Risposta all’enciclica papale di papa Leone XIII sulla Riunione
Ai Sacratissimi e Divinamente amati Fratelli in Cristo Metropoliti e Vescovi, e al loro sacro e venerabile Clero, e a tutti i pii e ortodossi Laici del Santissimo Trono Apostolico e Patriarcale di Costantinopoli.
Ricordatevi dei vostri conduttori, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; imitate la loro fede, considerando la fine della loro condotta.
«Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre. Non lasciatevi trasportare da dottrine diverse e strane» (Eb. 13, 7-8).
I. Ogni anima pia e ortodossa, che nutre un sincero zelo per la gloria di Dio, è profondamente afflitta e oppressa da grande dolore nel vedere che colui che detesta ciò che è buono ed è un omicida fin dal principio, spinto dall’invidia della salvezza umana, non cessa mai di seminare continuamente zizzania nel campo del Signore, per vagliare il grano. Da questa fonte, infatti, fin dai primi tempi, è cresciuta nella Chiesa di Dio zizzania eretica, che ha in molti modi devastato, e continua a devastare, la salvezza del genere umano per mezzo di Cristo; che inoltre, come semi cattivi e membra corrotte, viene giustamente recisa dal corpo sano della Chiesa cattolica ortodossa di Cristo. Ma in questi ultimi tempi il maligno ha strappato dalla Chiesa ortodossa di Cristo persino intere nazioni in Occidente, avendo gonfiato i vescovi di Roma con pensieri di eccessiva arroganza, che hanno dato vita a diverse innovazioni illegali e antievangeliche. E non solo, ma inoltre i Papi di Roma di tanto in tanto, perseguendo in modo assoluto e senza esame modi di unione secondo la loro fantasia, si sforzano con ogni mezzo di ridurre ai propri errori la Chiesa cattolica di Cristo, che in tutto il mondo cammina incrollabile nell’ortodossia della fede trasmessale dai Padri.
II. Pertanto il papa di Roma, Leone XIII, in occasione del suo giubileo episcopale, pubblicò nel mese di giugno dell’anno di grazia 1895 una lettera enciclica, indirizzata ai governanti e ai popoli del mondo, con la quale invita allo stesso tempo la nostra Chiesa ortodossa cattolica e apostolica di Cristo a unirsi al trono papale, pensando che tale unione può essere ottenuta solo riconoscendolo come supremo pontefice e sommo governatore spirituale e temporale della Chiesa universale, come unico rappresentante di Cristo sulla terra e dispensatore di ogni grazia.
III. Senza dubbio ogni cuore cristiano dovrebbe essere pieno del desiderio dell’unione delle Chiese, e specialmente tutto il mondo ortodosso, essendo ispirato da un vero spirito di pietà, secondo il disegno divino dell’istituzione della Chiesa da parte del Dio-uomo nostro Salvatore Cristo, desidera ardentemente l’unità delle Chiese nell’unica regola della fede e sul fondamento della dottrina apostolica tramandata a noi attraverso i Padri, “essendo Gesù Cristo stesso la pietra angolare”. [1] Per questo anche essa ogni giorno, nelle sue preghiere pubbliche al Signore, prega per la riunione dei dispersi e per il ritorno di coloro che si sono sviati sulla retta via della verità, che sola conduce alla Vita di tutti, l’unigenito Figlio e Verbo di Dio, nostro Signore Gesù Cristo. [2] In conformità, quindi, a questo sacro desiderio, la nostra Chiesa Ortodossa di Cristo è sempre pronta ad accettare qualsiasi proposta di unione, purché il Vescovo di Roma si scrolli di dosso una volta per tutte tutta la serie delle numerose e diverse novità antievangeliche che sono state “introdotte segretamente” nella sua Chiesa e hanno provocato la triste divisione delle Chiese d’Oriente e d’Occidente, e ritorni al fondamento dei sette santi Concili ecumenici, i quali, riuniti nel Santo Spirito, dai rappresentanti di tutte le sante Chiese di Dio, per la determinazione del retto insegnamento della fede contro gli eretici, hanno una supremazia universale e perpetua nella Chiesa di Cristo. E questo, sia con i suoi scritti che con le sue lettere encicliche, la Chiesa Ortodossa non ha mai cessato di far intendere alla Chiesa papale, avendo chiaramente ed esplicitamente affermato che finché quest’ultima persevera nelle sue innovazioni e la Chiesa Ortodossa aderisce alle tradizioni divine e apostoliche del cristianesimo, durante le quali le Chiese occidentali erano della stessa mente e si univano alle Chiese d’Oriente, è vano e vuoto parlare di unione. Per questo motivo siamo rimasti in silenzio fino ad ora e abbiamo rifiutato di prendere in considerazione l’enciclica papale in questione, ritenendo inutile parlare alle orecchie di coloro che non ascoltano. Poiché però da un certo tempo la Chiesa papale, abbandonato il metodo della persuasione e della discussione, cominciò, con nostro generale stupore e perplessità, a tendere trappole alla coscienza dei più semplici cristiani ortodossi per mezzo di operai ingannevoli trasformati in apostoli di Cristo, [3] inviando in Oriente chierici con l’abito e il velo dei sacerdoti ortodossi, inventando anche diversi e altri mezzi artificiosi per ottenere i suoi scopi di proselitismo; per questo motivo, come in sacro dovere, pubblichiamo questa enciclica patriarcale e sinodale, per una salvaguardia della fede e della pietà ortodossa, sapendo “che l’osservanza dei veri canoni è un dovere per ogni uomo buono, e molto di più per coloro che sono stati ritenuti degni dalla Provvidenza di dirigere gli affari degli altri”. [4]
IV. L’unione delle Chiese separate con se stessa in un’unica regola di fede è, come è stato detto prima, un desiderio sacro e intimo della santa, cattolica e ortodossa Chiesa apostolica di Cristo; ma senza tale unità nella fede, l’auspicata unione delle Chiese diventa impossibile. Stando così le cose, ci chiediamo in verità come Papa Leone XIII, pur riconoscendo egli stesso questa verità, cada in una palese contraddizione, dichiarando, da un lato, che la vera unione risiede nell’unità della fede, e, dall’altro, che ogni Chiesa, anche dopo l’unione, può mantenere le proprie definizioni dogmatiche e canoniche, anche quando differiscono da quelle della Chiesa papale, come il Papa dichiara in una precedente enciclica, datata 30 novembre 1894. Infatti, c’è un’evidente contraddizione quando in una stessa Chiesa si crede che il Santo Spirito procede dal Padre, e un altro che procede dal Padre e dal Figlio; quando uno asperge e un altro battezza (immerge) tre volte nell’acqua; uno usa pane lievitato nel sacramento della Santa Eucaristia e un altro pane azzimo; uno distribuisce al popolo sia il calice che il pane, e l’altro solo il pane consacrato; e altre cose simili. Ma cosa significhi questa contraddizione, se rispetto per le verità evangeliche della santa Chiesa di Cristo e una concessione e un riconoscimento indiretti di esse, o qualcos’altro, non possiamo dirlo.
V. Ma comunque sia, per la realizzazione pratica del pio desiderio di unione delle Chiese, è necessario innanzitutto stabilire un principio e una base comuni; e non può esserci un principio e una base comuni così sicuri se non l’insegnamento del Vangelo e dei sette santi Concili Ecumenici. Ritornando, quindi, a quell’insegnamento che fu comune alle Chiese d’Oriente e d’Occidente fino alla separazione, dovremmo, con sincero desiderio di conoscere la verità, ricercare ciò che l’unica, santa, cattolica e ortodossa Chiesa apostolica di Cristo, essendo allora “dello stesso corpo”, in tutto l’Oriente e l’Occidente credeva, e ritenere questo fatto intero e immutato. Ma qualunque cosa sia stata aggiunta o tolta in tempi successivi, ognuno ha il sacro e indispensabile dovere, se cerca sinceramente la gloria di Dio più che la propria, di correggerla in spirito di pietà, considerando che, continuando con arroganza a pervertire la verità, è passibile di un pesante rendiconto davanti all’imparziale tribunale di Cristo. Nel dire questo non ci riferiamo affatto alle differenze riguardanti il rituale dei sacri servizi e degli inni, o i paramenti sacri, e simili, che, sebbene varino ancora, come accadeva in passato, non ledono minimamente la sostanza e l’unità della fede; ci riferiamo invece a quelle differenze essenziali che riguardano le dottrine della fede divinamente trasmesse e la costituzione canonica divinamente istituita dell’amministrazione delle Chiese. «Nei casi in cui la cosa trascurata non è la fede (dice anche il santo Fozio),[5] e non si tratta di una caduta da qualche decreto generale e cattolico, essendo osservati riti e costumi diversi presso persone diverse, un uomo che sappia giudicare rettamente deciderà che né coloro che li osservano agiscono ingiustamente, né coloro che non li hanno ricevuti infrangono la legge».[6]
VI. E in verità, per il santo proposito dell’unione, la Chiesa ortodossa orientale e cattolica di Cristo è pronta ad accettare di cuore tutto ciò che sia le Chiese orientali che occidentali professarono unanimemente prima del IX secolo, se per caso lo avesse pervertito o non lo sostenesse. E se gli occidentali dimostrano, in base all’insegnamento dei santi Padri e dei Concili ecumenici divinamente riuniti, che la Chiesa romana allora ortodossa, che esisteva in tutto l’Occidente, anche prima del IX secolo leggeva il Credo con l’aggiunta, o usava il pane azzimo, o accettava la dottrina del fuoco purgatorio, o l’aspersione al posto del battesimo, o l’immacolata concezione della sempre Vergine, o il potere temporale, o l’infallibilità e l’assolutismo del Vescovo di Roma, non abbiamo altro da dire. Ma se, al contrario, è chiaramente dimostrato, come riconoscono anche gli stessi Latini, amanti della verità, che la Chiesa cattolica orientale e ortodossa di Cristo conserva le dottrine anticamente trasmesse, che a quel tempo erano professate insieme sia in Oriente che in Occidente, e che la Chiesa occidentale le ha pervertite con diverse innovazioni, allora è chiaro, anche ai bambini, che la via più naturale all’unione è il ritorno della Chiesa occidentale all’antica condizione dottrinale e amministrativa delle cose; poiché la fede non cambia in alcun modo con il tempo o le circostanze, ma rimane la stessa sempre e ovunque, perché “c’è un solo corpo e un solo Spirito”, è detto, “come siete stati chiamati a una sola speranza della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, per mezzo di tutti e in tutti voi”. [7]
VII. Dunque, l’unica, santa, cattolica e apostolica Chiesa dei sette Concili Ecumenici credette e insegnò, in conformità con le parole del Vangelo, che il Santo Spirito procede dal Padre; ma in Occidente, già a partire dal IX secolo, il santo Credo, composto e sancito dai Concili Ecumenici, cominciò a essere falsificato, e l’idea che il Santo Spirito procede “anche dal Figlio” fu promulgata arbitrariamente. E certamente Papa Leone XIII non ignora che il suo predecessore ortodosso e omonimo, il difensore dell’Ortodossia, Leone III, nell’anno 809 denunciò sinodalmente questa aggiunta antievangelica e del tutto illegale, “e dal Figlio” (filioque); e incise su due tavole d’argento, in greco e in latino, il santo Credo del primo e del secondo Concilio Ecumenico, intero e senza alcuna aggiunta; avendo scritto inoltre: «Queste parole io, Leone, le ho scritte per amore e a salvaguardia della fede ortodossa» ( Haec Leo posui amore et cautela fidei orthodoxa ).[8]
Allo stesso modo, egli non ignora affatto che durante il decimo secolo, o all’inizio dell’undicesimo, questa aggiunta antievangelica e illegale fu inserita con difficoltà ufficialmente nel santo Credo anche a Roma, e che di conseguenza la Chiesa romana, insistendo sulle sue innovazioni e non tornando al dogma dei Concili Ecumenici, si rende pienamente responsabile davanti all’unica santa, cattolica e apostolica Chiesa di Cristo, che ritiene saldamente ciò che è stato ricevuto dai Padri e conserva inalterato in ogni cosa il deposito della fede che le è stato consegnato, in obbedienza all’ingiunzione apostolica: “Quel bene che ti è stato affidato, custodiscilo per mezzo del Santo Spirito che abita in noi”; “evitando chiacchiere profane e vane e opposizioni di una scienza falsamente chiamata: professando le quali alcuni hanno errato riguardo alla fede”. [9]
VIII. La Chiesa una, santa, cattolica e apostolica dei primi sette Concili Ecumenici battezzava con tre immersioni nell’acqua, e papa Pelagio parla della tripla immersione come di un comando del Signore, e nel tredicesimo secolo il battesimo per immersione prevaleva ancora in Occidente; e le stesse fonti sacre, conservate nelle chiese più antiche d’Italia, sono testimoni eloquenti su questo punto; ma in tempi successivi l’aspersione o l’effusione, introdotte segretamente, vennero accettate dalla Chiesa papale, che ancora mantiene salda l’innovazione, allargando così anche il divario che ha aperto; ma noi ortodossi, rimanendo fedeli alla tradizione apostolica e alla pratica dei sette Concili ecumenici, “restiamo saldi, combattendo per la professione comune, il tesoro paterno della sana fede”. [10]
IX. La Chiesa una, santa, cattolica e apostolica dei sette Concili Ecumenici, secondo l’esempio del nostro Salvatore, ha celebrato per più di mille anni in Oriente e in Occidente la divina Eucaristia con pane lievitato, come testimoniano anche gli stessi teologi papali amanti della verità; ma la Chiesa papale a partire dall’XI secolo ha apportato un’innovazione anche nel sacramento della divina Eucaristia, introducendo il pane azzimo.
X. La Chiesa una, santa, cattolica e apostolica dei sette Concili Ecumenici ha ritenuto che i doni preziosi vengono consacrati dopo la preghiera dell’invocazione del Santo Spirito mediante la benedizione del sacerdote, come attestano gli antichi rituali di Roma e della Gallia; tuttavia in seguito la Chiesa papale ha introdotto un’innovazione anche in questo, accettando arbitrariamente la consacrazione dei doni preziosi come avvenuta insieme alla pronuncia delle parole del Signore: «Prendete e mangiate: questo è il mio corpo»; e «Bevetene tutti: questo è il mio sangue» [11].
XI. L’unica santa, cattolica e apostolica Chiesa dei sette Concili Ecumenici, seguendo il comando del Signore: «Bevetene tutti»,[12] impartì a tutti anche il santo calice; ma la Chiesa papale dal nono secolo in poi ha apportato un’innovazione anche in questo rito, privando i laici del santo calice, contro il comando del Signore e la pratica universale della Chiesa antica, nonché contro l’espresso divieto di molti antichi vescovi ortodossi di Roma.
XII. L’unica santa, cattolica e apostolica Chiesa dei sette Concili Ecumenici, camminando secondo l’insegnamento divinamente ispirato della Sacra Scrittura e dell’antica tradizione apostolica, prega e invoca la misericordia di Dio per il perdono e il riposo di coloro “che si sono addormentati nel Signore”; [13] ma la Chiesa papale dal dodicesimo secolo in poi ha inventato e accumulato nella persona del Papa, come singolarmente privilegiato, una moltitudine di innovazioni riguardanti il fuoco purgatorio, una sovrabbondanza di virtù dei santi e la loro distribuzione a coloro che ne hanno bisogno, e simili, esponendo anche una piena ricompensa per i giusti prima della risurrezione e del giudizio universali.
XIII. L’unica santa, cattolica e apostolica Chiesa dei sette Concili Ecumenici insegna che l’incarnazione soprannaturale dell’unigenito Figlio e Verbo Dio, dal Santo Spirito e dalla Vergine Maria, è la sola pura e immacolata; ma la Chiesa papale appena quarant’anni fa ha nuovamente apportato un’innovazione stabilendo un nuovo dogma riguardante l’immacolata concezione della Madre di Dio e sempre Vergine Maria, che era sconosciuto alla Chiesa antica (e fortemente osteggiato in tempi diversi anche dai più illustri tra i teologi papali).
XIV. Tralasciando, quindi, queste gravi e sostanziali divergenze tra le due Chiese riguardo alla fede, divergenze che, come è stato detto prima, sono state create in Occidente, il Papa nella sua enciclica presenta la questione del primato del Romano Pontefice come la causa principale e, per così dire, unica del dissenso, e ci rimanda alle fonti, affinché possiamo ricercare diligentemente ciò che i nostri antenati credevano e ciò che la prima età del cristianesimo ci ha consegnato. Ma ricorrendo ai padri e ai Concili Ecumenici della Chiesa dei primi nove secoli, siamo pienamente convinti che il Vescovo di Roma non è mai stato considerato l’autorità suprema e il capo infallibile della Chiesa, e che ogni vescovo è capo e presidente della propria Chiesa particolare, soggetto solo alle ordinanze e alle decisioni sinodali della Chiesa universale come unica infallibile, il Vescovo di Roma non essendo in alcun modo esente da questa regola, come dimostra la storia della Chiesa. Soltanto il nostro Signore Gesù Cristo è il Principe eterno e il Capo immortale della Chiesa, perché «Egli è il Capo del corpo, la Chiesa»,[14] che disse anche ai suoi divini discepoli e apostoli durante la sua ascensione al cielo: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». [15] Nella Sacra Scrittura l’apostolo Pietro, che i papisti, basandosi sui libri apocrifi del secondo secolo, le pseudo-clementine, immaginano di proposito come fondatore della Chiesa romana e loro primo vescovo, discute di questioni da pari a pari nel sinodo apostolico di Gerusalemme, e in un’altra occasione viene severamente rimproverato dall’apostolo Paolo, come risulta dalla Lettera ai Galati. [16] Del resto, gli stessi papisti sanno bene che lo stesso passo del Vangelo a cui si riferisce il Pontefice: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa», [17] nei primi secoli della Chiesa viene interpretato in modo del tutto diverso, in uno spirito di ortodossia, sia dalla tradizione che da tutti i divini e sacri Padri senza eccezione; la roccia fondamentale e incrollabile sulla quale il Signore ha costruito la sua Chiesa, contro la quale le porte dell’inferno non prevarranno, essendo intesa metaforicamente della vera confessione di Pietro riguardo al Signore, che «Egli è Cristo, il Figlio di Dio». il Dio vivente». [18] Su questa confessione e fede poggia incrollabile la predicazione salvifica del Vangelo da parte di tutti gli apostoli e dei loro successori. Per questo anche l’apostolo Paolo, che era stato rapito in cielo, interpretando evidentemente questo passo divino, dichiara l’ispirazione divina, dicendo: «Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto, ho posto il fondamento, e un altro vi costruisce sopra. Poiché nessuno può porre altro fondamento di quello che è stato posto, che è Gesù Cristo». [19] Ma è in un altro senso che Paolo chiama tutti gli apostoli e i profeti insieme il fondamento dell’edificazione in Cristo dei fedeli; vale a dire,i membri del corpo di Cristo, che è la Chiesa; [20] quando scrive agli Efesini: «Ora dunque non siete più stranieri né pellegrini, ma concittadini dei santi e della famiglia di Dio; e siete edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare». [21] Tale, dunque, essendo l’insegnamento divinamente ispirato degli apostoli riguardo al fondamento e al Principe della Chiesa di Dio, naturalmente i sacri Padri, che si attenevano saldamente alle tradizioni apostoliche, non potevano avere o concepire alcuna idea di un primato assoluto dell’apostolo Pietro e dei vescovi di Roma; né potevano dare un’altra interpretazione, totalmente sconosciuta alla Chiesa, a quel passo del Vangelo, se non quella vera e giusta; né potevano arbitrariamente e da soli inventare una nuova dottrina riguardo agli eccessivi privilegi del vescovo di Roma come successore, se così fosse, di Pietro; soprattutto perché la Chiesa di Roma fu fondata principalmente non da Pietro, la cui azione apostolica a Roma è totalmente sconosciuta alla storia, ma dall’apostolo dei Gentili che fu rapito in cielo, Paolo, il cui ministero apostolico a Roma è ben noto a tutti. [22]
XV. I Padri divini, onorando il Vescovo di Roma solo come vescovo della capitale dell’Impero, gli conferirono la prerogativa onoraria della presidenza, considerandolo semplicemente come il vescovo primo nell’ordine, cioè primo tra pari; prerogativa che assegnarono in seguito anche al Vescovo di Costantinopoli, quando quella città divenne la capitale dell’Impero Romano, come attesta il canone ventottesimo del quarto Concilio Ecumenico di Calcedonia, affermando, tra l’altro, quanto segue: “Anche noi stabiliamo e decretiamo le stesse cose riguardo alle prerogative della santissima Chiesa di Costantinopoli, che è la Nuova Roma. Infatti i Padri hanno giustamente attribuito la prerogativa al trono della Roma antica, perché quella era la città imperiale. E i centocinquanta vescovi religiosissimi, mossi dalla stessa considerazione, hanno assegnato pari prerogativa al santissimo trono della Nuova Roma”. Da questo canone risulta molto evidente che il vescovo di Roma è uguale in onore al vescovo della Chiesa di Costantinopoli e alle altre Chiese, e non vi è alcun accenno in alcun canone o da parte di alcuno dei Padri che il vescovo di Roma sia mai stato l’unico principe della Chiesa universale e il giudice infallibile dei vescovi delle altre Chiese indipendenti e autogovernate, o il successore dell’apostolo Pietro e vicario di Gesù Cristo sulla terra.
XVI. Ogni particolare Chiesa autonoma, sia in Oriente che in Occidente, era totalmente indipendente e autoamministrata (=ndt autocefala) al tempo dei Sette Concili Ecumenici. E proprio come i vescovi delle Chiese autocefale d’Oriente, così anche quelle d’Africa, Spagna, Gallia, Germania e Britannia gestivano gli affari delle proprie Chiese, ciascuno tramite i propri sinodi locali, senza che il Vescovo di Roma avesse alcun diritto di interferire, ed egli stesso era ugualmente soggetto e obbediente ai decreti dei sinodi. Ma su questioni importanti che richiedevano la sanzione della Chiesa universale si faceva appello a un Concilio Ecumenico, che solo era ed è il tribunale supremo nella Chiesa universale. Tale era l’antica costituzione della Chiesa; ma i vescovi erano indipendenti l’uno dall’altro e ciascuno completamente libero entro i propri confini, obbedendo solo ai decreti sinodali, e sedevano da pari nei sinodi. Inoltre, nessuno di loro rivendicò mai diritti monarchici sulla Chiesa universale; e talvolta alcuni ambiziosi vescovi di Roma avanzarono pretese eccessive a un assolutismo sconosciuto alla Chiesa, e tali pretese vennero debitamente riprovate e rimproverate. L’affermazione quindi di Leone XIII, quando dice nella sua Enciclica che prima del periodo del grande Fozio il nome del trono romano era sacro tra tutti i popoli del mondo cristiano e che l’Oriente, come l’Occidente, di comune accordo e senza opposizione, era soggetto al pontefice romano come legittimo successore, per così dire, dell’apostolo Pietro e di conseguenza vicario di Gesù Cristo in terra, si rivela inesatta e un errore manifesto.
XVII. Durante i nove secoli dei Concili Ecumenici, la Chiesa Ortodossa Orientale non riconobbe mai le eccessive pretese di primato dei vescovi di Roma, né di conseguenza si sottomise mai ad esse, come la storia della Chiesa testimonia chiaramente. Il rapporto di indipendenza dell’Oriente nei confronti dell’Occidente è chiaramente e manifestamente dimostrato anche da quelle poche e significative parole di Basilio il Grande, che egli scrive in una lettera al santo Eusebio, vescovo di Samosata: “Quando si corteggiano caratteri altezzosi, è nella loro natura diventare ancora più sdegnosi. Se il Signore ci è misericordioso, di quale altro aiuto abbiamo bisogno? Ma se l’ira di Dio incombe su di noi, quale aiuto ci può venire dall’arroganza occidentale? Uomini che non conoscono la verità né sopportano di apprenderla, ma, pregiudicati da falsi sospetti, agiscono ora come fecero prima nel caso di Marcello”. [23] Il celebre Fozio, quindi, sacro prelato e luminare di Costantinopoli, difendendo questa indipendenza della Chiesa di Costantinopoli dopo la metà del nono secolo, e prevedendo l’imminente perversione della costituzione ecclesiastica in Occidente e la sua defezione dall’Oriente ortodosso, all’inizio cercò in modo pacifico di scongiurare il pericolo; ma il vescovo di Roma, Niccolò I, con la sua ingerenza non canonica in Oriente, oltre i confini della sua diocesi, e con il tentativo che fece di sottomettere a sé la Chiesa di Costantinopoli, spinse i costumi sull’orlo della dolorosa separazione delle Chiese. I primi semi di queste pretese di un assolutismo papale furono sparsi con gli pseudo-Clementini e furono coltivati, esattamente all’epoca di questo Niccolò, nei cosiddetti decreti pseudo-lsidoriani, che sono un miscuglio di decreti reali spuri e contraffatti e lettere di antichi vescovi di Roma, con i quali, contrariamente alla verità della storia e alla costituzione consolidata della Chiesa, fu deliberatamente promulgato che, come dicevano, l’antichità cristiana attribuiva ai vescovi di Roma un’autorità illimitata sulla Chiesa universale.
XVIII. Ricordiamo questi fatti con dolore nel cuore, poiché la Chiesa papale, sebbene ora riconosca la falsità e il carattere falsificato di quei decreti su cui si fondano le sue eccessive pretese, non solo si rifiuta ostinatamente di tornare ai canoni e ai decreti dei Concili Ecumenici, ma persino negli ultimi anni del diciannovesimo secolo ha allargato l’abisso esistente proclamando ufficialmente, con stupore del mondo cristiano, che il Vescovo di Roma è addirittura infallibile. La Chiesa ortodossa orientale e cattolica di Cristo, ad eccezione del Figlio e Verbo Dio, che fu ineffabilmente fatto uomo, non conosce nessuno infallibile sulla terra. Persino lo stesso apostolo Pietro, il cui successore il Papa si ritiene, rinnegò tre volte il Signore, e fu rimproverato due volte dall’apostolo Paolo, per non aver camminato rettamente secondo la verità del Vangelo. [24] In seguito, papa Liberio, nel quarto secolo, sottoscrisse una confessione ariana; e allo stesso modo Zosimo, nel V secolo, approvò una confessione eretica, negando il peccato originale. Virgilio, nel VI secolo, fu condannato per opinioni errate dal V Concilio; e Onorio, caduto nell’eresia monotelita, fu condannato come eretico nel VII secolo dal VI Concilio Ecumenico, e i papi che gli succedettero riconobbero e accettarono la sua condanna.
XIX. Con questi e altri fatti in vista, i popoli d’Occidente, gradualmente civilizzati dalla diffusione delle lettere, cominciarono a protestare contro le innovazioni e a chiedere (come fu fatto nel XV secolo nei Concili di Costanza e di Basilea) il ritorno alla costituzione ecclesiastica dei primi secoli, alla quale, per grazia di Dio, le Chiese ortodosse in Oriente e nel Nord, che sole ora formano l’unica, santa, cattolica e apostolica Chiesa di Cristo, colonna e fondamento della verità, rimangono e rimarranno sempre fedeli. Lo stesso fu fatto nel XVII secolo dai dotti teologi gallicani e nel XVIII dai vescovi di Germania; e in questo secolo attuale di scienza e critica, la coscienza cristiana è sorta in un solo corpo nell’anno 1870, nelle persone di celebri ecclesiastici e teologi della Germania, a causa del nuovo dogma dell’infallibilità dei Papi, emanato dal Concilio Vaticano, una conseguenza del quale si può vedere nella formazione delle separate comunità religiose dei vecchi cattolici, i quali, avendo rinnegato il papato, sono del tutto indipendenti da esso.
XX. Invano, quindi, il Vescovo di Roma ci rimanda alle fonti affinché possiamo ricercare diligentemente ciò che i nostri antenati credevano e ciò che il primo periodo del cristianesimo ci ha trasmesso. In queste fonti noi ortodossi troviamo le antiche dottrine trasmesse da Dio, alle quali ci atteniamo gelosamente fino al tempo presente, e da nessuna parte troviamo le innovazioni che i successivi tempi di vanagloria hanno portato in Occidente e che la Chiesa papale, dopo averle adottate, conserva fino a oggi. La Chiesa orientale ortodossa si gloria quindi giustamente in Cristo come Chiesa dei sette Concili Ecumenici e dei primi nove secoli del cristianesimo, e quindi l’unica, santa, cattolica e apostolica Chiesa di Cristo, “colonna e fondamento della verità”; [25] Ma l’attuale Chiesa romana è la Chiesa delle innovazioni, della falsificazione degli scritti dei Padri della Chiesa, della cattiva interpretazione della Sacra Scrittura e dei decreti dei santi concili, per le quali è stata ragionevolmente e giustamente rinnegata, e lo è ancora, finché rimane nel suo errore. «È meglio infatti una guerra lodevole che una pace che separa da Dio», come dice anche Gregorio Nazianzeno.
XXI. Tali sono, in breve, le gravi e arbitrarie innovazioni riguardanti la fede e la costituzione amministrativa della Chiesa, che la Chiesa papale ha introdotto e che, è evidente, l’Enciclica papale volutamente passa sotto silenzio. Queste innovazioni, che si riferiscono a punti essenziali della fede e del sistema amministrativo della Chiesa, e che sono manifestamente contrarie alla condizione ecclesiastica dei primi nove secoli, rendono impossibile la desiderata unione delle Chiese: e ogni cuore pio e ortodosso è pieno di inesprimibile dolore nel vedere la Chiesa papale persistere sdegnosamente in esse, e non contribuire minimamente al sacro proposito dell’unione col rigettare quelle innovazioni eretiche e tornare all’antica condizione dell’unica santa, cattolica e apostolica Chiesa di Cristo, di cui anche allora faceva parte.
XXII. Ma che dire di tutto ciò che il Romano Pontefice scrive quando si rivolge alle gloriose nazioni slave? Nessuno, in verità, ha mai negato che per la virtù e le fatiche apostoliche dei Santi Cirillo e Metodio la grazia della salvezza sia stata concessa a non pochi popoli slavi: ma la storia attesta che al tempo del grande Fozio quegli apostoli greci degli Slavi e intimi amici di quel divino Padre, partendo da Tessalonica, furono inviati a convertire le tribù slave non da Roma ma da Costantinopoli, dove peraltro erano stati educati, vivendo come monaci nel monastero di San Policronio. È quindi del tutto incoerente ciò che si proclama nell’Enciclica del Romano Pontefice, secondo cui, come egli dice, si sarebbe instaurata una benevola relazione e una reciproca simpatia tra le tribù slave e i pontefici della Chiesa romana; perché, anche se il Papa lo ignora, la storia proclama tuttavia esplicitamente che questi sacri apostoli degli Slavi di cui parliamo, incontrarono maggiori difficoltà nella loro opera da parte dei vescovi di Roma a causa delle loro scomuniche e opposizioni, e furono perseguitati più crudelmente dai vescovi papali franchi che dagli abitanti pagani di quelle regioni. Certamente il Papa sa bene che, dopo il ritorno del beato Metodio al Signore, duecento dei suoi discepoli più illustri, dopo molte lotte contro l’opposizione dei Pontefici Romani, furono scacciati dalla Moravia e condotti con la forza militare oltre i suoi confini, da dove poi si dispersero in Bulgaria e altrove. Ed egli sa anche che con l’espulsione del clero slavo più erudito, anche il rituale orientale, così come la lingua slava allora in uso, furono sradicati, e col passare del tempo ogni traccia di ortodossia fu cancellata da quelle province, e tutto ciò fu fatto con la cooperazione ufficiale dei vescovi di Roma, in modo non meno onorevole della santità della dignità episcopale. Ma nonostante tutto questo trattamento sprezzante, le Chiese slave ortodosse, le amate figlie dell’Oriente ortodosso, e in particolare la grande e gloriosa Chiesa della Russia divinamente preservata, essendo state preservate indenni dalla grazia di Dio, hanno conservato, e manterranno fino alla fine dei secoli, la fede ortodossa, e offrono testimonianze evidenti della libertà che è in Cristo. Invano, quindi, l’enciclica papale promette prosperità e grandezza alle Chiese slave, perché per benevolenza di Dio clementissimo esse già possiedono questi beni, e come tali restano salde nell’ortodossia dei loro padri e in essa si glorificano in Cristo.
XXIII. Stando così le cose, e indiscutibilmente provate dalla storia ecclesiastica, noi, ansiosi come è nostro dovere, ci rivolgiamo ai popoli d’Occidente, i quali, per ignoranza della vera e imparziale storia delle questioni ecclesiastiche, creduloni, seguono le innovazioni antievangeliche e del tutto illegali del papato, essendo stati separati e continuando a stare lontani dall’unica, santa, cattolica e apostolica Chiesa ortodossa di Cristo, che è ‘la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità,[26] nella quale anche i loro graziosi antenati e progenitori brillarono per la loro pietà e ortodossia di fede, essendo stati fedeli e preziosi membri di essa per nove interi secoli, seguendo obbedientemente e camminando secondo i decreti dei Concili ecumenici divinamente riuniti.
XXIV. Popoli amanti di Cristo delle gloriose terre d’Occidente! Ci rallegriamo, da un lato, nel vedere che avete zelo per Cristo, guidati da questa giusta persuasione: «che senza la fede in Cristo è impossibile piacere a Dio»; [27] ma, d’altro canto, è evidente a ogni persona retta che la salutare fede in Cristo deve essere assolutamente corretta in ogni cosa e in accordo con la Sacra Scrittura e le tradizioni apostoliche, sulle quali si fonda l’insegnamento dei divini Padri e dei sette santi Concili Ecumenici divinamente riuniti. È inoltre manifesto che la Chiesa universale di Dio, che conserva nel suo seno unica, incontaminata e integra questa fede salutare come deposito divino, così come fu anticamente trasmessa e spiegata dai Padri teofori mossi dallo Spirito, e da loro formulata durante i primi nove secoli, è una e la stessa per sempre, e non molteplice e mutevole con il procedere del tempo: perché le verità evangeliche non sono mai suscettibili di alterazione o progresso nel corso del tempo, come i vari sistemi filosofici; “perché Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre”. [28] Per questo anche il santo Vincenzo, che fu allevato con il latte della pietà ricevuto dai padri nel monastero di Lerino in Gallia, e fiorì verso la metà del quinto secolo, con grande sapienza e ortodossia caratterizza la vera cattolicità della fede e della Chiesa, dicendo: “Nella Chiesa cattolica dobbiamo soprattutto preoccuparci di ritenere ciò che è stato creduto ovunque, in ogni tempo e da tutti”. Perché questo è veramente e propriamente cattolico, come significa la forza e il significato stesso della parola, che inoltre comprende quasi ogni cosa universalmente. E questo faremo, se cammineremo seguendo l’universalità, l’antichità e il consenso.’ [29] Ma, come è stato detto prima, la Chiesa occidentale, dal decimo secolo in poi, ha segretamente introdotto in sé attraverso il papato varie, strane ed eretiche dottrine e innovazioni, e così è stata strappata e allontanata dalla vera e ortodossa Chiesa di Cristo. Quanto sia necessario, quindi, per voi tornare alle antiche e incontaminate dottrine della Chiesa per raggiungere la salvezza in Cristo, alla quale vi sforzate, potete facilmente comprenderlo se considerate intelligentemente il comando dell’apostolo rapito in cielo Paolo ai Tessalonicesi, che dice: ‘Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete imparato, sia dalla parola, sia dalla nostra lettera’; [30] e anche ciò che lo stesso divino apostolo scrive ai Galati dicendo: «Mi meraviglio che così presto passiate da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo a un altro vangelo, che non è un altro; ma vi sono alcuni che vi turbano e vogliono pervertire il vangelo di Cristo». [31] Ma evitate tali pervertiti della verità evangelica,’Poiché costoro non servono il nostro Signore Gesù Cristo, ma il proprio ventre; e con buone parole e bei discorsi ingannano i cuori dei semplici;[32] e ritornano per il futuro nel seno della santa, cattolica e apostolica Chiesa di Dio, che consiste di tutte le particolari sante Chiese di Dio, che essendo divinamente piantate, come rigogliose viti in tutto il mondo ortodosso, sono inseparabilmente unite tra loro nell’unità dell’unica fede salvifica in Cristo, e nel vincolo della pace e dello Spirito, affinché possiate ottenere il nome altamente lodevole e gloriosissimo del nostro Signore e Dio e Salvatore Gesù Cristo, che ha sofferto per la salvezza del mondo, possa essere glorificato anche tra voi.
XXV. Ma noi, che per grazia e benevolenza del Dio clementissimo siamo membra preziose del corpo di Cristo, cioè della sua Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, manteniamo salda la pietà dei nostri padri, tramandataci dagli apostoli. Guardiamoci tutti dai falsi apostoli, che, venendo a noi in veste di pecore, tentano di sedurre i più semplici tra noi con varie promesse ingannevoli, considerando tutto lecito e permettendolo in nome dell’unione, a condizione che il Papa di Roma sia riconosciuto come supremo e infallibile governatore e sovrano assoluto della Chiesa universale, unico rappresentante di Cristo sulla terra e fonte di ogni grazia. E soprattutto noi, che per grazia e misericordia di Dio siamo stati costituiti vescovi, pastori e dottori delle sante Chiese di Dio, “pensiamo a noi stessi e a tutto il gregge, sul quale lo Spirito Santo ci ha costituiti vescovi, per pascere la Chiesa di Dio, che egli ha acquistato con il suo sangue”, [33] come coloro che devono rendere conto. “Perciò confortiamoci insieme ed edifichiamoci a vicenda”. [34] “E il Dio di ogni grazia, che ci ha chiamati alla sua gloria eterna per mezzo di Cristo Gesù … ci perfezioni, ci consolidi, ci fortifichi, ci stabilisca”, [35] e conceda che tutti coloro che sono fuori e lontani dall’unico santo, cattolico e ortodosso ovile delle sue pecore ragionevoli possano essere illuminati dalla luce della sua grazia e dal riconoscimento della verità. A lui la gloria e il potere nei secoli dei secoli.
Amen.
Nel Palazzo Patriarcale di Costantinopoli, nel mese di agosto dell’anno di grazia MDCCCXCV.
+ ANTHIMOS di Costantinopoli, amato fratello e intercessore in Cristo nostro Dio.
+ NICODEMO di Cizico, amato fratello e intercessore in Cristo nostro Dio.
+ FILOTEO di Nicomedia, caro fratello e intercessore in Cristo Dio nostro.
+ GIROLAMO di Nicea, amato fratello e intercessore in Cristo nostro Dio.
+ NATANAELE di Prusa, caro fratello e intercessore di Cristo nostro Dio.
+ BASILIO di Smirne, caro fratello e intercessore in Cristo nostro Dio.
+ STEFANO di Filadelfia, amato fratello e intercessore in Cristo nostro Dio.
+ ATANASIOS di Lemno, caro fratello e intercessore in Cristo nostro Dio.
+ BESSARION di Durazzo, caro fratello e intercessore in Cristo nostro Dio.
+ DOROTEO di Belgrado, amato fratello e intercessore in Cristo nostro Dio.
+ NICODEMO di Elasson, amato fratello e intercessore in Cristo nostro Dio.
+ SOFRONIOS di Carpathos e Cassos, amato fratello e intercessore in Cristo nostro Dio.
+ DIONIGI di Eleuteropoli, amato fratello e intercessore in Cristo nostro Dio.
Note finali
1. Efesini 2:20.
2. Giovanni 14:6.
3. II Corinzi 11:13.
4. Foziom Epist. III. 10.
5. Patriarca di Costantinopoli; c. 800.
6. Fozio, Epist . III. 6.
7. Efesini 4,5-6.
8. Vedi la vita di Leone III di Atanasio, presbitero e bibliotecario a Roma, nelle sue Vite dei Papi. Anche il santo Fozio, menzionando questa invettiva del papa ortodosso di Roma, Leone III, contro i sostenitori della dottrina erronea, nella sua celebre lettera al metropolita di Aquileia, si esprime come segue: “Infatti (senza menzionare coloro che lo precedettero) Leone il Vecchio, prelato di Roma, così come Leone il Giovane dopo di lui, si mostrano d’accordo con la Chiesa cattolica e apostolica, con i santi prelati loro predecessori e con i comandi apostolici; l’uno avendo contribuito molto alla convocazione del quarto santo concilio ecumenico, sia tramite i santi uomini inviati a rappresentarlo, sia con la sua lettera, per mezzo della quale furono rovesciati sia Nestorio che Eutiche; Con la quale lettera, inoltre, in conformità con i precedenti decreti sinodali, dichiarò che lo Spirito Santo procede dal Padre, ma non anche “dal Figlio”. E allo stesso modo Leone il Giovane, suo pari nella fede oltre che nel nome. Quest’ultimo, infatti, che era ardentemente zelante per la vera pietà, affinché l’immacolato modello della vera pietà non fosse in alcun modo falsificato da una lingua barbara, lo pubblicò in greco, come è già stato detto all’inizio, al popolo d’Occidente, affinché potessero così glorificare e predicare correttamente la Santissima Trinità. E non solo con la parola e il comando, ma anche, dopo averlo inciso ed esposto alla vista di tutti su alcuni scudi appositamente realizzati, come su alcuni monumenti, lo affisse alle porte della Chiesa, affinché ognuno potesse apprendere facilmente la fede incontaminata, e affinché non fosse lasciata alcuna possibilità a falsificatori e innovatori occulti di adulterare la pietà di noi cristiani e di introdurre il Figlio oltre il Padre come causa seconda dello Spirito Santo, che procede dal Padre con pari onore a quello del Figlio generato. E non furono solo questi due santi uomini, che brillarono in Occidente, a preservare la fede immune da innovazioni; poiché la Chiesa non ha tanta mancanza quanto quella dei predicatori occidentali; ma c’è anche una schiera di loro, non facilmente enumerabile, che fece altrettanto. — Epist. v. 53
9. III Timoteo 1,14; 1 Timoteo 6,20-21.
10. San Basilio Magno, Ep. 243, Ai vescovi d’Italia e della Gallia.
11. Matteo 26,26, 28
12. Matteo 26,28.
13. Matteo 26,31; Ebr. 11,39-40; II Tim. 48; II Macc. 12,45.
14. Col. 1,18.
15. Matteo 28,20.
16. Galati 2,11.
17. Matteo 16,18.
18. Matteo 16,16.
19. 1 Corinzi 3,10, 11.
20. Col. 1:24.
21. Efesini 2,19, 20. Cfr. 1 Pietro 2,4; Apocalisse 21,14.
22. Vedere Atti degli Apostoli 28,15, Romani 15,15-16; Filippesi 1,13.
23. Epist. 239.
24. Galati 2,11.
25. 1 Timoteo 3,15.
26. 1 Timoteo 3,15.
27. Ebrei 11,6.
28. Ebrei 13,8.
29. « In ipsa item Catholica Ecclesia magnopere curandum est, ut teneamus, quod ubique quod semper ab omnibus creditum est. Hoc est enim vere proprieque Catholicum (quod ipsa vis nominis ratioque declarat), quod omnia fere universaliter comprehendit. Sed hoc fiet si sequimur universalitatem, antiquitatem, consensionem» (Vincentii Lirinensis Commonitorium pro CatholicEe fidei antiquitate et universalitate cap. iii, cf. cap. viii e xiv).
30. 1Tess.2,15.
31. Galati 1,6-7.
32. Romani 16,18.
33. Atti 20,28.
34. 1 Tess. 5,11.
35. 1 Pietro 5,10.