghiera non deve essere affrontata con leggerezza, senza pensare, a casaccio: da tale preghiera non verrà nulla, tranne il solo peccato. No, amati, per la preghiera corretta e salvifica dobbiamo prepararci con cura, con tutta l’attenzione.

Amen.

2. Come prepararsi alla preghiera?

San Dmitrij di Rostov insegna:

La preghiera è il volgere la mente e i pensieri a Dio. Pregare significa stare davanti a Dio con la mente, fissarlo fissamente con il pensiero e conversare con Lui con riverente timore e speranza. Se dunque vuoi pregare, raccogli tutti i tuoi pensieri, metti da parte tutte le preoccupazioni esterne e terrene, presenta la tua mente a Dio e guardalo.

Ne consegue che prima di iniziare a pregare e leggere la tua regola di preghiera, alzati un po’ o cammina un po’, fai smaltire la sbornia della tua mente, allontanandola da tutti gli affari e gli oggetti terreni, e pensa: Chi sei tu, chi desideri pregare, e chi è Colui che vuoi pregare? E suscita nella tua anima una corrispondente disposizione di autoumiliazione e il senso di stare davanti a Dio penetrato da riverente timore reverenziale. Per questo, devi immaginare nel modo più vivido possibile la grandezza sconfinata del Dio eterno, onnipotente, onnipresente e onniveggente, per il Quale il Cielo è il Suo trono e la Terra il Suo sgabello; immaginalo così vividamente come se Egli fosse in piedi davanti a te, guardandoti e ascoltandoti.

Dio rivelò il Suo nome a Mosè, il sempre esistente e vivente, e Mosè si prostrò davanti a Lui con grande timore e tremore. Dio disse ad Abramo: “Io sono Dio onnipotente, esistente sempre e ovunque; cammina davanti a me e sii irreprensibile”, e Abramo si confessò polvere e cenere davanti a Lui. Il venerabile Isaia vide il Signore sul trono alto e sovraesaltato, circondato da arcangeli e angeli, in una luce inavvicinabile, e si confessò peccatore. Il re Davide era così in sintonia che vide Dio alla sua destra e definì se stesso un verme, non un uomo. Questi sono esempi di come immaginare Dio e sintonizzarsi quando ci si prepara alla preghiera!

Poi, preparandosi alla preghiera, è necessario:

a) purificare la coscienza da ogni pensiero impuro e peccaminoso; 

b) raccoglierti e concentrare tutti i tuoi pensieri su Dio; 

c) eliminare soprattutto ogni inimicizia verso il prossimo, invidia e malizia. 

La preghiera stessa non deve essere detta altrimenti che nel nome del Signore Gesù Cristo, con indubbia fede e speranza di ricevere ciò che chiedi, con profonda umiltà, con disposizione sincera.

Dobbiamo sapere che oggetto delle nostre preghiere sia ciò che è gradito a Dio e santo, come: glorificare il nome di Dio, la salvezza nostra e quella del prossimo, e tra i beni temporali, solo ciò che è essenzialmente necessario per noi e per i nostri vicini. Inoltre, dobbiamo essere costanti nella preghiera, anche se a volte non riceviamo per molto tempo ciò che chiediamo. Sappiate infine anche che stare davanti a un’icona e fare prostrazioni non è preghiera, ma solo un accessorio della preghiera; recitare preghiere a memoria, o da un libro, o ascoltarle non è ancora preghiera, ma solo uno strumento della preghiera, o un mezzo per scoprirla e suscitarla. La preghiera stessa è, come abbiamo detto, l’emergere uno dopo l’altro di sentimenti di riverenza verso Dio nel nostro cuore: umiliazione, devozione, gratitudine, lode, supplica, contrizione, sottomissione alla volontà di Dio, prostrazione zelante davanti a Lui, e altri di questi sentimenti. Con questi pensieri e sentimenti, inizia le tue preghiere.

Amen.

3. Come pregare?

Dopo essersi adeguatamente preparato per la preghiera, il cristiano si alza per la preghiera con beata speranza: accende una candela o una lampada davanti alle sante icone, si protegge con il segno della croce, si prostra davanti a Dio e inizia la consueta regola della preghiera. Nell’adempimento della sua regola di preghiera, deve leggere senza fretta, penetrare in ogni parola, portare nel suo cuore il pensiero di ogni parola e accompagnare tutto questo con le prostrazioni e il segno della croce. Questa è l’essenza di una regola di preghiera gradita a Dio e fruttuosa .

Assorbi ogni parola della preghiera, portando nel tuo cuore il significato di ogni parola; cioè comprendi ciò che leggi e senti ciò che hai capito. Ad esempio, leggi: “Purificami da ogni impurità”: senti tutta la tua impurità, sii contrito al riguardo, desideri la purezza e supplicala dal Signore con completa speranza. Leggi: “Sia fatta la tua volontà” e, nel tuo cuore, affida completamente il tuo destino al Signore, con piena disponibilità ad affrontare bonariamente tutto ciò che il Signore ti manda. Leggi: “E rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori” – e nella tua anima perdona tutto a tutti, implorando così perdono per te stesso dal Signore Dio.

Se lo fai con ogni versetto della tua preghiera, quella sarà una regola di preghiera adeguata. E per realizzarla con maggior successo in questo modo, devi:

a) avere una regola di preghiera ben nota, non grande, in modo che con i tuoi affari abituali tu possa adempierla senza fretta; 

b) leggi e medita attentamente le preghiere della tua regola nel tuo tempo libero, comprendi e senti ogni parola della preghiera, per sapere in anticipo cosa dovrebbe esserci nel tuo cuore e nella tua anima con ogni parola, così sarà facile per te capire e sentire cosa stai leggendo durante la tua regola di preghiera.

Se durante la preghiera i tuoi pensieri volano verso altri argomenti, sforzati di mantenere l’attenzione e riporta il pensiero all’argomento della preghiera; e di nuovo vola via, di nuovo riportalo indietro. Ripeti la lettura finché ogni parola della preghiera non sarà letta con comprensione e sentimento. Questo ti aiuterà a liberare la mente dalla distrazione nella preghiera. Ma San Basilio Magno si chiede: “Come possiamo ottenere la non distrazione nella preghiera?” E lui risponde: «Essere indubbiamente convinto che Dio è davanti ai tuoi occhi. Chi prega con questa convinzione avrà la mente che non si allontana da Colui che mette alla prova il cuore e le reni… Per questo non bisogna permettere che l’anima resti inoperosa nella contemplazione di Dio e delle sue opere e dei suoi doni. come dalla confessione e dalla gratitudine per tutto”.

E se qualche parola di preghiera ha un forte effetto sulla tua anima, devi fermarti su di essa, senza andare oltre. Rimani in questo luogo con attenzione e sentimento, nutri la tua anima con esso, o con i pensieri che esso produce. Non interrompere questo stato finché non passa da solo. Ciò significa che lo spirito di preghiera comincia a radicarsi nel cuore di chi prega in questo modo; e questo stato è il mezzo più affidabile per nutrire e rafforzare in noi lo spirito di preghiera.

Amen.

4. Cosa fare dopo la preghiera?

Avendo imparato a rivolgerti a Dio con il cuore e la mente leggendo le preghiere scritte, devi poi insegnare a te stesso a rivolgerti a Lui con i tuoi sospiri di preghiera il più spesso possibile.

Dopo aver terminato la regola di preghiera, soprattutto al mattino, dì con san Dmitrij di Rostov: “Procediamo, santa contemplazione, e immergiamoci nella riflessione sulle grandi opere di Dio”. Durante questo, siediti e comincia a riflettere, ora su una, domani su un’altra delle proprietà e delle opere di Dio, e produci la disposizione corrispondente nella tua anima; tocca il tuo cuore con questo e inizierai a riversare la tua anima in preghiera.

Inizia, ad esempio, a riflettere sulla bontà di Dio e vedrai che sei circondato dalla misericordia di Dio sia fisicamente che spiritualmente, e cadrai davanti a Dio in un’effusione di sentimenti di gratitudine. Inizia a riflettere sul Dio onnipresente e capirai che sei davanti a Dio ovunque e Dio è davanti a te, e non puoi fare a meno di essere pieno di riverente stupore. Inizia a ragionare sulla verità di Dio e sarai certo che nessuna azione malvagia rimarrà impunita, e sicuramente deciderai di purificare tutti i tuoi peccati con sincera contrizione davanti a Dio e pentimento. Comincia a riflettere sull’onniscienza, e saprai che nulla in te è nascosto agli occhi di Dio, e certamente ti risolverai ad essere severo con te stesso e attento in ogni cosa, per non offendere Dio che tutto vede. Questo è il primo mezzo per insegnare all’anima a rivolgersi a Dio con la preghiera, cioè con la contemplazione divina, il più spesso possibile.

Il secondo mezzo è volgere ogni opera alla gloria di Dio. Se ti imponi come regola, secondo il comandamento apostolico (1 Cor 10,31), di fare ogni cosa, anche mangiare e bere, alla gloria di Dio, allora sicuramente, in ogni azione, grande o piccola, ricorda Dio; e non ricordare semplicemente, ma, con timore, per non agire in modo sconveniente in qualsiasi situazione o offendere Dio con qualsiasi azione. Questo ti porterà a rivolgerti a Dio con timore e a chiedergli in preghiera aiuto e ammonimento. E poiché stiamo quasi sempre facendo qualcosa, ci rivolgeremo quasi sempre a Dio in preghiera. Possiamo così insegnare alla nostra anima a rivolgersi a Dio il più spesso possibile durante la giornata.

Il secondo mezzo per insegnare all’anima a rivolgersi puramente a Dio è invocare spesso Dio di cuore con parole brevi, secondo i bisogni dell’anima e le circostanze attuali. Quando inizi a fare qualcosa, dì: “Signore, benedici!” Quando lo finisci, dì non solo con la lingua, ma con il sentimento del cuore: “Gloria a te, Signore!”. Quando sorge una passione, dì: “Salvami, Signore, perché sto morendo!” Quando sei nell’oscurità dei pensieri confusi, grida: Porta la mia anima fuori dal carcere! (Salmo 141,10). Quando ti trovi di fronte ad azioni ingiuste e sei trascinato nel peccato, prega: Guidami, o Signore, nella Tua via (Salmo 85,10) oppure: “Non lasciar vacillare il mio piede!” (cfr Sal 120,3). Quando il peccato ti opprime e ti conduce alla disperazione, grida con la voce del pubblicano: Dio, abbi pietà di me peccatore! (Lc 18,13). E così via in ogni situazione. O semplicemente dire più spesso: “Signore, abbi pietà! Mia Signora, Santissima Theotokos, salvami! Angelo di Dio, mio ​​santo custode, custodiscimi e proteggimi!” Oppure gridare con altre parole simili. Soltanto, fai questi appelli il più spesso possibile, e sforzati in ogni modo affinché escano dal tuo cuore, come se ne fossero spremuti; e così acquisirai l’abilità della conversazione noetica con Dio.

E così, in aggiunta alla regola della preghiera, prosegui in divina contemplazione: volgiamo ogni nostra azione alla gloria di Dio; facciamo brevi e accorati appelli a Dio che sono lo strumento più efficace per acquisire un costante spirito di preghiera e una preghiera propriamente gradita a Dio e benefica.

Oh, miei diletti, se fossimo disposti a pregare secondo quanto sopra, allora con l’aiuto della grazia dello Spirito Santo, acquisteremmo uno spirito orante e una vera preghiera! Allora svilupperemmo una seconda ala della preghiera, sana e forte, e ascenderemo facilmente a Dio sulle ali del digiuno e della preghiera.

Amen.

5. Sulla Preghiera di Gesù

Ogni vero cristiano deve sempre ricordare e non dimenticare mai che ha bisogno di essere unito al Signore e Salvatore con tutto il suo essere: dobbiamo permettere a Lui (il Signore) di dimorare nei nostri cuori e nelle nostre menti; dobbiamo imparare a vivere la sua vita tutta santa. Egli ha ricevuto la nostra carne e noi dobbiamo ricevere la Sua carne e il Suo Spirito Santo: riceverli e custodirli per sempre. Solo una tale unione con nostro Signore ci porterà quella pace e quella grazia, quella luce e vita che abbiamo perso nel primo Adamo e che ora ci vengono restituite nel volto del Secondo Adamo, il Signore Gesù Cristo. E per tale unione con il Signore, dopo la Comunione del Suo Corpo e Sangue, il mezzo migliore e più affidabile è la Preghiera noetica di Gesù, che è la seguente: “Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me!”

Molti Santi Padri ci insegnano questa preghiera in vari modi. San Giovanni Climaco dice:

Sforzati di racchiudere la tua mente nelle parole della preghiera di Gesù: prega ad alta voce, con la mente e con attenzione, il cuore non può che partecipare alla preghiera attenta. Quindi, chi prega in questo modo, pregherà con la bocca, la mente e il cuore. E riuscendo nella preghiera, acquisterà la preghiera del cuore e del nous, attirando a sé la grazia divina.

Questo metodo di San Giovanni Climaco è il più semplice, il più comprensibile e il migliore.

Tra i nostri asceti russi, San Nilo di Sora consiglia il silenzio dei pensieri, non pensare a nulla durante la preghiera, sia esso buono o cattivo. Invece di ogni pensiero, ci invita a guardare costantemente nel profondo del cuore e a dire: “Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!” Si può pregare, secondo l’insegnamento di San Nilo di Sora, sia in piedi che seduti o sdraiati, senza costringere il corpo affinché lo spirito possa agire liberamente in esso, trattenendo solo il respiro in modo da respirare tranquillamente e di rado. (nota: Altri Padri russi, come Sant’Ignazio (Brianchaninov), avvertono, tuttavia, che praticare la Preghiera di Gesù in questo modo, con una respirazione speciale, può essere dannoso senza una guida esperta o un padre spirituale)

San Serafino di Sarov consiglia ai principianti di praticare continuamente la Preghiera di Gesù. Quando preghi, dice, presta attenzione a te stesso, cioè raccogli la mente e uniscila all’anima. All’inizio, per un giorno o due o più, recita questa preghiera solo con la mente, separatamente, prestando particolare attenzione ad ogni parola. Quando il Signore riscalderà il tuo cuore con il calore della Sua Grazia e ti unirà in un solo spirito, allora questa preghiera scorrerà incessantemente dentro di te e sarà sempre con te, deliziandoti e nutrendoti. All’inizio dovresti dire la Preghiera di Gesù con la tua voce, cioè con la bocca, la lingua e le parole, udibili da te stesso. Quando la bocca, la lingua e i sensi sono sazi della preghiera pronunciata ad alta voce, la preghiera udibile cessa e comincia a essere pronunciata sottovoce.

“Allora”, dice il santo monaco russo Dorotheos, (nota 2: Il giardino fiorito del santo monaco Dorotheos  è un monumento dell’antica tradizione russa dell’inizio del XVII secolo, ed è una guida alla vita monastica) “la preghiera del cuore e della mente inizierà a muoversi da sola, a lavorare incessantemente, circolando e agendo, in qualsiasi momento, durante qualsiasi lavoro, in qualsiasi luogo”.

Per non perdersi nei vari metodi e definizioni della Preghiera di Gesù, basta seguire questi maestri: San Giovanni Climaco, San Nilo di Sora, San Serafino di Sarov e Dorotheos. Quindi, che tu stia in piedi, seduto, camminando o sdraiato, allena i tuoi pensieri a distaccarti da tutto, fai tacere la tua mente (San Nilo di Sora); presta attenzione a te stesso, raccogli la mente e uniscila all’anima. All’inizio, per un giorno o due o più, recita questa preghiera solo con la mente, separatamente, prestando particolare attenzione a ogni parola (San Serafino di Sarov); sforzati di racchiudere la tua mente nelle parole della Preghiera di Gesù: prega ad alta voce e con la mente, e con attenzione, con la partecipazione del cuore (San Giovanni Climaco); prima di’ la preghiera ad alta voce a te stesso, poi sottovoce, e impara a dirla con la mente (Dorotheos).

Sulla base di tutto ciò che è stato detto sulla Preghiera di Gesù possiamo farci un’idea della sua prassi. «Quando inspiri, dì: ‘Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio’, e così porta mentalmente il Signore nel tuo cuore; e quando espiri, continua: ‘abbi pietà di me peccatore!’ ed espellere così mentalmente la tua peccaminosità nel nome del Salvatore”. Questo metodo di recitare la Preghiera di Gesù è il più semplice da imparare e può essere utilizzato giorno e notte.

Cos’è la corda da preghiera? Cosa significa? La corda da preghiera che portiamo ci ricorda il nostro dovere di pregare la Preghiera di Gesù senza sosta; ma serve anche come aiuto per contare le preghiere, soprattutto quando si legge la regola di San Pacomio il Grande,3 che richiede 1.200 preghiere di Gesù durante il giorno e 1.200 di notte: 2.400 in totale, con 100 preghiere all’ora.

La Preghiera di Gesù è necessaria anche per i laici e non solo per i monaci? È assolutamente necessario, perché ogni cristiano, come è stato detto all’inizio di questo insegnamento, deve essere unito al Signore nel suo cuore: e il mezzo migliore per questa connessione è la preghiera di Gesù.

Amen.

6. Sull’asceta che prega Dio nel cuore.

Dice il Salmo 83: Beato l’uomo… che ha fatto ascese nel suo cuore (v. 6). Cos’è questa salita? In termini di preghiera, questo non è altro che raccogliere insieme i tuoi pensieri e i tuoi sensi e presentarli a Dio, in preghiera. E i libri ecclesiastici includono modi per farlo. Nei vecchi libri queste sono chiamate preghiere di ingresso o preghiere di congedo, e nei nostri libri rappresentano il consueto inizio.

Le preghiere d’ingresso sono usate ancora oggi dai Vecchi Credenti. Si leggono così: “O Dio, purifica me peccatore! Dio, abbi pietà di me peccatore! Tu mi hai creato, Signore, abbi pietà di me! Innumerevoli volte ho peccato, Signore, perdonami! È davvero doveroso benedirti, o Theotokos… E il congedo: Gloria a Te, o Cristo nostro Dio e nostra speranza, gloria a Te!” e il resto. Qual è il senso e il significato di questo inizio? Può, tra le altre cose, servire come un ottimo modo per raccogliere i nostri pensieri che divagano su vari argomenti, concentrarli sull’economia incarnata della nostra salvezza, e immergere così tutta la nostra esistenza peccaminosa nell’abisso della sconfinata misericordia di Dio.

Così, le preghiere penitenziali di questo inizio, “O Dio, purificami”, e le altre ricordano al lettore attento i tempi dell’Antico Testamento, quando l’umanità caduta sospirava verso il Cielo, che gli era chiuso, chiedendo misericordia. L’inno della Theotokos, “E’ davvero un incontro”, ricorda la porta celeste che ci ha aperto il Regno della grazia mediante l’incarnazione del Figlio di Dio, nostro Salvatore. Il congedo, “Gloria a te, o Cristo nostro Dio”, indica il tempo salvifico del Nuovo Testamento e ci spinge a ringraziare e glorificare il Signore Dio per averci concesso la salvezza. In questo modo, le preghiere d’ingresso raccolgono i nostri pensieri dispersi e li concentrano sull’economia incarnata della nostra salvezza e ci preparano alla preghiera salvifica. Si usa all’inizio delle preghiere, e l’inizio si rilegge anche alla fine, anche se qui si chiamano preghiere di congedo; e sia la preghiera d’ingresso che quella di congedo sono necessariamente accompagnate da una prostrazione.

Per noi l’inizio della preghiera è quello abituale: “Benedetto è il nostro Dio;. Gloria a te, nostro Dio; O Re Celeste; Santo Dio (3x); Gloria; O Santissima Trinità; Signore, abbi pietà (3x); Gloria; Padre Nostro.

Qual è il significato e il senso di questa regola? Ha un significato profondo, un alto significato.

L’uomo cristiano, come creazione di Dio per la sua origine e come figlio di Dio per la grazia della redenzione, è sempre obbligato a benedire il suo Creatore e Salvatore, se non vuole essere escluso dal genere umano. E così, sull’esempio del santo Salmista, che disse di sé: Benedirò il Signore in ogni tempo, la sua lode sarà sempre sulla mia bocca (Sal 33,1), lo farà sempre, e soprattutto quando comincerete a pregare, gridate: “Benedetto è il nostro Dio, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.”




PROSPETTIVA ORTODOSSA SULL’IMMACOLATA CONCEZIONE

L’8 dicembre 1854, Papa Pio IX dichiarò un dogma nella Chiesa cattolica romana chiamato Immacolata Concezione. Ogni anno, dalla memoria di questo dogma, si celebra una festa in onore della sua promulgazione. È un giorno di festa molto importante per i cattolici ed è un evento significativo il fatto che molte chiese e scuole siano chiamate Immacolata Concezione. Ma cosa dichiara questo dogma?

Essa afferma: Dichiariamo, pronunciamo e definiamo che la dottrina secondo la quale la Beatissima Vergine Maria, nel primo momento del suo concepimento, per grazia e privilegio singolari concessi da Dio Onnipotente, in considerazione dei meriti di Gesù Cristo, il Salvatore del genere umano, è stato preservato immune da ogni macchia del peccato originale, è una dottrina rivelata da Dio e pertanto da credere fermamente e costantemente da tutti i fedeli.

Fondamentalmente, il dogma dell’Immacolata Concezione si fonda sulla teologia del peccato originale della Chiesa latina. Tra i numerosi Padri latini che hanno trattato questo argomento, sant’Agostino di Ippona ha affermato che l’umanità eredita la colpa del peccato originale. Questa era la sua argomentazione a favore della Chiesa latina a favore del battesimo dei bambini. I neonati dovrebbero essere battezzati il ​​più presto possibile per lavare via la colpa del peccato originale.

Tuttavia, la Chiesa ortodossa ha una posizione diversa. San Giovanni Crisostomo sosteneva che lo scopo del battesimo non era quello di lavare il peccato originale ma piuttosto di unirsi a Cristo. Il nostro battesimo è la nostra prima morte in cui moriamo al peccato e risorgiamo con Cristo.

Quando il sacerdote tiene in braccio un bambino al battesimo, subito prima dell’immersione, significa Cristo sulla croce. L’immersione nell’acqua significa la Sua discesa nell’Ade e i Suoi tre giorni nella tomba. Quando il sacerdote solleva il bambino dal fonte battesimale significa la sua risurrezione.

L’Ortodossia insegna che l’umanità non eredita la colpa del peccato originale ma piuttosto la sua conseguenza che è la morte. Ereditiamo la nostra natura decaduta e il peccato perché siamo mortali. Ancora una volta, questa è una conseguenza del peccato originale commesso dai nostri antenati, Adamo ed Eva.

Le differenze in teologia si basano sull’interpretazione di Romani 5:12. La Vulgata usata dalla Chiesa Cattolica Romana si traduce in inglese dal latino come: Pertanto, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato in questo mondo e per il peccato la morte: e così la morte è passata su tutti gli uomini, nei quali tutti hanno peccato.

D’altra parte, il testo greco tradotto in inglese, afferma correttamente: Dunque, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e con il peccato la morte, e così la morte è passata a tutti gli uomini, a causa della quale tutti hanno peccato.

“Per questo” si riferisce alla morte. Pertanto, è a causa della morte che l’umanità pecca. “In chi” nella traduzione precedente implica che in qualche modo tutti hanno peccato in Adamo, cioè ereditano la colpa del peccato di Adamo.

Quindi il dogma dell’Immacolata Concezione deriva dalla dottrina del peccato originale della Chiesa latina. Lo stesso vale per il dogma dell’Assunzione, emanato il 1° novembre 1950 da Papa Pio XII che affermava: Per l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, e per nostra propria autorità, pronunciamo, dichiariamo , e definirlo dogma divinamente rivelato: che l’Immacolata Madre di Dio, la sempre Vergine Maria, terminato il corso della sua vita terrena, fu assunta in anima e corpo alla gloria celeste.

Questo dogma lasciava incertezza sul fatto se la Vergine Maria avesse effettivamente avuto una morte fisica o se il Suo corpo e la Sua anima fossero stati assunti in cielo. La Chiesa ortodossa celebra la Dormizione della Theotokos, ovvero la convinzione che Ella morì di morte fisica ma che quando gli Apostoli aprirono la sua tomba il terzo giorno, era vuota. Così il suo corpo ascese al cielo. Se Maria fosse preservata libera dal Peccato Originale, quindi esente da esso, allora non sarebbe soggetta alla conseguenza di esso che è la morte. Ciò spiegherebbe l’idea che ella fu assunta in cielo in corpo e anima. La Chiesa ortodossa non sostiene tale convinzione, piuttosto sostiene che morì di morte fisica proprio come tutta l’umanità ma poiché il suo corpo era sacro, ascese al cielo.

Ci sono altre preoccupazioni riguardo al dogma dell’Immacolata Concezione. Se Maria fosse libera dal Peccato Originale, quindi purificata fin dalla Sua nascita affinché potesse partorire Gesù, allora sarebbe necessario che i suoi genitori fossero puri dal Peccato Originale e poi i loro genitori e così via. Se questo fosse vero, allora qual è il motivo dell’Incarnazione di Cristo?

Se tutti gli antenati dovessero essere purificati allora Cristo non avrebbe bisogno di incarnarsi e di vivere in mezzo a noi. C’è bisogno di redenzione tra i giusti? Ovviamente questo dogma non è accurato. Certamente Adamo ed Eva non erano puri perché il loro peccato era il Peccato Originale. Così Cristo si è incarnato ed è vissuto in mezzo a noi per annientare il peccato e salvarci.

Inoltre, se Maria fin dal grembo di sua madre fu preservata dalla grazia di Dio da ogni impurità e per essa grazia fu preservata dal peccato anche dopo la sua nascita, allora perché è più onorevole dei cherubini e senza paragone più gloriosa dei serafini? Se Lei, senza alcuno sforzo e senza avere alcuna tentazione, è rimasta pura, allora perché viene incoronata più di tutti gli altri? Non c’è vittoria senza prove e tribolazioni.

La Theotokos era altrettanto umana e soggetta alla tentazione del peccato come ognuno di noi. Tuttavia, non ha commesso alcun peccato personale. Fu grazie alla Sua purezza e rettitudine che fu ritenuta degna da Dio di essere la Theotokos, H Κεχαριτωμένη. Ci sono santi cattolici romani come Tommaso d’Aquino e Bernardo di Clarivaux che rifiutarono l’insegnamento dell’Immacolata Concezione. Quindi certamente c’è divisione anche all’interno della Chiesa latina con questo dogma.

Sebbene la Chiesa ortodossa non sostenga il dogma dell’Immacolata Concezione, celebra comunque la Concezione della Theotokos e di sua madre, Sant’Anna. Ciò che è miracoloso nel suo concepimento è che Gioacchino e Anna erano vecchi e senza figli da molti anni. Non avere figli era considerato una maledizione o una punizione di Dio nella cultura semitica. Eppure, nonostante Anna fosse sterile, a causa della fervida preghiera sia di Gioacchino che di Anna e della loro promessa di consacrare a Dio il loro figlio. Gioacchino e Anna trovarono grazia davanti al Signore che aprì il grembo di Anna e così ella diede alla luce Maria. Come sentiamo nell’Apolytikion della Festa:

Oggi i vincoli della mancanza di figli sono spezzati. Per aver ascoltato le preghiere di Gioacchino e Anna, Dio promise che contro ogni speranza avrebbero dato alla luce la Fanciulla di Dio. Da lei sarebbe nato Lui, l’Incircoscritto, quando si sarebbe fatto uomo, e sull’esempio dell’Angelo, ci comanda di invocarla: “Rallegrati, fanciulla piena di grazia, il Signore è con te”.

Si dice anche in una stichera dei Vespri della festa: Colui che fece sgorgare le acque dalla roccia, ha permesso al tuo seno di portare la sempre Vergine Maria, per mezzo della quale verrà la nostra salvezza.

Nell’Oikos del Mattutino della Festa sentiamo: Colui che mantenne la tua promessa e con la tua autorità diede a Sara un figlio, il grande Isacco, sebbene fosse molto vecchia; Tu, Dio Onnipotente, che hai aperto il grembo sterile di Anna, la madre del tuo profeta Samuele; guarda ora a me, accetta le mie preghiere e rispondi alle mie richieste”. Così disse piangendo la temperante e sterile Anna, e fu esaudita dal Benefattore. Perciò con gioia concepì la Vergine che portò il Logos divino, in modi che trapassano la parola e il pensiero…

Intercedi per tutti noi, o Madre della Theotokos, Sant’Anna!




Le riflessioni dell’Anziano athonita Gabriel di Karyes sull’uomo contemporaneo

Le riflessioni dell’anziano athonita Gabriel di Karyes sulle persone moderne e sulla nostra vita complessa.

–  Anziano, il padre Seraphim ci ha posto una domanda difficile sulla vita ecclesiale: cosa accadrebbe se i Kollyvades* fossero vivi adesso o se San Paisios il Santo fosse ancora vivo ai nostri tempi?

–  Cosa farebbe adesso San Paisios il Santo? Sì, sappiamo che i testimoni sul Monte Athos e le persone che gli hanno parlato sono ancora vivi. Ad esempio, te lo dirò. Una volta padre Nikodimos Pilato andò da padre Paisios e gli disse: “Anziano, sei condannato come ecumenista”. L’anziano Paisio si alzò: “Sono un ecumenista!?” Era ancora a Stavronikita. Padre Dositheos me lo ha detto e padre Nikodimos Pilato glielo ha detto.

Cosa farebbero i Kollyvades adesso? Sai, adesso è un momento molto interessante. Sono arrivati ​​gli stessi tempi scandalosi dei tempi dei Kollyvades. In effetti, l’epoca storica è molto simile.

In generale, poche persone conoscono oramai i Kollyvades. E molti non sanno che allora furono contrastati dai padri, che pensavano al contrario dei Kollyvades e nella loro inimicizia arrivarono al punto di uccidere diverse persone. Questo, ovviamente, non è pubblicizzato. E poi i Kollyvades si riunirono nella cella di San Nikodemos l’Aghiorita. A questo incontro parteciparono molti dei santi presenti: san Nicodemo il santo, il monaco Atanasio del Pario e altri anziani. Decisero che se questa guerra o inimicizia ha già raggiunto il punto dell’omicidio, allora è un male. Che non avevano paura per le proprie vite essendo pronti a sacrificarle, ma per prevenire tali crimini sull’Athos, decisero di lasciare il Monte Athos. E se ne andarono.

Gli anziani si stabilirono nelle Cicladi e salvarono molte isole dall’espansione cattolica.

La storia ci insegna che secondo l’opinione del popolo questo non era giusto, ma con la Provvidenza di Dio si è scoperto che questo esilio è stato molto utile, è diventato una benedizione per il popolo greco.

Quindi studiate l’età dei Kollyvades e pensate.

Il nostro moderno santo Anziano Ambrogio ha detto che nel prossimo futuro moriranno 2 milioni di greci. Ma non ha detto il motivo. Cosa potrebbero essere se non i vaccini? Le donne uccidono i loro bambini non ancora nati e le cellule di questi bambini uccisi vengono utilizzate nei vaccini: questo è un grande peccato.

Sì, la nostra situazione adesso è brutta e sarà ancora peggiore se non ci pentiamo. La chiave di tutto è il pentimento. Il nostro Dio non può perdonarci con la forza, senza il nostro pentimento. È impossibile. Per perdonare dobbiamo esercitare la nostra volontà.

Vi farò un esempio tratto dai Niniviti, gli abitanti della città di Ninive, che diedero l’esempio a tutto il mondo antico. Si pentirono sinceramente in tutta la città, si imposero il digiuno, anche il bestiame fu costretto a digiunare. E cosa potrebbe rispondere Dio a ciò? Naturalmente li perdonò e non distrusse la città.

Ed ecco cos’altro ti dirò. Dice il Signore nel Vangelo: “L’albero si riconosce dai suoi frutti”. Un albero cattivo non può dare frutti buoni. L’uomo viene riconosciuto allo stesso modo. Dimmi, se sei un uomo di Dio, dopotutto diamo la libertà anche agli animali, perché mi vaccini con la forza? Mi stai licenziando dal lavoro e non ti importa nemmeno che potrei uccidermi? È un uomo di Dio quello che fa questo?

Ricorda: Dio non ci salverà senza pentimento.

E vi ricordo anche un passo delle Scritture. Quando il Signore scese sulla terra prima del diluvio, disse: “Il mio spirito non rimarrà sempre con l’uomo, perché egli è carne“. Cosa significa essere “carne”? Ciò significa che sono diventati solo carne, hanno perso lo spirito. E se disse queste parole allora, cosa direbbe ora di noi, della nostra società deviante?

Gli abitanti di Sodoma e Gomorra, che il Signore semplicemente bruciò come insetti, non erano semplicemente empi, ma estremamente empi. I Sodomiti commisero peccati terribili, ma non li legalizzarono. E ora legalizziamo il peccato. Questo non è mai successo nella storia umana.

Basato su materiale dal Portale informativo del Monte Athos. 

NOTA:* I Kollyvades erano membri di un movimento interno alla Chiesa Ortodossa che ebbe inizio nella seconda metà del XVIII secolo nella comunità monastica del Monte Athos e che si batté per il ripristino delle pratiche tradizionali in opposizione a innovazioni ingiustificate e che si trasformò inaspettatamente in una movimento di rinascita spirituale.




P. George Metallinos: Unificazione dei calendari nella differenza dei Dogmi

“L’argomento non è quello dei calendari: sono dogmi e teologia contrastanti che portano a celebrazioni separate della Pasqua”


dall’Arciprete George Metallinos

La risurrezione di Cristo non solo è il fondamento incrollabile della nostra fede (“Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede” [1 Corinzi 15,17] ), ma richiama anche alla mente la tragica divisione del mondo cristiano della nostra epoca.

Lo scopo del dialogo ecumenico o intercristiano è proprio quello di rimuovere questa divisione e ripristinare l’unità. Negli ambienti ecumenici, infatti, la celebrazione comune della Pasqua è considerata un passo essenziale in questa direzione.

La decisione di cambiare calendario (1923-1924) – decisione affrettata e non pan-ortodossa – portò alla comune celebrazione cristiana del Natale (e delle Feste inamovibili), ma non a quella della Pasqua (e delle Feste mobili), che continua ad essere determinato nel mondo ortodosso sulla base del vecchio calendario giuliano.

Una recente Enciclica patriarcale (n. 150/26 maggio 1995) solleva la questione della necessità di “determinare” “una data comune per la celebrazione della Grande Festa della Pasqua da parte di tutti i cristiani”, promuovendo così un percorso unionista. Non dobbiamo dimenticare, tuttavia, alcune costanti storiche e teologiche fondamentali che determinano in modo decisivo il significato delle feste cristiane (della Chiesa) e la nostra esperienza liturgica di esse, come nel caso della Pasqua:

(a) Molti ortodossi sostengono giustamente che l’impedimento a celebrare le feste contemporaneamente ai non ortodossi non è la differenza nei calendari, ma la differenza nel dogma e nella teologia; vale a dire, la nostra non convergenza su questioni di fede, dato, in particolare, che la “fede” nell’ininterrotta Tradizione cristiana, che continua nell’Ortodossia, non è una semplice – superficiale o scolastica – accettazione di certe “verità” disincarnate carattere assoluto, ma, piuttosto, partecipazione ad uno stile di vita tramandato dagli Apostoli e dai Padri, che porta a fare esperienza dello Spirito Santo.

Questa esperienza, quando formulata in parole, costituisce la fede della Chiesa come Corpo del Signore. Così dobbiamo intendere l’ingiunzione canonica della Chiesa – a partire dal Primo Sinodo ecumenico, che, nel 325 d.C., risolse la questione della celebrazione della Pasqua una volta per tutte fino ai giorni nostri: «non festeggiare con gli ebrei», il che equivale, oggi, a «non festeggiare con gli eterodossi».

Questo non è frutto di bigottismo religioso, ma espressione di una sana e attiva autocoscienza ecclesiastica. Per questo motivo, già nel 1582, l’Oriente ortodosso rifiutò il “Nuovo” Calendario, non per ragioni scientifiche, ma ecclesiologiche, poiché l’introduzione di questo calendario fu collegata sia dagli occidentali che dai nostri stessi unionisti all’imposizione di un’osservanza simultanea delle feste come facilitazione (di fatto) dell’unione “dal basso” (su base ampia).

Questo spirito trovò espressione nella controversa Enciclica del 1920, che proponeva «l’adozione di un unico calendario per la celebrazione simultanea delle principali feste cristiane da parte di tutte le Chiese».

Non ci soffermeremo, qui, sul fatto che questa Enciclica pone sullo stesso piano l’Ortodossia e la non-Ortodossia. Ricorderemo però che, se da un lato ha certamente aperto la strada all’ecumenismo, dall’altro è servito a provocare la genesi della questione “vecchio calendarista”, che resta un’esperienza tragica e traumatica nel corpo della Chiesa ortodossa e dovrebbe, per questo stessa ragione, da risolvere prima di qualsiasi soluzione parziale o più ampia nell’ambito del dialogo “ecumenico”.

(b) La precondizione della comune «celebrazione delle feste cristiane» non è l’accordo sul calendario o gli accordi diplomatici e giuridici, ma «l’unità della fede e la comunione dello Spirito Santo»; cioè l’adesione ad una concezione del cristianesimo come un “ospedale spirituale” (San Giovanni Crisostomo), cioè come ospedale esistenziale e sociale e come metodo di terapia.

L’ideologizzazione del cristianesimo o la sua formulazione accademica – malattie derivanti dal dialogo ecumenico – non solo non ci conducono all’unità che desideriamo, ma anzi ce ne allontanano. L’unità e l’unione che culminano nella Sacra Mensa e nel Santo Calice richiedono l'”unanimità” nella fede e nell’insieme della vita cristiana; cioè l’accettazione della Tradizione Apostolica nella sua totalità e l’incorporazione in essa.

È proprio per questa ragione che il culto e la tradizione liturgica da soli non costituiscono una base di unità, come credono ampiamente, ma erroneamente, coloro che sono impegnati nel dialogo ecumenico. Il culto e la partecipazione al culto non sono efficaci in termini soteriologici, al di fuori del contesto sopra menzionato di una tradizione ecclesiologica comune. La preghiera perenne del credente ortodosso è per “la restaurazione e la riunione degli erranti” al Corpo di Cristo, l’Unica Chiesa (Liturgia di San Basilio Magno) .

In questo modo si giustifica la forza anfidromica dell’affermazione di san Paolo, che abbiamo citato all’inizio: «Se la risurrezione di Cristo è il fondamento della nostra fede, allora la fede autentica è l’unica precondizione per la partecipazione alla risurrezione. come il più grande evento della nostra salvezza in Cristo.”

L’arciprete Giorgio Metallinos è stato un sacerdote della Chiesa di Grecia e professore di teologia dell’Università di Atene. Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Kathimerini.




Regole del digiuno previste nel capitolo 33 del Typicon

È bene sapere che durante il digiuno dei Santi Apostoli e della Natività di Cristo, il martedì e il giovedì, non mangiamo pesce, ma solo olio e vino.

Il lunedì, il mercoledì e il venerdì non gustiamo né olio né vino, ma digiuniamo fino all’ora nona, e in questi giorni mangiamo cibi secchi.* Il sabato e la domenica mangiamo pesce.

Se un Santo che ha la [Grande] Dossologia cade di martedì o di giovedì, mangiamo pesce.
Se di lunedì, allo stesso modo.
Se di mercoledì o venerdì è consentito solo olio e vino; mangiamo una volta al giorno.
Se un Santo che ha la veglia che [cada] di mercoledì o di venerdì, permettiamo olio, vino e pesce.
Se la memoria del Santo a cui è il tempio è dedicato cade di mercoledì o di venerdì, facciamo altrettanto.

Un’istruzione fornita nel Typicon alla data del 14 novembre

“È opportuno sapere che da domani inizieremo il digiuno per la Natività di Cristo, i santi quaranta giorni. Durante questi quaranta giorni, dobbiamo osservare tre giorni in ogni settimana, digiunando dall’olio e dal vino: lunedì, mercoledì e venerdì.

Solo se ricorre un grande Santo, permettiamo [un allentamento] per la sua memoria, e lo facciamo [questo] per amore del Santo [e] per amore della sua festa, che [durante] questo mese [di novembre] sono i [giorni] 16, 25 e 30, [e in] dicembre [sono] i giorni 4, 5, 6, 9, 17 e 20. Infatti, in questi giorni, se di martedì e di giovedì, mangiamo pesce. Il lunedì, il mercoledì e il venerdì permettiamo solo olio e vino; non mangiamo pesce, se non [nella festa del] Tempio. Se una di queste [è la festa del] Tempio del monastero, permettiamo pesce e vino. All’ingresso della Theotokos [nel Tempio], in qualunque giorno accada, [anche] se di mercoledì o venerdì, permettiamo anche il pesce.

Alcuni tipici ci comandano di digiunare dal 9 dicembre e non permettono il pesce, tranne il sabato e la domenica e [nella festa del] Tempio o di un santo. Dal 20° giorno, anche fino al 25, se capitano sabato e domenica, non è consentito il pesce.”

Di seguito una sintesi delle prescrizioni di cui sopra:

  1. Il pesce è consentito tutti i sabati e le domeniche, esclusi il 20 e 21 dicembre.
  2. Il pesce è consentito nei seguenti giorni feriali: 21 novembre/4 dicembre (ingresso della Theotokos nel Tempio), 25 novembre/8 dicembre (Apodosi dell’ingresso della Theotokos nel tempio), 4/17 dicembre (Grande-martire Barbara), 22/9 (Concezione della Theotokos).
  3. Vino e olio sono ammessi tutti i martedì e giovedì.
  4. Vino e olio sono consentiti anche nei seguenti giorni feriali: 24 novembre/7 dicembre (Grande martire Caterina), 5/18 dicembre (Venerabile Sabbas il Consacrato), 12/25 dicembre (San Spiridione), 17/30 dicembre (Profeta Daniele).
  5. Nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì, salvo quanto indicato ai precedenti commi 2 e 4, non sono ammessi pesce, vino e olio.
    *Il termine “cibo secco” si riferisce alla “xerofagia”, che significa cibo non bollito crudo, essiccato, salato o in salamoia, nonché pane semplice.
    **Il permesso per olio e vino nella festa della grande martire Caterina (4/17 novembre) non è menzionato nel Typicon, ma è menzionato nel Menologion che è allegato al Grande Horologion.
    ***Se viene servita una veglia per il Venerabile Sabbas il Consacrato (18 dicembre), allora è consentito il pesce.
    Si precisa che le prassi locali potrebbero richiedere la modifica delle disposizioni di cui sopra. Ad esempio, se una commemorazione locale, come quella di Sant’Innocenzo di Irkutsk (26 novembre/9 dicembre) o l’icona di Kursk (27 novembre/10 dicembre), si svolge in un giorno feriale e viene servita una veglia, in quel giorno è consentito il pesce.
    In alcune località non viene rispettata la prescrizione di astenersi dal pesce nei giorni feriali successivi al 9/22 dicembre. Se questo è il caso, allora, quando si svolge una commemorazione locale, come quella di Sant’Herman dell’Alaska (12/25 dicembre), e viene servita una veglia, il pesce è consentito in quel giorno.

Fonte: https://www.orthodox.net/ustav/nativity-fast.html




San Giustino (Polyansky): Il Digiuno

DIGIUNIAMO SUL SERIO

Sul digiuno e la preghiera

San Giustino di Ufa e Menzelinsk fu ordinato sacerdote nel settembre 1853. Sua moglie morì nel 1862 e fu tonsurato al monachesimo nel giugno 1863. Prestò servizio in vari monasteri e seminari e il 27 gennaio 1885 fu consacrato Vescovo di Mikhailovsk, vicario della diocesi di Ryazan. Servì in diverse diocesi e il 14 ottobre 1896 fu nominato vescovo di Ufa e Menzelinsk. Si ritirò nel 1900 e trascorse il resto della sua vita, fino al pacifico riposo avvenuto il 26 settembre 1903, nella reclusione monastica. Nel 1988, è stato glorificato come santo venerato a livello locale nella Sinassi dei santi di Crimea.

Ecco, la Grande Quaresima è arrivata, grazie a Dio! Tutti i cristiani sono ora obbligati a digiunare e pregare.

Come apprendiamo dai Santi Padri della Chiesa e dall’esperienza, il digiuno e la preghiera sono le due ali che aiutano il cristiano ad ascendere al Cielo; cioè lo aiutano a rinunciare a tutto ciò che è peccaminoso e a stabilirsi nel regno di tutto ciò che è santo. Così straordinariamente grande è il potere del digiuno e della preghiera! Ma, miei amati, possiamo acquisire questo potere con l’aiuto della grazia di Dio se comprendiamo adeguatamente il significato e il senso del digiuno e della preghiera e se li pratichiamo come dovremmo.

Cominciamo quindi in questi giorni di digiuno a dedicarci a uno studio attento del digiuno e della preghiera; e allo stesso tempo cominciamo a digiunare e a pregare con impegno.

Sul digiuno

1

Il digiuno non è semplicemente la consueta moderazione nel cibo e nelle bevande prescritta dalla prudenza e dalla scienza medica, finalizzata a preservare la salute del corpo; si tratta piuttosto di un grado più elevato di temperanza, insieme alla distinzione del cibo e delle bevande: temperanza prescritta ai figli della Santa Chiesa per determinati giorni e periodi di digiuno.

Il digiuno, secondo la spiegazione dei Santi Padri, fu istituito da Dio stesso, in Paradiso, quando ai primi uomini, ai nostri antenati, fu proibito di gustare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male (Gen. 2: 17). Troviamo molti esempi di digiuno nell’Antico Testamento (Nm 29, 1 – 3 Re 7 – Sal 34,13 – 1 Mac 3,47). Nel Nuovo Testamento, il Salvatore stesso, venuto non per abolire ma per dare compimento alla Legge, ha santificato il digiuno con il Suo digiuno di quaranta giorni nel deserto prima di intraprendere il Suo ministero pubblico. Oltre al suo esempio, insegnò anche il digiuno con la sua parola, quando disse ai suoi discepoli: Badate a voi stessi, affinché i vostri cuori non siano mai sovraccarichi di sazietà e di ubriachezza (Lc 21,34).

Ciò che Gesù Cristo insegnò e ciò che comandò, la Santa Chiesa lo ha sempre seguito fermamente. Gli Atti degli Apostoli presentano non pochi esempi della stretta osservanza del digiuno da parte dei primi cristiani; e da allora la Santa Chiesa non ha mai dimenticato il digiuno. I Santi Padri e gli insegnanti della Chiesa hanno molte istruzioni e decreti sul santo digiuno. San Basilio Magno parla direttamente: “Poiché noi, nella persona dei nostri antenati, non abbiamo digiunato, siamo stati cacciati dal Paradiso. Digiuniamo dunque per entrare nuovamente nel Paradiso» ( Omelia 1 Sul digiuno ).

Pertanto, la Santa Chiesa ha stabilito alla fine quattro digiuni, secondo le quattro stagioni dell’anno, come tempi di digiuno comune e di pentimento: due digiuni in onore del Signore Gesù Cristo: la Grande Quaresima e il digiuno della Natività, uno in onore di quello della Madre di Dio: il digiuno della Dormizione, e uno in onore della discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli: il digiuno degli Apostoli. Abbiamo anche digiuni di un giorno nella festa dell’Esaltazione della Croce del Signore e della Decapitazione di San Giovanni il Precursore ; mercoledì in ricordo del tradimento di nostro Signore Gesù Cristo alla sofferenza, e venerdì in ricordo della Sua stessa sofferenza e morte. Tutti i digiuni sono obbligatori per ogni cristiano, in quanto figli della Chiesa, ad eccezione dei malati e degli infermi.

Tuttavia, purtroppo, ci sono sempre state persone, e ora ce ne sono molte, che abusano del digiuno o lo rifiutano del tutto, indifferenti al fatto di diventare così figli disobbedienti della Chiesa che ha comandato il digiuno, incorrere in innumerevoli malattie, e vengono costantemente curati e muoiono prima del tempo. Quanto sono pietose queste persone! Sono così stolti e deboli che preferiscono ammalarsi e morire prematuramente piuttosto che smettere di mangiare qualcosa di dolce. Oh, bambini, bambini!

D’altra parte, quanti grandi e sensibili digiunatori ha la Chiesa di Cristo, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento: lì Mosè, Elia e Davide; qui il Battista e i suoi innumerevoli imitatori che vissero tutti una vita lunga e sana; hanno vissuto e commesso grandi azioni. Nel sabato della Settimana dei Latticini, la Santa Chiesa ricorda e glorifica l’innumerevole schiera di santi di Dio di ogni genere, rango, età e sesso che hanno brillato nel digiuno. La Santa Chiesa lo fa prima della Grande Quaresima, tra l’altro, per darci esempi di digiuno.

Perciò, poiché anche noi siamo circondati da un così grande nuvolo di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci opprime, e corriamo con pazienza la corsa che ci è posta davanti, guardando a Gesù Cristo. autore e perfezionatore della nostra fede. Il quale, per la gioia che gli era posta dinanzi, sopportò la croce, disprezzando l’infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio (Eb 12,1-2).

Amen.

Il significato e il senso del digiuno

2

Dopo aver stabilito un concetto generale di digiuno, dopo averne brevemente rivelato il significato e il senso per noi, ora, amati, cominciamo a scoprirne l’essenza.

Secondo il nostro duplice essere – corporeo e spirituale – la Chiesa ha comandato un duplice digiuno: corporeo e spirituale. Parliamo prima del digiuno fisico.

Cos’è il digiuno corporeo?

Il digiuno corporeo è il consumo misurato di cibi e bevande, in particolare il digiuno di cibo. Il tipico della Chiesa stabilisce chiaramente sia il tempo di consumo che la qualità del cibo a digiuno. E con quanta saggezza e amore viene fatto tutto questo! A volte, quando necessario, non viene prescritto alcun cibo; a volte viene indicato il cibo più magro: solo pane con sale e acqua; a volte vengono fornite frutta e verdura; a volte una specie di brodo; a volte viene previsto un solo piatto per pasto, a volte due; a volte è consentito il vino e anche il pesce nelle feste più importanti. Tutto è rigorosamente calcolato, allo scopo di indebolire i moti appassionati della carne che suscitano il mangiare abbondante e dolce; ma non per indebolire completamente la nostra natura corporea, ma, al contrario, per renderla leggera, forte e pienamente capace di obbedire ai moti dello spirito e di soddisfarne energicamente le esigenze.

Chi ha deciso di digiunare secondo i precetti del Typicon della Chiesa riguardo al consumo dei cibi conosce per esperienza tutta la bontà e la salubrità della xerografia prescritta. Innumerevoli schiere di santi che hanno brillato nel digiuno hanno sperimentato questo. Tutti rispettavano rigorosamente le regole prescritte una volta per tutte e ordinavano la quantità e la qualità del cibo. E allora? Erano sempre sani; non avevano quasi mai bisogno di cure; e se qualche volta ne avevano bisogno, venivano curati con il digiuno e l’astinenza; ecco perché vissero cento anni, compiendo imprese incredibili.

Quindi, carissimi, il digiuno consiste nel consumare il cibo secondo la determinazione della Chiesa riguardo alla sua quantità, tempo e soprattutto qualità. Durante il digiuno, i fedeli non dovrebbero consumare cibo prima di mezzogiorno, dovrebbero consumare solo cibo a digiuno e, inoltre, con moderazione; si astengano non solo da tutte le bevande che infiammano il sangue o gratificano il gusto, ma anche da tutti i divertimenti, i giochi, i piaceri e le riunioni oziose; in generale, tutto ciò che suscita sensualità.

È dovere di ogni figlio della Chiesa ortodossa preservare i digiuni come istituzione divina e come azione o mezzo per adorare Dio. Il Signore stesso comanda: Santifica il digiuno (Gioele 1,14, 2,15); volgetevi a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e con lamenti (Gioele 2,12). Per la violazione dei digiuni, l’ira di Dio si abbatte sulle famiglie, sulle nazioni e sui regni con grandi calamità (Salmo 77,29-30, Luca 21,34). Non osservando i digiuni, mancando di rispetto alle leggi della Chiesa, un uomo non può essere un vero figlio della Chiesa. Ci si può aspettare che un figlio della Chiesa ortodossa che è disobbediente nelle piccole questioni esterne mantenga l’obbedienza negli obblighi più importanti?

Il digiuno è un mezzo necessario per avere successo nella vita spirituale e per raggiungere la salvezza; poiché il digiuno, privando la carne di cibi e bevande eccessivi, indebolisce la forza delle pulsioni sensuali. Da ciò si può vedere che il digiuno ha diversi benefici:

a) Il digiuno mostra rapidamente e chiaramente a un uomo che poco è necessario per la sua vita, e la sua salute non dipende da cibi e bevande raffinati, ma semplici; 

b) il digiuno rivela molto presto le passioni e i vizi che regnano nell’uomo, a cui si è aggrappato con il cuore, e che la sua carne ama più di tutto; 

c) il digiuno ci rende capaci di preghiera e di riflessione su Dio e sul Divino. “Chi digiuna prega con buon animo”, dice San Giovanni Crisostomo. 

In generale, il digiuno è un mezzo di preparazione molto potente per tutte le azioni grandi e salvifiche. Ciò è profondamente sentito da tutte le persone prudenti e amanti di Dio, sempre e ovunque. Tutti i santi digiunavano molto rigorosamente e all’unanimità consigliavano agli altri di digiunare.

Miei amati ascoltatori! Avendo compreso l’essenza e compreso il significato e il senso del digiuno, naturalmente, come figli obbedienti della Chiesa, non ci opponiamo più all’insegnamento della Chiesa sul digiuno, ma decidiamo di osservare tutti i digiuni prescritti dalla santa Chiesa, secondo il Tipycon. Ma dobbiamo prepararci gradualmente al digiuno: non si può diventare digiunatori tutto in una volta.

Amen.

Abituarsi al digiuno

3

Come, amati, possiamo abituarci al digiuno? Prima di tutto, richiede un’acclimatazione graduale. Alcuni si lanciano in modo avventato e frettoloso e iniziano a digiunare oltre le loro forze. Un simile digiuno non è sostenibile, non è utile, ma piuttosto dannoso. O danneggiano la loro salute, oppure diventano impazienti e irritabili per la fame, si arrabbiano con tutto e tutti inutilmente, oppure il loro digiuno diventa presto insopportabile e lo abbandonano. Per rendere salda la nostra disposizione al digiuno, dobbiamo abituarci a digiunare lentamente, con attenzione, non tutto in una volta, ma gradualmente, poco a poco.

Ecco come hanno fatto i digiunatori esperti. Il venerabile Dorotheos abituò così il suo discepolo Dositheos alla moderazione (temperanza nel cibo). Per prima cosa gli ha chiesto quanto pane mangia al giorno. Lui rispose: un pezzo e mezzo. L’insegnante gli ordinò di mangiarne un quarto e un quarto. Dopo un po’ gli chiese di nuovo se fosse sazio o affamato. Il discepolo rispose: Mi sembra un po’ poco, ma sono soddisfatto; Io non ho fame. L’anziano allora gli ordinò di mangiarne solo un pezzo. In questo modo conduceva il suo discepolo fino al limite estremo, quando mangiava poco ma si sentiva sano, sazio, leggero e pronto a lavorare. Il maestro non permetteva al discepolo di diminuire ulteriormente la somma, per non diventare debole e incapace di compiere le sue obbedienze.

La cosa principale qui è la gradualità, con la quale un uomo può facilmente familiarizzare con tutto ciò che è buono, anche con le cose difficili; ma afferrandosi a questo e a quello senza ordine, quasi nessuno può abituarsi a qualcosa di decente. Quindi, seguendo questo esempio, ognuno guardi il suo stomaco e determini di quanto cibo e bevande ha bisogno in un giorno. Poi riduca gradualmente la quantità di cibo che consuma, fino al punto in cui non è più possibile ridurla ulteriormente, per non diventare debole, esausto e incapace di lavorare. Ecco la regola principale data dal Signore stesso: non gravate i vostri cuori con l’eccesso di cibo e l’ubriachezza. Riguarda la quantità di cibo, quanto consumi.

E per quanto riguarda la qualità, o in altre parole, quale preciso tipo di cibo dovremmo mangiare, la nostra amorevole madre, la Santa Chiesa, ha saggiamente decretato. Non ci prescrive il digiuno continuo, poiché molti di noi si prescrivono il consumo continuo di carne. No, la Santa Chiesa conosce meglio di noi le vie del nostro nutrimento. Ha stabilito quattro periodi di digiuno all’anno e due giorni alla settimana. Perché la Chiesa ha organizzato i suoi digiuni in questo modo? Oltre agli obiettivi morali – indebolire il corpo e renderlo uno strumento più obbediente dello spirito e quindi purificarlo da ogni sporcizia peccaminosa – la Santa Chiesa aveva in mente anche obiettivi di guarigione quando organizzava giorni e orari di digiuno. Se il nostro corpo fosse nutrito durante tutto l’anno con lo stesso tipo di cibo – sia senza digiuno che a digiuno, allora il nostro stomaco potrebbe facilmente ingrossarsi, indebolirsi o ostruirsi. Bisogna quindi pulirlo di tanto in tanto, oppure rimetterlo in ordine, come fanno e consigliano i medici. Con questo in mente, la Chiesa ha organizzato i suoi digiuni in modo che possano essere curativi per noi: dopo un consumo prolungato di cibo non a digiuno, ci dà un digiuno per purificare e ripristinare l’attività dello stomaco; e avendo fatto ciò, la Chiesa permette nuovamente il cibo non a digiuno.

L’orario per mangiare durante i digiuni è fissato non prima di mezzogiorno. Devi anche abituarti gradualmente a questo. Dopo esserti abituato alla quantità di cibo, non sarà difficile da fare. Ma il solo digiuno fisico non basta; il digiuno spirituale è indissolubilmente legato ad esso.

Amen.

Digiuno spirituale

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Cos’è il digiuno spirituale?

Il digiuno spirituale è strettamente connesso con il digiuno corporeo, allo stesso modo in cui la nostra anima è collegata al corpo, lo penetra, lo anima e insieme ad esso costituisce un tutt’uno; come l’anima e il corpo costituiscono una persona vivente. E perciò, mentre digiuniamo corporalmente, è necessario digiunare anche spiritualmente: “Mentre digiuniamo con il corpo, fratelli, digiuniamo anche nello spirito. Sciogliamo ogni vincolo di iniquità», comanda la santa Chiesa. Come possiamo mantenere questo digiuno spirituale?

Nel digiuno corporeo, l’astinenza da cibi abbondanti, deliziosi e dolci è in prima linea; nel digiuno spirituale, è l’astinenza da movimenti peccaminosi appassionati che deliziano le nostre inclinazioni sensuali e i nostri vizi. In questo caso si rinuncia al cibo non a digiuno più sostanzioso in favore del cibo a digiuno meno saziante; lì rinunciamo ai nostri peccati e alle nostre trasgressioni preferiti e pratichiamo le virtù opposte. Il digiuno spirituale significa digiunare con tutti i poteri e le capacità della nostra anima, così come con tutte le membra del nostro corpo.

Lascia che la mente digiuni, non permettendo pensieri vuoti e cattivi; digiuni il cuore, astenendosi da sentimenti peccaminosi; digiuni la nostra volontà, indirizzando tutti i nostri desideri e intenzioni all’unica cosa necessaria; digiuni la lingua dalle parole vergognose e dalle calunnie; infatti a che serve se ci asteniamo dal pollame e dal pesce, ma rosicchiamo e divoriamo i nostri fratelli con la nostra lingua malvagia? “Chi calunnia, divora la carne del suo fratello, rosicchia la carne del suo prossimo”, dice San Giovanni Crisostomo. Lasciamo che i nostri occhi digiunino, imparando a non correre dietro ai bei volti, a non fissare la bellezza di qualcun altro; poiché il cibo degli occhi è la contemplazione. Nuoce il digiuno e sovverte la salvezza dell’intera anima se è illegale e non consentito, ma adorna anche il digiuno se è lecito e senza peccato.

Sarebbe molto stolto astenersi con la bocca mediante il digiuno dai cibi e anche da quelli consentiti, lasciando agli occhi anche ciò che non è consentito. Non mangi carne, non consumare la sensualità con gli occhi (Crisostomo). Le vostre orecchie siano ben tese, senza badare a pettegolezzi o calunnie: non riceverete notizie vane, dice la Scrittura (Es 23,1). Anche le mani digiunino, purificandosi dal furto di ciò che appartiene ad altri e dall’avidità; e digiunino i piedi, cessando di correre verso spettacoli poco raccomandabili e feste dannose per l’anima, verso danze seducenti e vergognose. “Stai digiunando”, dice San Giovanni Crisostomo, “lascia che ciò esprima con le tue stesse azioni. Quali azioni, potresti chiedere. Se vedi un povero, dagli l’elemosina; se vedi un nemico, fai pace con lui; se vedi un amico compiere azioni lodevoli, non invidiarlo; se vedi una bella donna, passa oltre”.

In breve, l’essenza del digiuno è espressa nel seguente inno della Chiesa:

Se digiuni dal cibo, anima mia, e non ti purifichi dalle passioni, invano ti rallegrerai della tua astinenza. Perché se non cerchi la correzione, come un bugiardo sei odioso agli occhi di Dio, simile agli spiriti malvagi, che non mangiano affatto. Non rendere inutile il digiuno peccando, ma resisti fermamente a tutti gli impulsi malvagi. Immagina di stare accanto al Salvatore crocifisso, o meglio, di essere crocifisso con Colui che è stato crocifisso per te; e grida a Lui: Ricordati di me, o Signore, quando verrai nel tuo Regno. (Settimana dei latticini, Mattutino del Mercoledì, Aposticha, 1^ stichera)

Questo è il vero digiuno!

Se, amati, proviamo a combinare il digiuno spirituale con il digiuno corporeo, allora il nostro digiuno sarà “vero e accettabile”. (Prima Settimana della Grande Quaresima, Vespri del lunedì, Aposticha, 1^ stichira) E se eseguiamo un tale digiuno nella pratica, faremo crescere un’ala del digiuno forte e sana. Ma non puoi volare con un’ala: devi prestare attenzione all’altra, l’ala della preghiera.

Amen.


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San Paisio Velichkovsky: il digiuno

Quella del Natale è l’altra lunga quaresima cui la Santa Madre Chiesa invita i suoi figli. Un periodo di preparazione, di distacco dalle cose del mondo, di conversione per l’accoglienza del Teantropo. Mai come oggi, nella nostra società secolarizzata, dove interessa solo il godimento individuale e l’appagamento egocentrico, è necessario fare esperienza della nostra finitezza per comprendere che c’è altro oltre noi stessi e dentro di noi. Da sempre la spiritualità ortodossa si basa sull’entrare in sé stessi, placare i tumulti della mente per purificare il nous e pacificare il cuore. La preghiera ed il digiuno sono certamente i mezzi, mai i fini, per diradare la nebbia e raffinare la mente per permettere l’ingresso della luce divina. Come in un lago increspato dal vento, come in una pozzanghera fangosa non è possibile vedere in trasparenza il fondo, così non è possibile ‘incontrare’ il nostro Dio unitrino se non spazzando via i nostri pensieri di vanagloria e le nostre pulsioni mondane. Preparandoci alla nascita storica del Signore nostro Gesù Cristo in un ameno rifugio in Betlemme, ci prepariamo ad accoglierlo nei nostri cuori purificati. Di seguito il lettore troverà uno scritto del Santo Paisio Velichkovsky che descrive il corretto modo di digiunare in questo tempo quaresimale secondo i Santi Padri.

di San Paisio Velichkovsky (1722-1794)

“Chiamo digiuno il mangiare un po’ una volta al giorno. Alzarsi da tavola quando si è ancora affamati, prendere il cibo, il pane, il sale e l’acqua da bere, che le sorgenti stesse producono. Ecco il modo regale di ricevere il cibo; in effetti molti sono stati salvati per questo cammino, così ci hanno detto i Santi Padri. Astenersi dal cibo per un giorno, o due giorni, tre, quattro, cinque o una settimana, un uomo non può farlo sempre. Ma siccome ogni giorno si mangia pane e si beve, si può sempre fare così; solo che, dopo aver mangiato, si deve avere un po’ di fame affinché il corpo sia sottomesso allo spirito per capace di fatiche e sensibile ai movimenti mentali, e così che le passioni corporee siano vinte. Il digiuno completo non può mortificare le passioni corporee così come il cibo povero le mortifica. Alcuni digiunano per un po’ e poi si dedicano a cibi deliziosi, perché molti cominciano a digiunare oltre le loro forze e anche altri che fanno lavori pesanti e poi si indeboliscono per la mancanza di misura e l’irregolarità di questo lavoro e quindi cercano cibi gustosi e riposo per il rafforzamento del corpo. Agire così significa costruire e poi ancora distruggere, poiché il corpo per la magrezza dovuta al digiuno brama i dolci e cerca consolazione e i cibi dolci accendono le passioni. Ma se qualcuno si stabilisce una misura precisa di quanto cibo mangiare in un giorno, ne trarrà un grande profitto. Tuttavia, per quanto riguarda la quantità del cibo, bisogna stabilire come regola che sia tanto quanto è necessario per rafforzarsi. Una persona del genere può compiere ogni tipo di lavoro spirituale. Ma se qualcuno digiuna oltre questo limite, in un altro momento si consegnerà al riposo. Il lavoro ascetico secondo misura non ha prezzo. Infatti anche alcuni dei grandi Padri prendevano il cibo con misura e ogni cosa usavano a suo tempo, avendo in tutto misura: fatiche ascetiche, bisogni corporali, possedimenti in cella: tutto secondo una regola determinata e moderata. Pertanto i Santi Padri non comandano di cominciare a digiunare al di sopra delle proprie possibilità e di indebolirsi. Prendi come regola il mangiare tutti i giorni; quindi ci si può astenere in modo più deciso, ma se si digiuna più di così, come si potrà poi astenersi dal mangiare a sazietà e dal mangiare troppo? In nessun modo si potrà farlo. Un inizio così smisurato deriva o dalla vanagloria o da mancanza di comprensione, mentre la continenza è una delle virtù, che aiuta a sottomettere la carne. La fame e la sete sono date all’uomo per la purificazione del corpo, dalla preservazione dai pensieri impuri e dalle passioni lussuriose. Mangiare poco ogni giorno è un mezzo per raggiungere la perfezione, come hanno detto alcuni, e chi mangia ogni giorno ad un’ora determinata non si abbassa in alcun modo moralmente né subisce alcun danno all’anima. San Teodoro Studita loda queste persone nella sua istruzione del venerdì della prima settimana del Grande Digiuno, dove a conferma delle sue parole cita i santi Padri teofori e il Signore stesso. Così dobbiamo agire anche noi.

Il Signore sopportò un lungo digiuno, come fecero Mosè ed Elia, ma solo una volta. E alcuni altri talvolta, supplicando qualcosa al Creatore, si imponevano un certo tempo di digiuno, ma secondo le leggi naturali e l’insegnamento della Divina Scrittura. Dall’attività dei Santi, dalla vita del nostro Salvatore, e dalle regole di coloro che hanno vissuto nel buon ordine, risulta evidente che è splendido e proficuo essere sempre pronti e trovarsi nel lavoro ascetico, nel lavoro e nella resistenza; non indebolirsi però con digiuni smodati e non portare il corpo in uno stato di inattività. Se la carne è infiammata per la giovinezza, bisogna astenersi molto; ma se uno è infermo, bisogna prenderne molto o poco a secondo dalla sua condizione. Guarda e giudica in base alla tua infermità quanto puoi fare. Per ognuno c’è una misura e il maestro interiore è la coscienza; non tutti possono avere la stessa regola e la stessa fatica ascetica, perché alcuni sono forti e altri sono deboli. Alcuni sono come il ferro, altri come il rame, altri ancora come la cera. E così, trovando correttamente la propria misura, prendete il cibo una volta al giorno, esclusi il sabato, la domenica e le grandi feste del Signore. Un digiuno moderato e sensato è il fondamento e il capo di tutte le virtù. Si dovrebbe combattere il male come si combatte un leone e un serpente feroce, nell’infermità del corpo e nella povertà spirituale. Chi desidera che la sua mente sia salda contro i pensieri contaminanti dovrebbe affinare il suo corpo attraverso il digiuno.

Non è possibile, senza il digiuno, servire come sacerdote. Come è indispensabile respirare, lo è anche digiunare. Il digiuno, una volta entrato nell’anima, uccide nel profondo il peccato che vi risiede.

Dalla Piccola Filocalia Russa, vol. IV: San Paisius Velichkovsky, St. Herman Press, Platina,1994, p. 74-75.


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