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Achille

ἀββᾷ Ἀχιλᾷ. Padre del deserto, monaco

Secondo un detto conservato solamente nella lingua armena, il padre Teodoro di Ferme disse del padre Achille che visse come un leone a Scete. Lo stesso  padre Achille diceva: “Vivi come una bestia selvatica, per non essere conosciuto in alcun modo”. (Eth. Coll. 13,65) Non stupiamoci quindi di sapere così poco di questo vecchio rude che, tuttavia, non poteva nasconderci completamente la diligenza e la profondità della sua carità. Nella memoria dei santi asceti che la Chiesa Ortodossa pone all’inizio della grande celebrazione quaresimale, si menzionano Achille e Amoe chiamandoli «i fiori del deserto»

Apoftegmi (Detti)




Aghion Oros

gr. Aγιov Opoç
“Santo Monte”. E’ il modo greco più usato per indicare la penisola monastica dell’Athos. S. Atanasio l’Athonita, con l’appoggio dell’Imperatore Niceforo Focas di cui era padre spirituale, fondò il primo monastero sull’Athos, la Grande Lavra, all’estremo sud della penisola nel 963 d.c.
Nel 972 d.c. fu redatto il primo statuto costituzionale, il “Tragos” o Carta del Monte Santo, con il quale si definivano le norme per l’organizzazione e l’amministrazione della vita all’interno dei monasteri, riconoscendo l’Athos come uno stato indipendente e monastico.
Dal X secolo affluirono sulla penisola religiosi di diverse nazionalità, tra cui anche Benedettini amalfitani che fondarono l’omonimo monastero, rimasto a lungo attivo anche dopo lo “Scisma d’Oriente” del 1059.
Nei periodi di massimo splendore, il numero dei monaci sul monte Athos raggiunse i 30.000, ma già nel 1904 erano ridotti a circa 5.000, divisi nei vari monasteri.
Oggi sono circa 2.500, presenti in varie comunità.
Sulla penisola sono presenti 20 monasteri principali, ma anche 12 Skiti e 250 Celle, cioè comunità monastiche più piccole, autonome per la loro organizzazione interna, ma sotto la giurisdizione di uno dei monasteri principali. Gli organi amministrativi supremi sono la “Sacra Comunità”, che risiede a Karyes, il capoluogo della penisola, e che si riunisce due volte la settimana per affrontare e risolvere i problemi quotidiani del Monte Athos e la “Doppia Synaxis” che si riunisce in caso di necessità per affrontare i problemi straordinari. L’organo legislativo e giuridico superiore è la “Ierà Synaxis” o adunanza delle comunità, formata dai 20 Igumeni (gli Abati dei 20 monasteri) che si riunisce due volte all’anno.
I monaci chiamano il Monte Santo “Orto della Madonna”, che onorano come protettrice e Badessa di tutta la comunità monastica. L’ingresso al Monte Athos è assolutamente vietato alle donne.

La comunità monastica del Monte Athos ( Hagion Oros ) è geograficamente definita dai confini della penisola di Athos, la parte più orientale della più grande penisola Calcidica, essendo una comunità autonoma all’interno del territorio greco.

Il Monte Athos è una comunità esicasta vivente di adorazione con una presenza continua e ininterrotta che si estende per oltre un millennio. Si compone di venti monasteri sovrani, skētes (comunità più piccole di eremiti cristiani con un’area comune di culto), celle e kathismata (unità con una piccola chiesa gestite dai monaci che vivono sotto la supervisione spirituale e amministrativa di un monastero) sparse per la penisola. Per più di mille anni consecutivi, il Sacro Monte opera come uno dei più importanti conservatori culturali sia per la civiltà cristiana ortodossa che per quella greca. 

sito ufficiale: https://www.mountathos.org/en-US/Home-en.aspx




Ammonas

Padre del Deserto, Monaco e Vescovo. Abba Ammonas fu un discepolo di Antonio il Grande e suo successore sul monte Pispir. Molto probabilmente proveniva da Scete come nel suo detto n.3:  Abba Ammonas disse: “Ho trascorso quattordici anni a Scete chiedendo a Dio notte e giorno di concedermi la vittoria sull’ira”. Più tardi divenne Vescovo (detto n. 8). Sono attribuite al lui anche diverse lettere che riportiamo in un’altro nostro articolo.

Biografia

Apoftegmi (detti)

Lettere




Antidoron

in greco Ἀντίδωρον
“Al posto del dono”. Durante la celebrazione eucaristica solo una minima parte del pane preparato viene
consacrata, il resto è semplicemente benedetto e distribuito poi ai presenti alla fine della Liturgia.
Viene pure inviato come segno di comunione con quanti, per varie ragioni, non hanno potuto partecipare ai divini misteri.  Proviene dai resti dei pani (Prosphora) da cui vengono tagliate porzioni per la consacrazione Eucaristica durante la Divina Liturgia. La parola Ἀντίδωρον significa “invece dei doni”, cioè “invece dei doni eucaristici”.




Aposticha

L’Aposticha è una parte dei Vespri o dell’Orthros composta da inni liturgici (tropari) cantati nell’ultima parte del Vespro o dell’Orthros, intercalati con versi o brevi salmi. Gli inni provengono da vari libri dei servizi, vale a dire Oktoichos, Minei, Pentecostarion e Triodion.




Cilicio

Anticamente era un tessuto di peli di capra o di cammello, in uso anche fra i soldati dell’esercito romano. Nel mondo greco-romano tali stoffe, utilizzate per tende, vele, sacchi, vesti grossolane, ecc., presero il nome di “cilici”, termine che proviene dal greco κιλίκιον (kilíkion), ovvero della regione della Cilicia, l’odierno Sud della Turchia, in quanto i Cilici ne ebbero quasi il monopolio (Plinio, VI, 143). A scopo ascetico questa stoffa veniva indossata a immediato contatto con la nuda pelle, come viene frequentemente attestato nella Bibbia, nella quale la traduzione abituale di cilicio è “sacco”, in quanto in ebraico cilicio si dice saq. (fonte Wikipedia e Treccani)




Digiuno

“Come apprendiamo dai Santi Padri della Chiesa e dall’esperienza, il digiuno e la preghiera sono le due ali che aiutano il cristiano ad ascendere al Cielo; cioè lo aiutano a rinunciare a tutto ciò che è peccaminoso e a stabilirsi nel regno di tutto ciò che è santo. Così straordinariamente grande è il potere del digiuno e della preghiera! Ma, miei amati, possiamo acquisire questo potere con l’aiuto della grazia di Dio se comprendiamo adeguatamente il significato e il senso del digiuno e della preghiera e se li pratichiamo come dovremmo”.

San Giustino (Polyansky)

“Chiamo digiuno il mangiare un po’ una volta al giorno. Alzarsi da tavola quando si è ancora affamati, prendere il cibo, il pane, il sale e l’acqua da bere, che le sorgenti stesse producono. Ecco il modo regale di ricevere il cibo; in effetti molti sono stati salvati per questo cammino, così ci hanno detto i Santi Padri. Astenersi dal cibo per un giorno, o due giorni, tre, quattro, cinque o una settimana, un uomo non può farlo sempre. Ma siccome ogni giorno si mangia pane e si beve, si può sempre fare così; solo che, dopo aver mangiato, si deve avere un po’ di fame affinché il corpo sia sottomesso allo spirito per capace di fatiche e sensibile ai movimenti mentali, e così che le passioni corporee siano vinte. Il digiuno completo non può mortificare le passioni corporee così come il cibo povero le mortifica. Alcuni digiunano per un po’ e poi si dedicano a cibi deliziosi, perché molti cominciano a digiunare oltre le loro forze e anche altri che fanno lavori pesanti e poi si indeboliscono per la mancanza di misura e l’irregolarità di questo lavoro e quindi cercano cibi gustosi e riposo per il rafforzamento del corpo. Agire così significa costruire e poi ancora distruggere, poiché il corpo per la magrezza dovuta al digiuno brama i dolci e cerca consolazione e i cibi dolci accendono le passioni. Ma se qualcuno si stabilisce una misura precisa di quanto cibo mangiare in un giorno, ne trarrà un grande profitto”. 

San Paisio Velichkovsky (1722-1794)




Dikaios

(gr. Δικαίος)

Nelle Skiti non esiste la figura dell’Igumeno come nei grandi monasteri ma quella del Dikaios che è un responsabile eletto pro tempore dagli altri asceti. Si occupa di varie cose tra le quali la cura della Chiesa centrale dove si riuniscono per la Domenica e le grandi feste tutti gli esicasti residenti.




Eremo (Eremita)

L’eremita (gr. ἐρημίτης, der. di ἔρημος: v. eremo) è colui che si ritira nella solitudine in un luogo isolato (eremo) per consacrarsi a Dio dedicandosi alla meditazione o alla preghiera, senza essere astretti ad alcuna regola religiosa particolare.

Nel mondo ortodosso i monasteri si dividono in:

– eremi: da uno a due monaci.

– skit: 3-4 monaci.

– monastero: dai 6 ai 50 monaci

– abbazia / Lavra: monastero con vescovo con più di 50 monaci




Giovanni Nano (Colobos)

Padre del Deserto. Abba Giovanni Colobos, anche noto nel mondo latino come “Giovanni Nano” a causa della sua bassa statura. Fu monaco del deserto di grande umiltà e mitezza tanto che uno dei padri disse di lui: «Ma chi è questo padre Giovanni, che con la sua umiltà fa pendere dal suo dito mignolo tutta Scete?». Discepolo di Abba Amoe (noto in ambito copto-arabo come abba Pimoa), visse pochissimo: nacque nel 339 a Bahnasa e morì nel 375 circa a Scete.

Apoftegmi (Detti)




Ipostasi

Nella storia della trattazione del dogma della Persona di Gesù Cristo, il termine ipostasi è stato usato sia nel senso di essenza, sia nel senso di persona; dal IV secolo, secondo l’uso adottato da Basilio Magno e Gregorio il Teologo, nonché da due Concili ecumenici, la parola ipostasi viene utilizzata da tutta la Chiesa nel significato di Persona. La natura o essenza è ciò che è comune alla Santissima Trinità che si distingue nelle ipostasi del Padre, del Figlio e del Santo Spirito.




Monastero

È una residenza religiosa stabile per i monaci e le monache, dove si vive secondo un canone regolare e approvato. La parola, come indica la sua etimologia, significò dapprima l’abitazione dei singoli “monaci” ( cfr. eremo ), poi passò a indicare quella specie di villaggio che era costituito da una cappella comune e celle isolate (cfr. skit ), e successivamente prese corpo nel sistema cenobitico (cfr. cenobio ) dove tanti monaci sotto la figura di un Igumeno o Abate svolgevano la loro fatica ascetica in comune 

Nel mondo ortodosso i monasteri si dividono in:

– eremi: da uno a due monaci.

– skit: 3-4 monaci.

monastero: dai 6 ai 50 monaci

– abbazia / Lavra: monastero con vescovo e con più di 50 monaci




Nitro

Il nitro, o carbonato di sodio, era un’importanti risorsa minerale dei laghi d’Egitto ed era impiegato nella produzione di sapone, vetro, medicine, sale. vedi Padri del Deserto




Nous

Nous: νοῦς: è la suprema facoltà umana e organo della contemplazione; è quella parte dello spirito umano che – contrariamente alla ragione – non procede in modo discorsivo, ma percepisce intuitivamente e sinteticamente la verità divina, nell’illuminazione della grazia. Tramite l’intelletto, attraverso gradi successivi, l’uomo procede nella conoscenza spirituale fino agli stadi supremi della contemplazione. (Filocalia, Glossario, ed. Gribaudi)




Prosphora

Un prosphoron ( greco : πρόσφορον , offerta ) è una piccola pagnotta di pane lievitato usata nelle liturgie cristiane ortodosse. La forma plurale è prosphora ( greco: πρόσφορα ). Il termine originariamente indicava qualsiasi offerta fatta a un tempio, ma nel cristianesimo ortodosso è venuto a significare specificamente il pane offerto durante la Divina Liturgia (Eucaristia).




Psylaké (φυλακή)

Psyloké, φυλακή: carcere ma anche guardia, come atto, il far guardia, specialmente il far la sentinella di notte e quindi custodia. Attività principale del monaco è quella di badare alla custodia della mente (nous), del cuore e dei sensi. vedi Abba Agatone detto n. 8




Skiti (Skete)

Uno skiti o skete è costituito da un gruppo di eremiti che seguno una regola monastica che permette loro di poter meditare in solitudine, sono tuttavia supportati da un’organizzazione che provvede ai loro bisogni materiali e spirituali.

Il nome deriva dal termine greco utilizzato per indicare gli asceti. Uno skita ha solitamente un’area per la preghiera (una chiesa o una cappella), con piccole celle nelle vicinanze per un gruppo ristretto di monaci o suore.

Nel mondo ortodosso i monasteri si dividono in:

– eremi: da uno a due monaci.

skiti: 3-4 monaci.

– monastero: dai 6 ai 50 monaci

– abbazia / Lavra: monastero con vescovo con più di 50 monaci




Trinità

SANTISSIMA TRINITA’

Dunque, quando guardiamo alla divinità e alla prima causa, all’unica sovranità, all’unico e medesimo, per così dire, movimento e volere della divinità, e all’identicità dell’essenza, della potenza e dell’operazione, allora ciò che ci viene in mente è unico.

Ma quando guardiamo alle cose in cui consiste la divinità, oppure – per dirla brevemente – alle cose che la divinità è, e alle cose che là provengono dalla prima causa senza tempo, con la medesima gloria e senza distacco – e cioè alle ipostasi –, allora tre sono Quelli che noi veneriamo.

☦️ Unico Padre è il Padre, senza principio e senza causa: infatti non proviene da alcuno.

☦️ Unico Figlio è il Figlio, non senza principio, né senza causa: infatti proviene dal Padre; ma se tu prendi principio dal tempo, è anche senza principio, poiché è creatore del tempo, non sotto il tempo.

☦️ Unico Spirito è lo Spirito Santo, che proviene dal Padre non a modo di figlio ma secondo la processione,

mentre né il Padre cessa di essere «non generato» per il fatto di aver generato, né il Figlio cessa di essere «generato» per il fatto di essere generato da un non-generato (e come potrebbe essere?), né lo Spirito si muta nel Padre o nel Figlio per il fatto di procedere e di essere Dio. Infatti la proprietà è immutabile: altrimenti come rimarrebbe proprietà se si muovesse e si mutasse? Se il Padre fosse Figlio, propriamente non sarebbe Padre: infatti uno solo è propriamente Padre. E se il Figlio fosse Padre, propriamente non sarebbe Figlio: infatti propriamente uno solo è Figlio, e uno solo è Spirito Santo. Bisogna sapere che noi non diciamo il Padre nato da qualcuno, e invece lo diciamo Padre del Figlio. Non diciamo il Figlio né causa né Padre, ma diciamo che Egli è dal Padre e Figlio del Padre. E diciamo che lo Spirito Santo è dal Padre, e lo chiamiamo Spirito del Padre. Non diciamo che lo Spirito è dal Figlio, ma lo chiamiamo Spirito del Figlio – infatti «se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene», dice il divino Apostolo –, e confessiamo che egli ci è stato manifestato e partecipato attraverso il Figlio – infatti «alitò su di loro», e disse ai suoi discepoli: «Ricevete lo Spirito Santo» –: come il raggio e l’illuminazione provengono dal sole (infatti questo è la fonte del raggio e dell’illuminazione), ma l’illuminazione ci è partecipata attraverso il raggio, ed essa è quella che ci illumina e quella a cui noi partecipiamo. Ma noi non diciamo che il Figlio è dello Spirito, e neanche che è dallo Spirito.

SAN GIOVANNI DAMASCENO, LA FEDE ORTODOSSA, VIII




Typikón

La parola Typikón ha il significato di “seguire l’ordine”. Per i servizi liturgici esiste un Typikón che è l’ordine stabilito per la loro celebrazione. Esiste un Typikón per un monastero che è l’ordine seguito nella routine quotidiana e annuale di coloro che vi vivono.

Un Typikón può essere un documento scritto completo che descrive “l’ordine” da seguire, o può essere un’intesa inespressa, o può essere una combinazione di linee guida scritte e usanze comprese.

Un Typikón presuppone l’esistenza di libri liturgici che contengono le parti fisse e variabili di questi servizi. Nell’uso monastico, il Typikón del monastero comprende sia la regola di vita della comunità sia la regola della preghiera.

Sviluppo del Typikón

Contesto

Il Typikón (sing. typicón, pl. typicá; greco: Τυπικόν, “quello della forma prescritta”; slavo: Тvпиконъ/Typikón o Оуставъ/Ústavə) è un libro liturgico che contiene istruzioni sull’ordine dei servizi divini.

Primo sviluppo storico del Typikón
Il Typikón scritto ha la sua origine nelle pratiche liturgiche e nell’ordine della vita quotidiana dei monasteri. La cronaca principale dei primi monaci cristiani che vivevano nei deserti dell’Egitto e della Palestina è la Storia Lausiaca (Historia Lausiaca) scritta nel 419-420 d.C. da Palladio di Galazia, vescovo di Elenopoli, su richiesta di Lauso, ciambellano alla corte di L’imperatore Teodosio II. La Storia Lausaica riporta che i primi eremiti cristiani pregavano i Salmi, cantavano inni e recitavano preghiere spesso in combinazioni di dodici. Man mano che il monachesimo cenobitico (comunitario) si sviluppò seguendo l’esempio stabilito da San Pacomio della Tebaide (ca. 290–346 d.C.) il ciclo della preghiera divenne più fisso e complesso, con pratiche diverse in luoghi diversi.

La prima donna cristiana che scrisse del suo pellegrinaggio in Terra Santa intorno al 381–384 d.C., Egéria, registra quanto segue: Ma tra tutte le cose è una particolarità che stabiliscano che in ogni occasione si dicano salmi e antifone adatti, sia quelli della notte, o del mattino, sia quelli dell’intera giornata, all’ora sesta, all’ora nona, o a lucernaio, essendo tutto così appropriato e così ragionevole da contenere di questione in questione.

Nel V secolo, la regione vicino a Gerusalemme era diventata un importante centro di pellegrinaggio e monachesimo, e il ciclo quotidiano e l’ordine dei servizi divennero molto sviluppati. L’ordine dei servizi – Typikón – nella regione palestinese divenne così sempre più influente in tutta la Chiesa cristiana.

Il singolare e più influente Typikón liturgico è quello di San Savvas (439–532 d.C.) che standardizzò l’ordine di vita e i servizi nei monasteri palestinesi. È conosciuto semplicemente come Typikón di San Savvas (o Mar Sabbas), il Santo Monastero di Gerusalemme che fino ad oggi regola l’ordine dei servizi divini in tutto il mondo nella Chiesa Ortodossa.

La vita di san Savvas il Santificato
San Savvas (439–532 d.C.) nacque vicino a Cesarea di Cappadocia, in Asia Minore. Da giovane entrò nel monastero del vescovo Flaviano di Antiochia in Siria. Lì imparò a leggere e divenne un esperto delle Sacre Scritture. Ricevette la tonsura monastica all’età di 17 anni e trascorse i successivi dieci anni in obbedienza al vescovo Flaviano.

Successivamente san Sabba si recò a Gerusalemme continuando la vita ascetica in obbedienza a sant’Eutimio il Grande. Sant’Eutimio lo mandò ad Abba Teoctisto in un vicino monastero con una rigorosa “regola di vita” cenobitica (comunitaria). San Sabbas visse in obbedienza in questo monastero fino all’età di trent’anni.

Sant’Eutimio diresse la vita del giovane monaco e lo portò nel deserto, partendo ogni 14 gennaio dove rimanevano fino alla Domenica delle Palme. Dopo che Abba Teoctisto si addormentò nel Signore, a San Savvas fu data la benedizione di vivere una vita eremitica in una grotta vicina, lasciandola solo per partecipare ai servizi divini. Quando il suo padre spirituale, sant’Eutimio, si addormentò nel Signore (ca. 373 d.C.), san Savvas si ritirò dal monastero e si trasferì in una grotta vicino al monastero di san Gerasimo del Giordano.

I discepoli cominciarono a radunarsi attorno a san Savvas, che divenne loro padre spirituale guidandoli nella vita monastica. Con l’aumento del numero dei monaci, iniziò a prendere forma il monastero che sarebbe diventato noto a noi come la “Grande Lavra” o Monastero di San Savvas. Si ritiene che sia stata fondata nella valle del Cedron, a sud di Gerusalemme, nel 484 d.C.

Si dà il caso che colui che persegue la distruzione dell’umanità tentò alcuni padri della Lavra che si opposero al governo di San Savvas e chiesero un sacerdote come loro igumeno. In risposta, San Savvas si ritirò silenziosamente nella Nuova Lavra che aveva costruito vicino a Thekoa.

Vedendo l’umiltà del Suo fedele servitore, Colui che cerca la salvezza dell’umanità, ispirò il Patriarca Salustio di Gerusalemme a ordinare al sacerdozio San Savvas nel 491 d.C. Il Patriarca nominò San Savvas archimandrita nel 494 d.C., ponendolo come supervisore di tutti i monasteri in Palestina. San Savvas compose la prima regola monastica delle funzioni religiose, il cosiddetto Jerusalem Typikón, come guida per tutti i monasteri. San Savvas si addormentò nel Signore il 5 dicembre 532.

La perdurante importanza del Typikón di San Savvas il Consacrato
La Grande Lavra di San Savvas continuò a lungo ad essere il monastero più influente della Terra Santa. Il “periodo d’oro” del monastero fu quello tra l’VIII e parte del IX secolo. In quell’epoca vi abitarono numerosi santi e teologi molto influenti:

Il più grande teologo dell’VIII secolo, San Giovanni Damasceno

San Cosma l’Agiopolita

Santo Stefano il Melode,

San Michele il Synkellos

Santi Teodoro e Teofane i Graptoi (Marchiati)

San Teodoro, Vescovo di Karron

Santo Stefano il Taumaturgo

San Teodoro, Vescovo di Edessa e

Il Santo Martire Michele

L’ importanza teologica del Monastero di San Savva per la Chiesa raggiunse il suo apice quando San Giovanni di Damasco difese solidamente il posto delle sante icone nella Chiesa cristiana durante il primo periodo dell’iconoclastia (726-787 d.C.). Ancora una volta, durante il secondo periodo dell’iconoclastia (814–843 d.C.), san Teodoro Studita convocò i santi Michele Sincello, Teofane e Teodoro il Graptoi a Costantinopoli come confessori davanti al potere imperiale della Verità dell’Ortodossia.

Durante questi secoli il Monastero di San Savvas eccelleva anche nella documentazione teologica e liturgica, nella copiatura e nella traduzione. Fu il centro della letteratura georgiana dal VII al X secolo, oltre ad essere il centro di traduzione degli scritti ecclesiastici dal greco all’arabo.

In particolare, gli inni degli innografi savvaiti e le pratiche liturgiche del monastero di San Savvas furono ampiamente diffusi da illustri fondatori di monasteri dal IX al XIII secolo. Il Typikón di San Savvas influenzò, in misura maggiore o minore, i successivi Typiká monastici scritto da:

San Teodoro Studita (IX secolo)

San Paolo il Giovane del Monte Latros (XI secolo)

San Lazzaro del Monte Galesion (X-XI secolo)

San Luca da Messina, Sicilia (XII secolo)

San San Neofito il Recluso, Cipro (XII-XIII secolo)

San Nilo di Tamasia, Monastero di Maheras, Cipro (XIII secolo)

Il Typikón di San Savvas non fu una “regola” statica, ma piuttosto uno “standard” per lo sviluppo di servizi e pratiche successive. San Sofronio, patriarca di Gerusalemme (560–638 d.C.) revisionò il Typikón all’inizio del VI secolo. San Giovanni di Damasco (675-749 d.C.) ampliò il materiale.

La cosa più significativa è che San Giovanni Damasceno compilò, sistematizzò e organizzò i libri dei servizi della Chiesa ortodossa secondo il Typikón. Questi sono esattamente i libri di servizio utilizzati oggi in ogni chiesa – l’unico “cambiamento significativo” è la loro traduzione in varie lingue a seconda delle esigenze pastorali dei fedeli.

Conosciuto variamente come il Typikón “Gerusalemme”, “Palestinese” o “Sabbaita”, il “Typikón di San Savvas il Consacrato” rimane di uso diffuso e generale nella maggior parte delle comunità monastiche in tutto il mondo, nonché nelle parrocchie e nelle cattedrali della tradizione slava.

Il Typikón Studita, o “costantinopolitano”
Il Typikón “bizantino” seguito nella maggior parte delle parrocchie e cattedrali nella tradizione “greca” fu sviluppato direttamente dal “Typikón di San Savvas il Santificato”

Presso la “Grande Chiesa di Cristo” a Costantinopoli si sviluppò un ordine distintivo di servizi che rifletteva il suo legame con l’imperatore romano e la sua preminenza nella cristianità. Nota agli studiosi di liturgia come “Il Typikón della Cattedrale”, era allora conosciuto come ἁσματική ἀκολουθία (asmatiké akolouthía, o “servizio cantato”).

Pochissime tracce di questo Typikón sono sopravvissute fino all’era moderna per due motivi. Innanzitutto, questo Typikón è stato seguito solo in due chiese, la Grande Chiesa di Cristo, Ἁγία Σοφία – Santa Saggezza, e la cattedrale di San Dimitrios a Salonicco. In quest’ultima sopravvisse fino alla conquista ottomana e la maggior parte di ciò che se ne sa oggi deriva dalle descrizioni contenute negli scritti di San Simeone di Salonicco.

In secondo luogo, e più significativamente, il “Typikón della Cattedrale” fu incorporato nello Typikón Studita. Durante il periodo iconoclasta, San Teodoro Studita intuì che alcuni inni dell’innografia asmatiké akolouthía sia nella Chiesa Grande che nel monastero di Studion riflettevano alcuni concetti non ortodossi. Inoltre percepì che l’innologia del monastero di San Savvas era una guida sicura per la vera teologia ortodossa, come scrisse lui stesso al patriarca Tommaso di Gerusalemme.

I santi padri di Stoudios fusero l’asmatike akolouthia della Grande Chiesa con l’innografia di Studion per produrre l’ibrido “Typikón Studita”. Questo è il “Typikón bizantino” che è stato tramandato nelle Chiese greche. È la salmodia e l’innologia del palestinese Savvaite Orologion innestato nel quadro dei servizi praticati nella Grande Chiesa.

Il Monastero di Stoudion a Costantinopoli aveva quindi una pratica liturgica molto sofisticata e ricca, soprattutto per quanto riguarda i servizi quaresimali e pasquali. L’attuale Typikón del Patriarcato ecumenico, ancora intitolato “Typikón della Grande Chiesa di Cristo”, è la reiterazione di questa tradizione nel 21° secolo.

La prima stampa moderna del Typikón costantinopolitano risale al 1839. Protopsaltes della Grande Chiesa, Costantino Bisanzio, lo compose e pubblicò due volte: in greco come “Il Typikón ecclesiastico secondo lo stile della Grande Chiesa di Cristo” e anche in slavo.

Nel 1888, il Protopsaltes della Grande Chiesa, George Violakis, corresse errori e ambiguità nel testo di Bisanzio, e in seguito pubblicò il Typikón completato e corretto come “Typikón della Grande Chiesa di Cristo” che è ancora in uso oggi nelle chiese di prassi “bizantina”. Questo Typikón è spesso considerato prescrittivo e innovativo ma, come ha osservato il vescovo Kallistos Ware, “apportando questi e altri cambiamenti, forse Violakis non stava innovando ma semplicemente dando un’approvazione formale a pratiche che si erano già consolidate nelle parrocchie”.

Differendo in modo non significativo dal Savvaite Typikón, le edizioni pubblicate ogni anno negli ultimi anni riflettono tre tradizioni, o pratiche (riti): il Typikón della Cattedrale (della cattedrale patriarcale di San Giorgio), il Typikón monastico (per i monasteri in Grecia) e il Typikón parrocchiale per le chiese del Patriarcato Ecumenico nel mondo.

Parlando delle chiese che usano liturgicamente la lingua greca non si deve dimenticare che l’Athos non adottò le riforme di Costantinopoli del 1838 e rimase fedele al più antico Typikon.

Il Typikón “slavo” oggi
L’“Ordine dei servizi divini, secondo gli usi della Chiesa ortodossa russa” è fondamentalmente il Typikón monastico di San Savvas ereditato dalla Chiesa ortodossa russa. È utilizzato ancora oggi nei monasteri, nelle parrocchie e nelle cattedrali ed è il riferimento comune per i servizi celebrati nella Chiesa ortodossa in America.

Fonte: http://holywisdomorthodox.com/liturgical/typikon/