PRELEST: THE ORTHODOX WORD – 1965 – Vol. 1, No. 4, p. 155

di I. M. KONTZEVICH

Il cammino verso la trasfigurazione, e in effetti la ricerca della verità a qualsiasi livello, incontrano ostacoli – non tanto spesso un’opposizione diretta quanto una sottile seduzione satanica – di cui ogni Cristiano Ortodosso dovrebbe essere consapevole.

Il principale pericolo nell’intraprendere un percorso ascetico è la possibilità di essere soggetti all’autoinganno o prelest. “Tutte le forme di prelest”, dice il Vescovo Ignazio, “a cui è soggetto l’atleta della preghiera derivano dal fatto che il pentimento non è stato posto a fondamento della preghiera, che il pentimento non è stato reso l’anima e lo scopo della preghiera. Colui che tenta di accedere alle nozze del Figlio di Dio non in abiti nuziali puliti e luminosi, che sono stati tessuti con il pentimento, ma indossando degli stracci, in uno stato di autoinganno e di peccaminosità, viene gettato nelle tenebre esteriori; nell’inganno[1] demoniaco”. L’umiltà è la compagna costante della santità; l’umiltà con cui San Simeone il Nuovo Teologo riconosce la sua imperfezione e si pente dei suoi peccati e delle sue cadute passate, serve a garantire che la sua esperienza mistica sia completamente priva di elementi di prelest e di orgoglio spirituale. Nella letteratura ascetica ci sono innumerevoli avvertimenti dati a coloro che iniziano la vita monastica, per non permettere loro di soccombere a false visioni, per non farsi sedurre, per non scambiare un angelo delle tenebre per un angelo della luce. Allo stesso modo troviamo in San Simeone ammonizioni a non fidarsi della varietà di rumori, voci, apparizioni spaventose, visioni di luce percettibile, odori fragranti e così via, che si avvicinano all’asceta durante la preghiera… Insieme all’umiltà, il mistico è protetto dal pericolo di cadere in una sorta di falso misticismo di un legame segreto con la Chiesa”.

Tutte  le varie forme di autoinganno o prelest rientrano in due categorie e procedono, in primo luogo, da un’attività difettosa della mente e, in secondo luogo, da un’attività difettosa del cuore (sentimento): “È un orgoglio stolto desiderare e sforzarsi di ricevere visioni spirituali con una mente non purificata dalle passioni e non rinnovata e ricreata dalla mano destra del Santo Spirito; è lo stesso tipo di orgoglio e di stoltezza per il cuore desiderare e sforzarsi di godere dei sentimenti divini, quando è ancora del tutto inadatto ad essi” (Vescovo Ignazio).

Il primo tipo di prelest, a causa dell’eccitazione della mente e dell’immaginazione, finisce spesso con la pazzia e il suicidio; il secondo, che si chiama fantasia, anche se finisce più raramente in modo così tragico – perché la fantasia, anche se porta la mente alle più spaventose illusioni, non la getta ancora nel delirio come nel primo caso – è comunque altrettanto rovinoso. L’asceta, cercando di accendere nel suo cuore l’amore per Dio e trascurando il pentimento, si sforza di raggiungere un sentimento di delizia, di estasi, e come risultato ottiene esattamente il contrario: “entra in comunione con Satana e si infetta di odio per il Santo Spirito”.

“La fantasia”, in vari gradi, si trova ovunque: “Chiunque non abbia uno spirito contrito, che riconosca in sé alcun tipo di merito e di valore; chiunque non si attenga interamente all’insegnamento della Chiesa Ortodossa, ma su una tradizione o un’altra abbia elaborato il proprio giudizio arbitrario o abbia seguito un insegnamento non ortodosso, si trova in questo stato di prelest. Il grado di prelest è determinato dal grado di deviazione e di ostinazione nella deviazione” (Vescovo Ignazio).

Nello stato decaduto, tra tutti i sentimenti solo uno può essere utilizzato nell’adorazione invisibile: il dolore per i peccati, per la peccaminosità, per le cadute, per la nostra dannazione, che si chiama lutto, pentimento, contrizione dello spirito, ecc. «Il sacrificio a Dio è uno spirito contrito: un cuore contrito e umiliato non sarà disprezzato da Dio» (Sal 50,17)”. (Vescovo Ignazio)

Citiamo un esempio caratteristico di prelest derivante dall’eccitazione della mente e dell’immaginazione, tratto dalle parole del Vescovo Ignazio:

Un monaco lo visitò e gli disse: “Padre, prega per me, dormo e mangio molto”. Mentre diceva questo, il vescovo Ignazio sentì un calore che usciva da lui. Per chiarire lo stato spirituale del monaco, il vescovo Ignazio, gli chiese di istruirlo nella preghiera e, orrore, questo monaco cominciò a insegnargli un “metodo di preghiera estatica e visionaria”. “In seguito, è apparso chiaro che il monaco non conosceva affatto l’insegnamento dei Santi Padri sulla preghiera. Nel corso della nostra conversazione gli dissi”, racconta ancora il vescovo Ignazio:

“Senti, Starets, se vai a vivere a Pietroburgo, non prendere assolutamente una stanza al piano superiore, ma cerca di prenderne una al piano terra.

‘Per quale motivo mi dici questo?’ rispose il monaco.

‘Perché, rispose il vescovo, se mai gli angeli pensassero di sequestrarti e trasportarti da Pietroburgo all’Athos e ti prendessero da un piano superiore, se ti facessero cadere saresti ucciso; ma se ti prendessero dal piano terra e ti facessero cadere, ti faresti solo del male’.

‘Se tu sapessi, rispose il monaco, quante volte, mentre ero in preghiera, mi è venuto il vivido pensiero che gli angeli mi avrebbero portato via e messo sull’Athos’.

Si scoprì che questo schima-ieromonaco indossava catene, non dormiva quasi mai, mangiava poco e sentiva un tale calore nel corpo che non aveva bisogno di vestiti caldi in inverno. Verso la fine della conversazione mi venne in mente di prendere la seguente strada: Cominciai a chiedere al monaco, essendo un digiunatore e un asceta, di provare il metodo insegnato dai Santi Padri, in base al quale la mente durante la preghiera si libera da ogni tipo di fantasia, si assorbe interamente nell’attenzione alle parole della preghiera, è confinata e trattenuta, come si esprime San Giovanni della Scala (Gradino 28, 17), nelle parole della preghiera, mentre allo stesso tempo il cuore esprime il suo accordo con la mente per mezzo del sentimento di salvezza dell’anima, del dolore per i peccati, come disse San Marco l’Asceta: “Quando la mente prega senza distrarsi, il cuore è contento: Un cuore contrito e umiliato Dio non lo disprezzerà” (Filocalia, vol. 1). Quando l’avrai provato tu stesso”, dissi al monaco, ‘informami del risultato della tua esperienza, perché sarebbe terribile per me, con la vita distratta che conduco, intraprendere un tale esercizio’.

Il monaco accettò. Dopo qualche giorno, venne da me e mi disse: ‘Che cosa mi hai fatto? Ebbene, quando ho provato a pregare con attenzione, confinando la mente nelle parole della preghiera, tutte le mie visioni sono scomparse e non riesco più a riprenderle’. Conversando con il monaco non ho notato quell’audacia e quella fiducia in sé stesso che si notavano in lui durante il nostro primo incontro e che di solito si notano nelle persone che sono in uno stato di autoinganno, che si credono sante o che progrediscono spiritualmente. Il monaco espresse il desiderio di ascoltare i miei poveri consigli. Quando gli consigliai di non distinguersi dagli altri con l’apparenza, perché questo porta alla presunzione, si tolse le catene e me le consegnò. Allo stesso tempo mi disse che sul Monte Athos molti, anche tra coloro che godono di una reputazione di santità, usano il metodo di preghiera che lui aveva usato e lo insegnano anche agli altri” (Vescovo Ignazio).

Nota dell’editore: l’esempio di prelest sopra citato, tratto dalla vita monastica, non deve far supporre che sia un pericolo solo per i monaci e gli asceti: ha un’influenza molto potente anche a livelli elementari dell’ascensione spirituale. Nell’ulteriore selezione che segue dallo stesso saggio, il vescovo Ignazio descrive l’ingannevolezza dell’IMITAZIONE DI CRISTO di Tommaso da Kempis, un manuale religioso cattolico ancora molto popolare in Occidente, anche se ormai considerato “vecchio stile” dai modernisti cattolici che sono passati ad altre forme di prelest.

“In questo libro promana l’unzione dello spirito maligno, che lusinga il lettore, intossicandolo con il veleno della falsità… Il libro conduce il lettore alla comunione con Dio senza una precedente purificazione attraverso il pentimento; per questo motivo trova una particolare simpatia tra gli appassionati, coloro che non conoscono la via del pentimento, non sono preservati dall’autoinganno e dal prelest, non hanno come base autorevole l’insegnamento dei Santi Padri della Chiesa Ortodossa. Il libro produce un forte effetto sul sangue e sui nervi, li eccita, ed è per questo che è particolarmente gradito alle persone schiave della sensualità: con questo libro possono divertirsi senza rinunciare ai piaceri della sensualità. La presunzione di sé, la raffinata sensualità e la vanità sono messe in scena dal libro al posto dell’azione della Grazia Divina… Tramite questo le persone carnali entrano in estasi per un piacere e un’intossicazione e non sperimentano la crocifissione della carne con le sue passioni e i suoi desideri, bensì l’adulazione del loro stato decaduto”.


[1] Ndt. prelest nell’originale




28 Febbraio

28 Febbraio secondo l’antico calendario della Chiesa

Questo santo era un prete ad Alessandria nello stesso periodo in cui Dioscoro l’eretico era patriarca di Alessandria. Dioscoro era uno dei leader dell’eresia monofisita, che insegnava che c’era una natura in Cristo [umana] e non due nature [umana e divina]. Anche Marciano e Plucheria regnarono a quel tempo come imperatore e imperatrice. Questo uomo santo e devoto Proterio si oppose a Dioscoro per il quale sopportò molte miserie. Quindi fu convocato il quarto concilio ecumenico [Calcedonia, 451 d.C.] in cui fu condannata l’eresia monofisita, Dioscoro rimosso dal trono patriarcale e bandito in esilio. Proterio, questo vero credente, fu eletto al suo posto. Governò la Chiesa con zelo e amore; un vero seguace di Cristo. Tuttavia, i seguaci di Dioscoro non cessarono di creare disordini ad Alessandria. Al momento di uno di questi sanguinosi disordini, Proterio lasciò la città con l’intenzione di starne temporaneamente lontano. Lungo la strada, il profeta Isaia gli apparve in una visione e disse: “Torna in città, ti sto aspettando per prenderti”. Proterio tornò ad Alessandria ed entrò nella chiesa. Dopo aver sentito ciò, gli eretici infuriati si precipitarono nella chiesa, afferrarono il patriarca e lo pugnalarono dappertutto con i coltelli. Anche altri sei cristiani furono uccisi con Proterio. Così, Proterio, questo meraviglioso pastore del gregge di Cristo, ricevette la corona del martirio per la verità dell’Ortodossia nell’anno 457 d.C.

Basilio era un compagno e un compagno di ascesi di San Procopio Decapolitoa. Basilio seguì fedelmente il suo maestro Procopio sia in tempi di pace che in tempo di persecuzione. Soffrì molte difficoltà da parte degli iconoclasti e quando gli iconoclasti furono sconfitti, Basilio, secondo la Provvidenza di Dio, tornò insieme a Procopio al suo monastero dove nel digiuno e nella preghiera visse una lunga vita di ascetismo. Morì serenamente nell’anno 747 d.C.

Nestor era il vescovo di Magydos in Panfilia. Si distinse per la sua grande mansuetudine. Durante il regno di Decio, fu processato e crudelmente torturato per Cristo. Prima di morire, vide in una visione un agnello sacrificale, che interpretò come un segno del suo imminente sacrificio. Fu torturato dall’Eparca [governatore] Publio e alla fine fu crocifisso a Perga, la capitale della provincia, nell’anno 250 d.C.

visse come un “matto per Cristo” nella città di Pskov durante il regno dello zar Ivan il Terribile e morì il 28 febbraio 1576 d.C.

DUE NATURE

Due nature, il Signore ha unito,

Che Egli non separa più:

Umano e Divino,

Che Egli non separa più:

Dio e Uomo – Unica Persona

In entrambi i rispetti; immutato

Il Dio-Uomo e Salvatore,

Ciò che è separato – l’Unificatore,

Interprete degli eterni misteri,

Fondatore del regno dei santi,

All’uomo, Dio si è avvicinato,

Il tempo sollevato, l’eternità discesa

Della Santa Trinità, Cristo la tromba

Delle Due Nature, Cristo il mistero:

Il vero Dio si è fatto uomo,

È rimasto in alto e scende in basso,

Non è caduto o inciampato,

Ma si è avvolto nella carne.

Questo è amore santo, puro,

Amore eterno, eternamente lo stesso:

Un gigante che ha sollevato, con il suo mignolo,

e cio è incomprensibile alla mente.

“I pazzi per Cristo” si distinguevano per la loro rara impavidità. Il Beato Nicola correva per le strade di Pskov fingendo follia rimproverando la gente per i loro peccati nascosti e profetizzando ciò che sarebbe accaduto loro. Quando Ivan il Terribile entrò a Pskov, l’intera città era in preda alla paura e al terrore del Terribile Zar. Come benvenuto allo Zar, pane e sale furono posti davanti a ogni casa, ma la gente non si fece vedere. Quando il sindaco della città presentò allo Zar pane e sale su un vassoio davanti alla chiesa, lo Zar spinse via il vassoio e il pane e il sale caddero a terra. In quel momento, il Beato Nicola apparve davanti allo Zar con una lunga camicia legata con una corda, saltellando su un bastone come un bambino e poi gridò: “Ivanuska, Ivanuska, mangia pane e sale e non sangue umano”. I soldati si precipitarono fuori per catturarlo, ma lui fuggì e si nascose. Lo Zar, venendo a conoscenza di questo Beato Nicola, chi e cosa fosse, gli fece visita nel suo povero alloggio. Era la prima settimana del digiuno [la prima settimana di Quaresima]. Dopo aver sentito che lo zar sarebbe venuto a fargli visita, Nicola trovò un pezzo di carne cruda e quando lo zar entrò nei suoi alloggi, si inchinò e gli offrì la carne. “Mangia Ivanusha, mangia!” Con rabbia, il terribile zar rispose: “Sono cristiano e non mangio carne durante la stagione del digiuno”. Allora l’uomo di Dio gli rispose rapidamente: “Ma tu fai anche di peggio: ti nutri di carne e sangue degli uomini, dimenticando non solo la Quaresima ma anche Dio!” Questa lezione entrò profondamente nel cuore dello zar Ivan e lui, vergognandosi, lasciò immediatamente Pskov dove aveva intenzione di perpetrare un grande massacro.

Contemplare il Signore Gesù come Pane di vita: «Io sono il Pane di vita» (Gv 6,48).

1. Come Pane di cui l’anima si nutre e vive;

2. Come Pane di cui la mente si nutre e si illumina;

3. Come Pane di cui il cuore si nutre e si nobilita.

Sul nutrimento dell’anima

“Io sono il pane della vita” (Giovanni 6:48).

Così parlò il Signore Gesù alla generazione affamata dell’uomo. Questa parola si è realizzata nel corso dei secoli per i numerosi seguaci di Cristo che hanno ricevuto il Signore come nutrimento delle loro anime. Un giovane disperato che era vicino al suicidio si confessò a un padre spirituale. Il padre spirituale lo ascoltò attentamente e gli disse: “Figlio mio, sei tu il colpevole della tua sventura. La tua anima è morta di fame. Durante tutta la tua vita, hai imparato solo come nutrire il tuo corpo, ma non hai mai pensato che l’anima richiedesse nutrimento; più grande e più spesso di quello di cui il corpo ha bisogno. La tua anima è sul punto di morire di fame. Figlio mio, prendi e bevi Cristo [Santa Comunione]. Solo questo può ristorare la tua anima dalla morte. Ogni giorno e continuamente prendi e bevi Cristo. Egli è il pane vivificante delle nostre anime”. Il giovane ascoltò l’anziano e tornò alla vita.

Fratelli, nutriamo la nostra anima con Cristo affinché la nostra anima possa essere viva e sana. Nutriamo continuamente la nostra mente con i pensieri di Cristo affinché la nostra mente possa essere illuminata e chiara. Nutriamo continuamente il nostro cuore con l’amore di Cristo affinché il nostro cuore possa essere pieno e gioioso. Nutriamo continuamente la nostra volontà con i comandamenti di Cristo e l’esempio di Cristo affinché la nostra volontà, ogni minuto, possa compiere buone azioni. Lasciamo che i pensieri di Cristo siano i nostri pensieri e l’amore di Cristo il nostro amore e la buona volontà di Cristo la nostra buona volontà. Nutriamo continuamente le nostre anime con Cristo il Signore; con la nostra anima prendiamo continuamente parte di Lui e beviamo Lui! Non c’è Pane più nutriente di Lui; non c’è bevanda più dolce di Lui. Nella Santa Comunione, Egli si dona completamente a noi: Corpo e Sangue. Ma la Santa Comunione è un avvertimento che le nostre anime devono essere continuamente nutrite da Lui; prendiamo continuamente parte di Lui e beviamo di Lui proprio come respiriamo continuamente. O, nostro Dio e Dolce Signore, risveglia le nostre anime affinché siano continuamente nutrite da Te e rimangano vive. Tu sei il nostro Pane di Vita.

A Te sia sempre rese gloria e grazia. Amen.




Cinque personalità che hanno contribuito alla fondazione del Patriarcato rumeno

Martedì 04 febbraio 2025, la Chiesa ortodossa rumena celebra 100 anni dalla sua elevazione al rango di Patriarcato. Questo evento storico non avrebbe potuto aver luogo senza il contributo di personalità significative per l’ortodossia rumena.

Tra le persone che hanno contribuito alla proclamazione del Patriarcato ci sono gerarchi della Chiesa ortodossa rumena, rappresentanti del Patriarcato ecumenico e il re del Paese.

Il patriarca Miron Cristea, primo patriarca della Chiesa ortodossa rumena. Fonte della foto: pubblico dominio

La figura centrale nell’elevazione della Chiesa ortodossa rumena al rango di Patriarcato è il Metropolita Primate Miron Cristea, che divenne il primo Patriarca della Romania.

Sebbene l’elevazione al rango di Patriarcato sia avvenuta il 4 febbraio 1925, l’intronizzazione del primo patriarca ebbe luogo il 1° novembre 1925. Durante questo periodo, il Patriarcato rumeno fu riconosciuto dallo Stato e dal Patriarcato ecumenico.

Nel suo primo discorso da Patriarca, Miron Cristea ha sottolineato l’idea fondamentale che “l’unità spirituale di milioni di credenti ortodossi rumeni accrescerà lo spirito vivificante per il nostro popolo e il loro Paese e formerà, dal coagulo spirituale, il cemento più solido per la coesione del Paese e il suo normale sviluppo futuro verso un’unità nazionale sempre più forte”.

Metropolita Pimen Gerogescu. Fonte della foto: pubblico dominio

Il metropolita Pimen Georgescu della Moldavia fu colui che redasse la proposta di elevare la Chiesa ortodossa rumena al rango di Patriarcato.

Nella storica giornata del 4 febbraio 2025, per motivi di salute non ha potuto partecipare alla riunione del Santo Sinodo.

Seguendo l’ordine gerarchico, la proposta è stata letta dal metropolita Nectarie Cotlariuc di Bucovina. L’atto è stato firmato da sette gerarchi del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa rumena.

La proposta era la seguente: “La metropolia di Ungro-Vlachia, con sede metropolitana a Bucarest, dovrebbe essere elevata al rango di Patriarcato, e il metropolita di Ungro-Vlachia, in quanto primate della Romania, che è anche presidente di diritto del Santo Sinodo, dovrebbe portare il titolo di Patriarca della Chiesa ortodossa nazionale rumena con residenza a Bucarest”.

Vescovo Bartolomeu Stanescu di Ramnic, Noul Severin. Fonte della foto: pubblico dominio

Il vescovo Bartolomeu di Râmnicu Stănescu ha ricevuto dal Santo Sinodo della Chiesa ortodossa rumena lo status di referente per redigere l’atto di istituzione del Patriarcato rumeno.

“Il popolo rumeno istituisce da oggi in poi, attraverso la propria sovranità, politica ed ecclesiastica, il Patriarcato per la Chiesa ortodossa rumena, riconoscendo al Metropolita di Bucarest del Paese il titolo di Patriarca di Romania, in luogo del titolo finora attribuitogli di Primate di Romania”, si legge nel documento fondativo del Patriarcato rumeno.

Secondo il Patriarcato rumeno, il vescovo Bartolomeu Stănescu, insieme ai vescovi Nectarie di Bucovina e Luciano di Roman, sono stati incaricati di redigere l’atto di notifica alle altre Chiese sorelle. Atti e documenti.

Patriarca ecumenico Basilio III. Fonte della foto: pubblico dominio

Il riconoscimento dell’elevazione della Chiesa ortodossa rumena al rango di Patriarcato è legato alla personalità del Patriarca ecumenico Basilio III.

Il 23 settembre 1925 una delegazione del Patriarcato ecumenico si recò a Bucarest per firmare il Tomos di riconoscimento del Patriarcato rumeno. La delegazione era composta dai metropoliti Gioacchino di Calcedonia e Germano di Sardeona, accompagnati dal Gran Dragomanno del Patriarcato ecumenico, Spiru Constantinidis.

“Ci congratuliamo vivamente con Vostra Beatitudine per la nuova dignità di alto onore, che, con decisione unanime, è riconosciuta dal nostro Santo e venerabile Sinodo”, afferma il Tomos del Patriarcato ecumenico.

La firma di questo atto è avvenuta a Bucarest il 27 settembre.

Il Patriarca Basilio III inviò anche una lettera enciclica a tutte le Chiese ortodosse autocefale, annunciando il riconoscimento del Patriarcato rumeno.

Re Ferdinando I. Fonte foto: pubblico dominio

Fu re Ferdinando I, che regnò tra il 1914 e il 1927, a promulgare la Legge per l'”Elevazione dell’Arcivescovado e della Sede Metropolitana di Valacchia Ungherese, da Primate di Romania, a Sede Patriarcale”.

L’articolo due di questa legge prevedeva: “L’attuale Arcivescovo e Metropolita di Valacchia-Ungheria, Sua Santità DD Miron Cristea, diventa, nella sua qualità di Primate di Romania, Patriarca della Chiesa ortodossa rumena”.

Questa legge fu promulgata a Bucarest il 23 febbraio 1925 dal re Ferdinando I e registrata nella Gazzetta Ufficiale numero 44, in data 25 febbraio 1925.

Un secolo dopo questo evento storico, la Chiesa ortodossa rumena ha proclamato il 2025 “Anno di omaggio al centenario del Patriarcato rumeno” e “Anno commemorativo dei padri spirituali e confessori ortodossi rumeni del XX secolo”.

Informazioni estratte dal volume “Patriarcato rumeno. Atti e documenti”, Archim. Tit Simedrea, Tipografia dei libri della Chiesa, 1926. 




Padre Kosmas Aghiorita

Il Monaco Kosmas, nel mondo Papapetrou Andreas, è nato a Gribovo il 10 marzo 1952. I suoi genitori Georgios e Demetra erano uomini semplici con profonda fede in Dio. Il giovane Kosmas si distingueva sin da piccolo per il suo amore per lo studio. Si è diplomato con lode nel paese natale, alle elementari e alle medie. Iscrittosi alla Facoltà di Lettere di Atene si è laureato con lode proseguendo con gli studi post-laurea a Roma. Fin da giovane era chiaro il suo ampio e inquieto spirito, che non poteva essere soddisfatto da una vita convenzionale e “solita”. Era in cerca dell’assoluto, della completezza di vita e di libertà. Leggendo le Vite dei Santi e conoscendo monaci virtuosi, ha desiderato ardentemente di seguire la loro vita, una vita vicino a Dio, ascetica, senza distrazioni, in preghiera e astinenza. Così, abbandonando la vanità del mondo, prese la grande decisione e nel 1984 [1], all’età di 32 anni, si recò al Monte Athos, al Monastero della Megistis Lavras, dove dopo un anno e mezzo, il 17 gennaio 1986 è diventato monaco prendendo il nome Kosmas. La scelta del nome non fu casuale. Considerava san Kosmas d’Etolia (l’athonita) come suo Santo Patrono, il quale in condizioni molto difficili durante la metà del XVIII secolo poté, partendo dal Monte Athos, trasmettere la fiaccola della fede ortodossa e dell’amore per Dio, alla maggior parte dei luoghi della Grecia, sotto gli Ottomani. Grazie al lavoro missionario dell’athonita Neomartire Kosmas di Etolia, gran parte della popolazione è rimasta cristiana e ortodossa. Padre Kosmas rimase all’interno del monastero della Megistis Lavras come monaco per un anno e mezzo. Infiammato dal desiderio dell’esichia e dopo aver trascorso un altro anno e mezzo di ascesi nel deserto del monte Athos, nel 1989 si stabilì nella Kalìvi di San Basilio e di San Teofilo il Mirovlita nella regione desertica di Kapsala [2],presso i limiti del Monastero del Pantocratore in rigorosa ascesi e sofferenze. Aveva un legame particolare con il noto monaco athonita, l’anziano Paisios. Quando padre Kosmas incontrò per la prima volta il p. Paisios, allora lui, senza conoscerlo, lo guardò e disse: “Che bel posto che è la Calabria, padre Kosmas!”. Padre Kosmas rimase sorpreso; da allora cominciò con maggior zelo ad interessarsi e a studiare. Frutto dei suoi studi fu la pubblicazione dell’originale testo greco con la traduzione della vita di San Luca il Grammatico nel 1992 [3] e il testo originale della vita di S. Elia il Giovane (il Siciliano), con un’introduzione, la traduzione in greco moderno e la traduzione in italiano a fianco di Stefano dell’Isola, nel 1993 [4].

Grazie alle iniziative di p. Kosmas è stata celebrata il 2 febbraio del 1993 la Divina Liturgia nella piccola antica chiesa di San Giovanni Crisostomo a Gerace di Calabria, rimasta chiusa da secoli. Alla sua presenza, il filologo calabrese Domenico Minuto lesse in italiano un discorso di p. Cosmas che cominciava così: “Siamo venuti qui dalla terraferma opposta, seguendo le stesse strade che hanno percorso le icone della Theotokos, una delle quali, l’Odighìtria (la Madonna dell’Itria) di Gerace, è arrivata qui alla riva. Gli stessi percorsi hanno fatto i Santi di Calabria, che andavano dove li guidava lo Spirito di Dio. Del resto, questo mare ci unisce, piuttosto che dividerci” [5]. Questo stesso Spirito di Dio ha portato p. Kosmas, dopo un breve soggiorno nel deserto del Monte Athos, ad andare l’anno successivo, nell’autunno del 1994, in Calabria dove rimase per undici anni consecutivi fino alla fine del 2005. Con la benedizione del suo padre spirituale si stabilì tra le rovine del monastero di San Giovanni il Mietitore (Theristìs) a Bivongi [6]. Con molte fatiche ha restaurato il tempio abbandonato, vivendo in condizioni molto difficili. In un testo relativo al quel periodo riferisce quanto segue: “Quando sono venuto a vivere tra le rovine del Monastero sono rimasto incantato dalla solitudine … desideravo che ritornassero a sentirsi i nostri canti, la lingua greca…” [7]. Ha scritto confessandosi: “Ricordo con nostalgia i primi anni nel monastero, quando la chiesa era ancora scoperta del tetto, dove le colombe avevano il nido. Senza acqua, senza elettricità. Ma la grazia del Santo era evidente… Ho preferito il ruolo del sagrestano che del missionario. Qui hanno vissuto molti santi…” [8]. Sul ritorno dell’Ortodossia in Italia, p. Kosmas dice lapidariamente: “Sono tre i fattori che hanno permesso e stimolato il ritorno dell’Ortodossia. Il primo è stato il forte desiderio di alcuni illuminati, che hanno sviluppato rapporti con la Grecia e in particolare con la Santa Montagna. Il secondo è l’Europa Unita, che permette il movimento facile e trasparente tra i cittadini degli stati membri… Il terzo fattore è la desacralizzazione del mondo Occidentale, che cerca disperatamente il sacro… La nostra presenza in un luogo che in passato era nutrito di testi filocalici è benaccetta e suscita varie discussioni, buone curiosità e interessanti ricerche” [9].

Riguardo all’opera di p. Kosmas in Italia ci sono sicuramente molte persone con ricca esperienza personale che avrebbero molto da dire dell’umile monaco, di colui che prestava servizio ai santi, che serviva tutti indistintamente con disinteresse e colmo di amore. Pochi mesi dopo il suo allontanamento ingiusto e doloroso dall’Italia, p. Kosmas è tornato a Kapsala nell’estate del 2006 e, in particolare, alla Kalìvi dell’Isòdia della Theotokos. In questa storica dipendenza monastica del Monastero del Pantocratore hanno vissuto nel passato dei grandi personaggi come San Nicodemo l’Aghiorita, San Macario di Corinto e San Nifon di Chios. In questa umile Kalìvi, della quale è stato l’Anziano [10], è spirato il 12 dicembre 2010. Fino alla fine, il suo desiderio e l’amore per i suoi fratelli in Italia bruciava il suo cuore. Di recente Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo, gli aveva affidato ancora una volta il caso di San Giovanni il Mietitore, che per p. Kosmas era l’opera della sua vita. Questa fu una rivincita morale per lui, anche se non visse abbastanza per vedere la completa restaurazione. [11]

In uno dei suoi ultimi testi scritti, confessa coraggiosamente ed anche profeticamente: “Tutte le bellezze di questo mondo mi han lasciato un residuo d’amarezza di languore… Oltre una festa, oltre il piacere estetico, oltre un piacere superiore carnale, il nostro Dio è sempre in nostra attesa nell’aldilà quando stanchi del sentimento inappagato proviamo la solitudine gelida… C’è sempre una finestra oscura ma vera, che ci mostra se vogliamo vedere le cose diversamente. Non aver paura delle finestre e non cancellare dalla memoria una morte improvvisa di un tuo concittadino, perché perderai un prezioso campo visivo. Le sfortune sono vicine, pronte a creare una spaccatura nel cemento della fiducia che abbiamo in noi stessi. È attraverso queste “orribili” spaccature che giunge Dio, il quale ama e rispetta la nostra solitudine. Niente è più forte della disperazione” [12]. E in un altro testo dice ancora: “Rifletto sull’opera di Cirillo e Metodio, che esteriormente è fallita, ma ha avuto degli effetti duraturi. Rifletto sulle umiliazioni e le persecuzioni che hanno subito”.

Infatti, nostro concittadino e nostro fratello del monastero p. Kosmas non dovrebbe essere cancellato dalla nostra memoria. La sua morte improvvisa ci apre un prezioso campo visivo. La sua opera, crediamo, avrà degli effetti duraturi. Accese la candela del monachesimo athonita e della nostra tradizione ortodossa dopo molti secoli in Italia e ora, libero nel cielo, privo da ogni dolore, tristezza e sospiro, continua la sua missione: pregare per i fratelli che ha tanto amato.

Eterna sia la memoria del servo di Dio, Kosmas monaco!

Le sue preghiere siano con noi!

[1] Il 6 giugno 1984, come da Certificato della Grande Lavra n. 436/7-8-1987.

[2] Con la Lettera n. 272/1991 del Sacro Monastero del Pantocratore è stato annunciato alla Sacra Comunità la sua assunzione, come monaco. In una sua lettera al Monastero del Pantocratore del 15 luglio 1991, p. Kosmas afferma che egli risiede “da due anni nel semi-diroccato Kellìon di San Teofilo il Mirovlita, di Kapsala”.

[3] Prima edizione per le edizioni St. Kemetsetzidis nel 1992. Edizione riveduta pubblicata dalle edizioni Mygdonia, 1998 (prima edizione) e 2002 (seconda edizione).

[4] Presso le edizioni Akritas, in Biblioteca Agiologica (Αγιολογική Βιβλιοθήκη), n. 5, in collaborazione con la casa editrice Giuseppe Pontari.

[5] Cfr. “Athos e Gerace” («Άθως και Ιέραξ»), in Òssios Gregorios 18 (1993), p. 60. Riferimento all’articolo di p. Antonios Pinakoulas, “Cosmas monaco. L’ultimo viaggiatore morto”, in Sinaxi 117, gennaio-marzo 2011, p. 102.

[6] Il 20 febbraio 1995 il Consiglio Comunale di Bivongi ha ceduto unanimemente la Basilica bizantina di San Giovanni il Mietitore al monaco athonita Kosmas: «Art. 1: Il Complesso della Basilica Bizantina di San Giovanni Theristìs viene concesso in uso al fine di consentire al Monaco Kosmas AGHIORITA (al secolo Andreas PAPAPETROU, nato a Ioannina il 10 Marzo 1952, cittadino greco) ed agli altri monaci la pratica della vita ascetica scandita dalle officiature ed attività previste dalla Tradizione aghiorita».

[7] V. “Pensieri e Meditazione nella Magna Grecia” («Λογισμοί και Διαλογισμοίστην Μεγάλη Ελλάδα»), Nea Estia 1829, gennaio 2010, par. 5 e 6.

[8] V. sopra, Nea Estia 1834, giugno 2010, par. 54 e 53. Inoltre, nella Prefazione della Vita e dell’Ufficio di San Giovanni il Mietitore, nel novembre del 1995 (v. Nicodemo Nicterinos, Vita e Ufficio di San Giovanni il Mietitore, ed. Sacro Monastero di San Giovanni il Mietitore, Atene 2003, p. 13), p. Kosmas scrive in un testo intitolato “In mezzo alle rovine”: “siamo tornati a casa nostra [nota: cioè, siamo giunti nella nostra terra] e ci hanno accolto amorevolmente i santi del luogo, le macerie e i sospiri sotterranei dei nostri antenati imbavagliati”.

[9] Kosmas Monaco, “La presenza ortodossa in Magna Grecia”, Sacro Monastero di San Giovanni il Mietitore, 2003, p. 6.

[10] Anziano: colui che presiede la Kalìvi

[11] Padre Kosmas scrive da Bivongi, in una lettera indirizzata al Patriarca Ecumenico con data 9 novembre 2010, un mese prima della sua morte: “Il passaggio comodo e senza ostacoli attraverso il Monastero alle nostre terre, è per me una grande consolazione… Noi preghiamo e aspettiamo la soluzione del problema secondo la legge statale e quella ecclesiastica. Ci auguriamo che il Suo intervento sia decisivo”. Nelle ultime note trovate nel suo ufficio, dopo la sua morte, esprime il suo disagio per l’andamento giudiziario del caso ecclesiastico: “Il problema del Sacro Monastero del Mietitore rimane aperto. I monaci rumeni che sono entrati nel monastero irregolarmente secondo i canoni ecclesiastici, nel luglio del 2008, si rifiutano di lasciarlo anche se il Metropolita d’Italia e il Patriarcato Ecumenico hanno richiesto loro di partire. Purtroppo il caso sarà giudicato in primavera presso la Corte Suprema in Italia dopo il ricorso della Sacra Metropoli. Dico purtroppo, perché un’ecclesiastica ques[tione]…”. Queste furono le sue ultime parole.

[12] C. Monaco, “Lettera dal Monte Athos”, in O Papoulakos, 43, luglio-settembre 2010, pp. 1-2.




Un mantra del secondo secolo che glorifica Maria dalla Cina

A molti sembra impossibile che nella Cina del secondo secolo esistesse un poema circolare che glorificava Maria come “virtuosa madre del Figlio dell’uomo”: “Figlio dell’uomo” è un’espressione che Gesù prese per sé dal profeta Daniele e che non ha equivalenti altrove. Anche la menzione di un singolo Dio nel mezzo del politeismo è molto significativa e il significato completo testimonia anche la natura inequivocabilmente cristiana dell’iscrizione e quindi la presenza precoce del cristianesimo in Cina.

Il caso era aperto dal simposio del 2012, quando David Linxin He (Max Planck Institut, Monaco) delineò lo stato della questione in quel momento. Al convegno del 2021, organizzato in Vaticano dal Pontificio Consiglio per le Scienze Storiche, ebbe modo di riferire sui progressi della ricerca. Il suo contributo si trova in Inchiesta sulla storia dei primi secoli della Chiesa/A Survey of the History of the Early Centuries of the Church , Roma, IBS (Libreria Editrice Vaticana), 2024, a cura di Enrico dal Covolo e Maxime K. Yevadian, pp. 599-611.

Ecco i risultati della sua ricerca.

C’è un disco di specchio in bronzo da 13,4 cm (collezione privata), mostrato in varie pubblicazioni nel 2009. Proviene sicuramente dalla tomba di una principessa: si può vedere la rottura in due, in conformità con l’usanza che lo specchio della persona che lo ha usato debba essere sepolto con lei e rotto in due. Lo specchio ha un piccolo foro attraverso il quale può essere appeso a una corda, a differenza degli specchi romani, che erano attaccati a un manico. Il confronto con altri specchi che raffigurano anche animali più o meno immaginari, con il loro stile o tipo di iscrizione, lo datano sicuramente a un “periodo abbastanza breve dalla fine del tardo Han all’inizio dei Tre Regni”, vale a dire nel secondo secolo d.C. Ciò che ci interessa qui è l’iscrizione: nota Linxin He, nel suo contributo, “Uno specchio che rende grazie alla Vergine Maria?”

Qui viene fornito in sequenza, tuttavia fin dal primo studio del professor Jacques Grange des Rattes, i ricercatori hanno capito che i caratteri devono essere letti in gruppi di tre (o equivalenti di tre):

作 神 镜– rendere divino lo specchio.

zuo4 – non solo creare, produrre, ma anche nel senso di
 (昨) zha4 – 1) improvviso, improvvisamente, bruscamente, rapidamente, inaspettatamente, 2) per la prima volta, 3) di recente, appena accaduto, proprio ora.

shen2 – 1) spiriti celesti o santi, divinità; 2) Spirito Supremo: Dio; 3) Principio vitale superiore. 4) vitalità; spinta; energia; movimento. 5) prodigioso; meraviglioso; soprannaturale; miracoloso.

申 shen1 – 1) parlare, dire; far sapere, esporre, esprimere, raccontare; 2) informare un superiore per iscritto.

jing4 – specchio. Oppurejing4 – completamento, fine; realizzare, infine, interamente.

Lettura alternativa:作申竟– recentemente – la parola/scritture – adempiono, cioè, le Scritture si sono appena adempiute .

尊 一 帝– adorare/benedire l’unico Dio.
zun1 – rispettare, onorare, venerare
yi1 – uno solo
di4 – imperatore, sovrano, divinità, sovrano del Cielo

德 母 目 人 子– Madre virtuosa testimone Figlio dell’uomo (qui due parole sono scritte con due caratteri perché sono estranee alla cultura cinese, infrangendo la regola dei tre caratteri per strofa).
de2 – vurtuoso, benevolo, buono
mu3 – 1) madre; 2) mt lady, signora; 3) fonte, origine
mu4 – osserva, testimonia ciò che è stato visto

ren2 – man
zi3 – figlio (ordine sia in cinese che in inglese, ad esempio, il padre di John) 

有 玉 赫 – c’è una giada splendente/lei ha un Re splendente
 : You3 – avere (un ricercatore ha paragonato questo caratterecon il sanscrito भाव , bhāva , che indica la continuità della vita e della morte).
yu – giada, come la giada, owang – Re
he4 – brillante, rosso incandescente, splendente, sgargiante

志 重 须 育– forte volontà, importante – dover – sollevare
zhi4 – 1) intenzione, volontà, risoluzione, tendere a un obiettivo 2) notare, contrassegnare
zhong4 – 1) aspettare, un momento, ritardare, rimandare, fermare, cessare, richiedere, 2) avere bisogno o pesante, serio, dare importanza a, o
chong2 – raddoppiare, ripetere, di nuovo; ricominciare/o, numerosi
xu1 – il piccolo carattere aggiunto prima della lettera – falloir, devoir
yu4 – 1) dare alla luce, generare, produrre; 2) allevare, nutrire, educare, istruire, addestrare

Possibile lettura:志 重 须 育– l’obiettivo è importante, devi insegnare/ Incarnarlo era la tua pesante missione

Se vogliamo articolare le cinque strofe con un significato, partendo dalla lettura di Jacques Grange “Le profezie si sono compiute”, abbiamo:

Le profezie si sono avverate.
Benedetto sia l’Unico Dio!
La Madre virtuosa rende testimonianza al Figlio dell’Uomo.
Ha ricevuto il Re della Luce.
Incarnarlo era la sua pesante missione.

Se leggiamo “per fare uno specchio divino”, abbiamo:

Rispecchiando il divino
Adorando l’unico Dio
La Madre virtuosa rende testimonianza al Figlio dell’Uomo
C’è una giada che lo contrassegna brillantemente
Dobbiamo insegnare.

Il che è piuttosto allusivo, ma in ogni caso rimanda a «un messaggio evangelico che rivela una particolare attenzione alla “madre virtuosa” e alla sua missione» (p. 607).

Nel settimo secolo, sotto la dinastia Tang, il cristianesimo divenne noto come 景教Jingjiao , la “Religione luminosa della luce”.

Gentile Dottore,
questa mattina mi è giunta la notizia che quattro giorni fa, il 28 maggio, è stato scoperto uno specchio di bronzo.
È datato 200-300 d.C. Sul retro ci sono 16 caratteri cinesi:

作神镜         Fai uno specchio santo
尊一帝         Adora l’unico Dio
德母目人子  Vergine Madre che guarda il Figlio dell’Uomo
有玉赫         Con splendore di giada
志 N oted
重须育(?)      Di: Chong Xuyu(?)

(L’autore dell’e-mail ha avuto difficoltà a riconoscere l’ultimo carattere:).

Per brevità, un ricercatore ha proposto una divisione in sei strofe che terminano con il tono 4; questo non tiene conto del fatto che è stato aggiunto il carattereXu1, ma offre un significato (da verificare):

昨神镜 – zuo4 shen2 jing4

尊一帝 – zun1 yi1 di4

徳母目 – de2 mu3 mu4

人子有 – ren2 zi3 you3/4

玉赫志 – yu4 he4 zhi4

重须育 – zhong4 xu1 yu4

Insegnamento importante:
Tu sei lo specchio di Dio,
sii benedetta fra tutti.
Madre virtuosa, che hai visto
Colui-che-È il Figlio dell’Uomo,
il Re risplendente.

FONTE:




“UN NUOVO SANTO ORTODOSSO”: THE ORTHODOX WORD – 1965 – Vol. 1, No. 1, p. 32-34

1829-1908

Il 19 Ottobre (1 Novembre) 1964, nella Cattedrale dedicata all’Icona della Madre di Dio del Segno nella città di New York, il Vescovo della Chiesa Ortodosso Russa al di fuori della Russia (ROCOR) ha canonizzato solennemente un nuovo Santo della Chiesa Ortodossa: San Giovanni di Kronstadt.

Questo Santo, morto di recente nel 1908 dopo una lunga vita di servizio alla Chiesa come parroco e guida spirituale dei fedeli, era famoso già in vita per l’abbondanza della Grazia divina che si manifestava attraverso di lui, in particolare nelle guarigioni miracolose dei malati. Continuò a fare miracoli anche dopo la sua morte e tra i fedeli russi dell’emigrazione è stato a lungo venerato come un santo. La sua canonizzazione, la prima che la Chiesa ortodossa russa ha compiuto nei difficili anni successivi alla Rivoluzione, risponde a questa venerazione popolare e alla convinzione dei Vescovi, condivisa da molti fedeli, che i tempi fossero ormai maturi per questo atto.

Questo grande Santo ha avuto un ruolo speciale nella vita del popolo russo ortodosso. È stato un profeta che ha previsto la caduta dell’Impero russo e l’esilio dei fedeli russi. Vedendo la causa spirituale di questa caduta nella mondanità e nella mancanza di una fede viva, così diffuse nell’ultimo periodo dell’Impero, chiamò i fedeli ortodossi al pentimento e a una rinnovata consapevolezza della loro vocazione e responsabilità cristiana.
Il suo appello è ancora oggi ascoltato e se il popolo russo ortodosso disperso in esilio in tutto il mondo è rimasto un unico popolo – anche se solo come un residuo – e fedele alla Santa Ortodossia, è in parte dovuto al suo esempio ancora vivo e alle sue sante preghiere.

L’importanza di San Giovanni per il popolo russo è quindi indiscusso. Ma c’è qualcosa di straordinario nella sua canonizzazione: non è avvenuta in Russia, ma in America. Per i russi credenti, a dire il vero, non c’è nulla di strano in questo. La terra russa è asservita e il maggior numero di fedeli e la sede del Sinodo dei Vescovi della libera Chiesa ortodossa russa si trovano ora in America; come spesso in passato, anche ora il riconoscimento di un Santo russo universale inizia a livello regionale, essendo il suo aperto riconoscimento da parte dell’intero popolo russo necessariamente rimandato a un futuro indefinito. Per i non russi, tuttavia, è il suo significato più ampio che interessa.

Fino ad oggi, si potrebbe dire, San Giovanni è appartenuto al popolo russo ortodosso; ma ora, pur rimanendo il patrono spirituale del popolo russo sofferente, è diventato un Santo della Chiesa ortodossa universale di Cristo, e il suo santo esempio di vita in Cristo è stato presentato al mondo intero. Non è un caso che la sua canonizzazione sia avvenuta al di fuori della Russia; egli stesso aveva previsto che il popolo russo sarebbe stato disperso all’estero e che le Chiese Ortodosse sarebbero state erette in tutto il mondo come testimonianza della verità cristiana davanti a un mondo incredulo. A questo mondo incredulo, in tutte le lingue in cui le sue parole sono state e saranno ancora tradotte, egli rivolge ora il messaggio che rivolse al popolo russo durante la sua vita. Questo mondo, con la sua imponente struttura esteriore che lo fa sembrare ad alcuni così sicuro, in realtà sta vacillando, le sue fondamenta stanno marcendo a causa dell’amor proprio e dell’incredulità di cui sono pieni anche coloro che pensano di sconfiggerlo. La sua caduta è vicina e la stessa bestia del comunismo senza Dio che una volta ha inghiottito la santa terra russa ora è pronta a divorare il resto del mondo e, completando ora ciò che ha iniziato allora, a sterminare gli ultimi cristiani e a guidare l’umanità apostata nella sua adorazione dell’Anticristo. Questo, forse, è ciò che ci aspetta se non torniamo sul sentiero della retta vita cristiana. Molti potrebbero obiettare che questi pensieri, così come quelli relativi alla Seconda Venuta di Cristo e al terribile Giudizio Universale, che secondo San Giovanni potrebbe essere alle porte, sono troppo “negativi”. Ma se la nostra risposta a questi pensieri e avvertimenti è giusta, se è cristiana, saremo riempiti non di paura e terrore, ma di pentimento lacrimevole, di zelo per condurre una vita veramente cristiana, di fiducia nel nostro Signore che è con noi in tutte le nostre prove, fino al martirio stesso (e soprattutto allora), e di fervida speranza nel Regno dei Cieli che è la nostra vera casa e non l’istabile dimora terrena.

San Giovanni ci richiama a nient’altro che alla fede cristiana semplice e profonda. In un’epoca in cui troppi pastori predicano un “nuovo cristianesimo” che è solo mondanità mascherata, la sua è una voce rara e necessaria: non per i soli russi, non per i soli cristiani ortodossi, ma per il mondo intero, se solo lo si ascolta.

Santo di Cristo, Giovanni di Kronstadt, prega Dio per noi.




Per la salvezza, abbiamo bisogno di Dio stesso piuttosto che dei pensieri di Dio

La lettura liturgica dell’Apostolo di questa settimana ci ricorda la necessità, mentre siamo ancora nel corpo, di condurre un’intensa vita spirituale. “Comportatevi come figli della luce. Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto denunciatele, … approfittando del momento, perché i giorni sono malvagi”. (Efesini 5,8–19)

Cosa significa essere figli della luce? Da dove dovrebbe venire questa luce? Dalle nostre menti? No, l’inferno è pieno di persone intelligenti. Questa luce deve venire dai nostri cuori. Non ci sono persone buone o umili all’inferno. Dio non ha bisogno del nostro intelletto; ha bisogno del nostro amore. A noi, vermi che strisciano sulla terra, Dio dà l’opportunità di far crescere le ali e diventare angeli. Per questo, dobbiamo sopportare molti dolori. Sapendo che affronta la sofferenza, la paura, il terrore della morte e le prove, un cristiano saggio inizia a distribuire il peso della sua croce sui giorni e gli anni della sua vita. Si impone consapevolmente e sistematicamente piccoli dolori quotidiani, per non accumulare quelli più grandi entro la fine della sua vita.

Che cosa è più facile: non giudicare, evitare la gola, o, vivendo senza freni, risponderne più tardi alle stazioni di pedaggio? Che cosa è più temibile: intraprendere un ascetismo volontario e scegliere la via stretta, o ascoltare il detto al Giudizio Universale: “Avete già ricevuto i vostri beni nella vita terrena”?

L’indulgenza nei cosiddetti “peccati minori” e un atteggiamento negligente verso la propria salvezza sono la causa principale della caduta della maggior parte delle persone.

La salvezza dell’anima è un processo di nascita che dura tutta la vita. Chi non si sforza di far nascere un angelo dentro di sé degenera in un demone. Non ci sono altre opzioni. Un angelo ha un cuore tenero; un demone ha un cuore duro. Un’anima intessuta di luce è flessibile e malleabile. I dolori la premono, la schiacciano, la allungano e la distendono sottile, eppure non si rompe. Questa flessibilità si acquisisce attraverso una lunga pratica e pazienza. Tutto ciò che è duro si frantuma facilmente, ma nessuna forza malvagia può affrontare ciò che è flessibile.

La nostra più grande sfortuna è che le nostre menti fuggono a tradimento nella fugace “vita” del mondo esterno. L’antica tradizione monastica ha sempre insegnato che una persona può trovare sé stessa in Cristo solo in solitudine, lontano dal trambusto del mondo. Per la maggior parte di noi, questo è impossibile, ma siamo comunque obbligati ad armarci di attenzione per la nostra salvezza. L’essenza della pratica spirituale quotidiana è sempre dentro di noi. L’obiettivo primario di un cristiano è di mantenere la sua mente in Cristo in tutte le circostanze, non permettendo che venga catturata o distratta da pensieri vani, insignificanti e diversi che attaccano la mente come uno sciame di zanzare.

“Anche solo raccogliere la mente per un momento e ricordare la morte è meglio di una vita passata a predicare sulla salvezza, dimenticando che tutto è soggetto alla morte” (Anziano Simone del Monte Athos).

Sfortunatamente, molti dei nostri parrocchiani non riescono a proteggere il proprio cuore dalle distrazioni e, una volta completata la loro regola di preghiera, dimenticano immediatamente l’auto-attenzione.

È bene adempiere con attenzione alla propria regola di preghiera, ma è molto più importante preservare la preghiera durante il lavoro e l’interazione con gli altri. I Santi Padri ci esortano a trattare ogni momento della nostra vita con cura. A non perdere nemmeno un secondo senza pratica spirituale mentre siamo ancora nel corpo.

Il mondo, con le sue innumerevoli preoccupazioni, e il corpo con la sua fragile salute, sono i nostri traditori. Sono pronti a deluderci in qualsiasi momento. L’odio perfetto anche per l’ombra del peccato, e la stretta osservanza dei comandamenti di Cristo nei minimi dettagli, sono il polso costante della vita ortodossa. L’inizio e il fondamento della salvezza in Cristo è la preghiera penitenziale incessante. Qualunque cosa tu faccia, ovunque tu vada: “Signore Gesù Cristo, abbi misericordia di me…”

L’anziano Ephraim di Katounakia ci insegna: “Immaginate Cristo che viene a giudicare il mondo, che raduna i Suoi, che vi volta le spalle e che se ne va con i santi verso la Luce celeste. Mentre se ne va, voi cominciate a sprofondare nella fredda, spaventosa oscurità. Correte dietro al Salvatore, gridando: ‘Signore Gesù Cristo, abbi misericordia di me…'”

Da questo grido, dal fatto che Cristo ti ascolti, dipende il tuo destino eterno: questa è la preghiera che non deve mai mancare sulle nostre labbra.

Essere umani e non coltivare la bontà dentro di sé è la più grande follia e un completo autoinganno. Le persone in questo mondo, secondo l’anziano Gregorio del Monte Athos, rientrano in due categorie. La prima guarda gli altri e pensa: “Che bene posso ottenere da questa persona?” La seconda chiede: “Che bene posso fare per questa persona?” La prima soffre finché non diventa più saggia. La seconda è salvata finché non raggiunge la salvezza. Purtroppo, di queste ultime ne sono rimaste pochissime sulla Terra.

Per raggiungere la grazia, l’uomo deve lavorare su sé stesso come uno scultore lavora su un blocco di pietra.

Per prima cosa, deve tagliare via le azioni peccaminose del corpo, della parola e della mente. Poi, deve eliminare l’orgoglio e, infine, tutti gli attaccamenti. Perché è ovvio che ogni attaccamento a questo mondo alla fine porterà alla delusione. Solo i pazzi, come la maggior parte degli abitanti del nostro pianeta ora, si sforzano di dedicare tutti i loro pensieri, sentimenti e desideri al mondo esterno. La fine di tali ricerche è sempre la stessa: la disperazione. Questo è il destino degli schiavi del diavolo, le cui menti dimorano nella polvere di questa terra.

Ma se una persona inizia a dirigere tutti i suoi movimenti, sia interiori che esteriori, verso l’ingresso nel Regno di Cristo, ogni azione diventa un passo verso la Vita Eterna. Il suo alleato primario su questo cammino è il ricordo della morte che sradica l’orgoglio e la vanità. Il nemico più formidabile, tuttavia, è il ragionamento mondano e il pensiero carnale.

Gli asceti moderni ci insegnano che i pensieri sono convulsioni della mente, un oscuramento che le impedisce di funzionare correttamente. Quando il ragionamento è debole, si ascolta ma non si capisce, si cerca di comprendere ma non si riesce, si prega e tuttavia non si abbraccia la grazia nelle proprie anime. Questo deve essere evitato a tutti i costi. Per acquisire la grazia, la mente non deve essere riempita di pensieri ma di Cristo.

Autore: Arciprete Sergej Uspenskij

Foto: myslo

Fonte: https://spzh.eu/en/chelovek-i-cerkovy/83646-for-salvation-we-need-god-himself-rather-than-thoughts-of-god




La preghiera, il pianto e la regola

C’era una volta un uomo pio che viveva a Gerusalemme e aveva l’abitudine di pregare ogni mattina a una certa ora.

Così si svegliava e pregava ogni giorno alla solita ora. Ma una mattina dormì troppo e stava per perdere il suo canone di preghiera.
In quel momento, uno sconosciuto entra nella camera del nostro uomo e lo sveglia dicendogli:

-“Cristiano, alzati, perché sei in ritardo per la tua preghiera!
-Ma chi sei tu, che sei venuto a svegliarmi?”, chiese spaventato.
-Sono un uomo che vuole fare una buona azione, tutto qui”, gli disse lo straniero.
-Non posso crederci… Hai pensieri nascosti… E il tuo aspetto mostra che sei malvagio, non sei forse il diavolo? pensò il cristiano.
-Sì, sono il diavolo e voglio svegliarti per la preghiera. Voglio dimostrare che anche il diavolo può fare qualcosa di buono. Noi, i diavoli, non siamo così neri e malvagi come la gente pensa. Una volta eravamo anche angeli buoni ed era impossibile che non ci fosse ancora qualcosa di buono in noi”, disse il demone nella sua supplica.
-Non posso credere a quello che dici. E’ una tentazione, tentare è il tuo lavoro. Devi essere venuto qui con l’intenzione di ingannarmi. Nel nome del Dio vivente, giura di dirmi con quali pensieri e progetti sei venuto a svegliarmi!

-Dopo che mi hai fatto giurare, sono costretto a dirtelo: è vero, sono venuto per ingannarti. Per vent’anni hai sempre pregato, ogni mattina, a una certa ora. Ma noi diavoli non abbiamo molta paura di questa vostratua preghiera, perché per te è diventata una vuota abitudine. La tua preghiera manca di spirito, di pentimento, di fervore e di lacrime. La tua preghiera non ha potere.

-Se, invece, oggi dormissi di più, ti incolperesti per la tua pigrizia e il tuo ritardo nella preghiera: Abbiamo dunque pensato che se quest’uomo tarderà a pregare, quando si sveglierà sarà triste, cosa che non gli succedeva da vent’anni. È possibile che nel suo cuore si accenda il pentimento. E se prega con fervore, con spirito, con lacrime, noi demoni abbiamo molto timore di questo tipo di preghiera. Giudicando così, concluse il diavolo, l’inferno mi ha mandato per svegliarti per la tua preghiera ordinaria, per evitare che tu cominci a pregare con potenza”.

Dicendo questo, il diavolo divenne invisibile e il cristiano capì che doveva cambiare il suo modo di pregare.

Fonte: ΙΕΡΑ ΜΟΝΗ ΕΣΦΙΓΜΕΝΟΥ




Lettera del Vescovo di Alessandria, Alessandro, a tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica

Alessandro, ai nostri amati e onoratissimi concelebranti di tutta la Chiesa cattolica.

Saluti nel Signore!

[2] Poiché la Chiesa cattolica è un solo corpo e le divine Scritture ci comandano di mantenere «il vincolo dell’unità e della pace» [Ef 4,3], ne consegue che dobbiamo scriverci e informarci vicendevolmente delle cose accadute tra ciascuno di noi, affinché se un membro soffre o si rallegra, noi possiamo compatire o rallegrarci l’uno con l’altro [1 Cor 12,26]. [3] Nella nostra diocesi sono sorti recentemente uomini empi e anticristiani, che insegnano un’apostasia che si potrebbe ragionevolmente considerare ed etichettare come precorritrice dell’Anticristo.

[4] Avrei voluto passare questa questione sotto silenzio, affinché, se possibile, il male fosse confinato ai soli sostenitori e non si diffondesse in altre regioni e contaminasse le orecchie degli innocenti. Ma Eusebio, ora vescovo a Nicomedia, pensando che gli interessi della Chiesa gravassero inetramente su di sé, dopo aver abbandonato il suo ufficio a Beirut e aver bramato la Chiesa di Nicomedia, senza essere stato per questo punito, si è ora posto alla testa di questi apostati, osando anche scrivere lettere in tutte le direzioni in loro sostegno, sperando di trascinare qualcuno degli ignoranti in questa vergognosa e anticristiana eresia. Quindi, poiché conosco ciò che sta scritto nella legge, non potevo più tacere, ma dovevo informarvi di tutte queste cose, [5] affinché voi siate informati su quali persone sono cadute nell’apostasia e anche delle terribili minacce causate dalla loro eresia e non prestiate attenzione a nulla di ciò che Eusebio vi scrive. Volendo, infatti, ora utilizzare questi avvenimenti per resuscitare la sua vecchia malevolenza, che sembrava essere stata messa a tacere nel tempo, finge di scrivere a loro nome, mentre i fatti dimostrano che lo fa per promuovere la propria causa. [6] Questi dunque sono coloro che sono diventati apostati: Ario, Achilla, Aitale e Carpone, un secondo Ario, Sarmati, che una volta erano tutti presbiteri; Euzoio, Lucio, Giulio, Mena, Elladio e Gaio, che una volta erano tutti diaconi; e con questi anche Secondo e Teona, che un tempo erano chiamati Vescovi.

[7] I dogmi che, andando oltre la Scrittura, hanno inventato e affermato sono i seguenti:

«Dio non è sempre stato il Padre, ma c’è stato un tempo in cui Dio non era il Padre.

Il Verbo di Dio non è sempre esistito, ma è nato dal nulla, perché “il Dio che è” ha creato dal nulla “colui che prima non esisteva”. Per questo c’era una volta in cui non esisteva; poiché il Figlio è una creatura ed un essere creato.

Egli non è né essenzialmente simile al Padre, né è per natura il vero Logos del Padre né la sua vera Sapienza, ma piuttosto una delle cose che ha fatto e una di quelle che ha generato. Egli è chiamato Verbo e Sapienza solo per analogia, poiché egli stesso è nato dall’attuale Logos di Dio e dalla Sapienza che è in Dio, mediante la quale Dio ha creato tutte le cose compreso lui.

[8] La sua natura è mutevole e suscettibile di cambiamento, come lo sono tutti gli esseri razionali. E così il Logos è estraneo, diverso ed escluso dalla sostanza di Dio; e il Padre è invisibile al Figlio. Infatti il Logos non conosce il Padre in modo perfetto e preciso, né lo può vedere perfettamente. Il Figlio infatti non conosce neppure la propria essenza così come essa è, [9] poiché egli è stato fatto per noi, affinché Dio potesse crearci per mezzo di lui, come per mezzo di uno strumento, e non sarebbe mai esistito se Dio non avesse voluto crearci».

[10] Qualcuno chiese loro se la Parola di Dio potesse volgersi al male, come ha fatto il diavolo. E non avevano paura di rispondere: “Sì, potrebbe. In quanto è creato, la sua natura può cambiare”. [11] Noi dunque, riuniti con quasi cento vescovi d’Egitto e di Libia, abbiamo lanciato un anatema su queste cose dette da Ario e da coloro che senza vergogna lo hanno seguito. I seguaci di Eusebio li hanno accolti e hanno cercato di fondere la menzogna con la verità e l’empietà con ciò che è sacro. Ma non ci riusciranno. Perché la verità deve trionfare e «la luce non ha alcuna comunione con le tenebre, né Cristo può essere in accordo con Belial» [2 Cor 6,14].

[12] Chi infatti ha mai udito tali cose? Oppure, chi ora sentendo ciò non si stupisce e non si tappa le orecchie per non sentire espressioni così immonde? Chi, ascoltando Giovanni dire: “In principio era il Logos” [Gv 1,1], non condanna coloro che dicono: “Ci fu un tempo in cui il Logos non esisteva”? Oppure chi, sentendo nel Vangelo del Figlio unigenito [Gv 3,16.18], e che «per mezzo di lui tutte le cose sono state fatte» [Gv 1,3, cfr Rm 11,36], non odierà coloro che proclamano che il Figlio è una delle cose fatte? Come può essere una delle cose fatte per mezzo di lui stesso? Oppure, come può essere unigenito se è annoverato tra le cose create? E come potrebbe nascere dal nulla quando il Padre ha detto: “Il mio cuore ha proferito una parola buona” [LXX Sal 44:2]; e «ti ho generato dal grembo materno davanti alla stella del mattino» [LXX Sal 109,3]?

[13] O come può essere per sostanza diverso dal Padre Colui che è l’immagine perfetta e il riflesso del Padre [Eb 1,3] e che dice: «Chi ha visto me, ha visto il Padre»? [Gv 14,9] Ancora una volta, come mai se il Figlio è il Logos e la Sapienza di Dio, potrebbe esserci un tempo in cui non esisteva? Ciò equivale a dire che Dio una volta era senza Parola e senza Sapienza. [14] Come può essere mutevole e suscettibile al cambiamento chi dice di sé: «Io sono nel Padre e il Padre è in me» [Gv 10,38; 14,10- 11] e «Io e il Padre siamo uno» [Gv 10,30]; e ancora attraverso il profeta: «Guardatemi perché io sono e non sono mutato» [Mal 3,6]? Se qualcuno potesse usare questa espressione per lo stesso Padre, sarebbe ancora più appropriato parlare del Logos, perché egli non è cambiato quando si è fatto uomo, ma, come dice l’Apostolo: «Gesù Cristo, lo stesso ieri, oggi e sempre [Eb 13,8]. Chi allora potrebbe persuaderci a dire che è stato creato per noi, quando Paolo scrive che «per lui e per mezzo di lui esistono tutte le cose» [Rm 11,38]?

[15] Non c’è da meravigliarsi della loro blasfema affermazione secondo cui il Figlio non conosce perfettamente il Padre. Infatti, una volta decisi a combattere contro Cristo, rifiutano anche la sua stessa voce quando dice: «Come il Padre conosce me, anch’io conosco il Padre» [Gv 10,15]. Ma, se il Padre conosce solo parzialmente il Figlio è chiaro che il Figlio può conoscere solo parzialmente il Padre. Ma, se ciò fosse improprio e se il Padre conosce perfettamente il Figlio è anche chiaro che come il Padre conosce il proprio Logos, così anche il Logos conosce il proprio Padre, di cui è Logos. [16]  Affermando queste cose e spiegando le divine Scritture, abbiamo spesso confutato questi uomini, ma essi, come camaleonti, mutarono nuovamente se stessi, trascinandosi ostinatamente fino a ciò che sta scritto: «Quando l’empio sprofonda negli abissi del male, diventa sprezzante» [LXX Prov 18,3]. Sebbene davanti a loro siano sorte molte eresie che andando ben oltre ciò che si dovrebbe osare cadevano nella totale stoltezza, costoro, tentando in tutti i loro discorsi di eliminare la divinità del Logos, si sono avvicinati all’Anticristo e hanno superato tutti i loro predecessori.   Per questo motivo sono stati denunciati pubblicamente e anatematizzati dalla Chiesa.

[17] Siamo davvero addolorati per la loro distruzione e soprattutto perché ora si sono allontanati dagli insegnamenti che un tempo avevano appreso nella Chiesa, anche se non ne siamo sorpresi. Allo stesso modo caddero Imeneo e Fileto e prima di loro Giuda, che era stato seguace del Salvatore, ma poi divenne traditore e apostata.

[18] Né dovremmo essere ignoranti riguardo a questi uomini, poiché il Signore stesso ha detto: «Guardate che nessuno vi inganni; poiché molti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono Cristo”, e “il tempo è vicino”, e inganneranno molti. Non seguiteli» [Lc 21,8, Mt 24,5]. E Paolo, avendo imparato queste cose dal Salvatore, scrisse:

«Che negli ultimi tempi alcuni apostateranno dalla sana fede, seguendo spiriti ingannatori e insegnamenti di demoni, allontanandosi dalla verità» [1 Tim 4,1 – 2 Tim 4,4]. [19] Poiché il Signore e Salvatore nostro, Gesù Cristo, ci ha ordinato personalmente e predetto per mezzo dell’Apostolo a riguardo a questi uomini, ne consegue che noi stessi, avendo udito la loro empietà, li abbiamo condannati – come abbiamo già detto – e li abbiamo dichiarati estranei alla Chiesa cattolica e alla fede

[20] Abbiamo anche chiarito alle vostre pie menti, carissimi e onoratissimi concelebranti, che non dovreste accogliere nessuno di questi uomini, se avessero la temerarietà di avvicinarsi a voi, né lasciarvi persuadere a ricevere alcuna lettera in loro difesa da Eusebio o chiunque altro. È giusto per noi cristiani allontanarci da tutti coloro che parlano o ragionano contro Cristo, perché sono resistenti a Dio e distruttori di anime; né dobbiamo salutare tali uomini per non essere resi partecipi del loro peccato, come insegnò il beato Giovanni [cf. 2 Gv 9-11].

Salutate i fratelli che sono con voi. Quelli che sono con me vi salutano.

I presbiteri di Alessandria:

Io, il Presbitero Colluto, sono d’accordo con quanto è stato scritto e con la deposizione di Ario e di coloro che commisero empietà con lui.

Allo stesso modo i Presbiteri: Alessandro, Dioscoro, Dionisio, Eusebio, Alessandro, Neilaras, Arpocrazione, Agato, Nemesio, Longo, Silvano, Peröous, Api, Proterio, Paolo, Ciro.

Allo stesso modo i Diaconi: Ammonio, Macario, Pistus, Atanasio, Eumene, Apollonio, Olimpio, Aftonio, Atanasio, Macario, Paolo, Pietro, Aminziano, Gaio, Alessandro, Dionisio, Agatone, Polibio, Teona, Marco, Commodo, Serapione, Neilo, Romano.

I presbiteri di Mareoti:

Io, il presbitero Apollonio, sono d’accordo con quanto è stato scritto e con la deposizione di Ario e di coloro che con lui commisero empietà.

Allo stesso modo i Presbiteri: Ingenio, Ammonio, Dioscoro, Sostra, Teone, Tiranno, Coprys, Ammona, Orione, Sereno, Didimo, Eracle, Bocco, Agato, Achille, Paolo, Telelio, Dionisio.

I Diaconi: Sarapione, Giusto, Didimo, Demetrio, Mauro, Alessandro, Marco, Comone, Trifone, Ammonio, Didimo, Ptollarione, Sera, Gaio, Hierax, Marco, Teona, Sarmatone, Carpo, Zoilo.




THE ORTHODOX WORD

Dall’editoriale del primo numero stampato di The Orthodox Word (trad. it. La Parola Ortodossa)

THE ORTHODOX WORD ha una sola ragione d’esistenza: predicare le verità della Cristianità Ortodossa e, così facendo, riunire coloro che la pensano allo stesso modo per offrire una testimonianza unitaria di queste verità. Si rivolge agli Ortodossi di tutte le nazionalità, ai convertiti alla fede ortodossa e a coloro che, al di fuori della Chiesa, desiderano conoscere meglio la sua fede e la sua pratica.

I redattori sono pienamente consapevoli della loro totale inadeguatezza a realizzare le intenzioni esposte. Nessun uomo, o gruppo di uomini, può parlare a nome della Chiesa di Cristo. È tuttavia possibile parlare dall’interno della Chiesa, in conformità con la tradizione Ortodossa, ed è questo che cercheremo di fare.

I redattori sono membri della Chiesa Ortodossa Russa Fuori dalla Russia e obbedienti al Sinodo di questa Chiesa; ma tra i nostri collaboratori ci saranno anche membri di altre Chiese Ortodosse che si preoccupano di preservare la verità e la tradizione Ortodossa nella loro pienezza. All’esterno, è vero, le Chiese Ortodosse presentano al mondo un fronte diviso. Le circostanze storiche, fin da prima della caduta di Costantinopoli nel XV secolo, hanno dettato lo sviluppo di Chiese Ortodosse nazionali in relativo isolamento l’una dall’altra; e nel XX secolo le idee moderniste e la capitolazione ai governi comunisti hanno causato la divisione all’interno di alcune Chiese Ortodosse e fatto deviare molti dal cammino di fedeltà a nostro Signore.

Ma in tutti i paesi Ortodossi, oggi, c’è almeno un residuo fedele di credenti pronti a testimoniare la loro fede senza compromessi di fronte al mondo contemporaneo, fino ad arrivare a condividere il martirio che molti dei nostri fratelli Ortodossi hanno subito in questo secolo.

Tra questi credenti esiste un’unità che è del tutto indipendente da conferenze internazionali o panortodosse; è l’unità di tutti coloro che credono e confessano correttamente l’Ortodossia. La Chiesa Ortodossa di Cristo è una e indivisibile in tutti i suoi membri che sono rimasti fedeli alla verità che ogni Chiesa locale possiede fin dalla sua fondazione.

Ogni articolo è corredato dal Pdf originale in Inglese

ANNI: 1965


No. 1, pp. 17-20 – THE ORTHODOX WORD

No. 1, p. 21-31: “La gioia di tutti coloro che sono nell’afflizione”

No. 1, p. 32-34: “UN NUOVO SANTO ORTODOSSO”


1965 – THE ORTHODOX WORD, Vol. 1 Marzo-Aprile

No. 2, p. 66-72: CRISTIANI! DOVETE CONOSCERE CRISTO! 


No. 4, p. 155 – 158: PRELEST