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San Giovanni Crisostomo, Sul Vangelo di Matteo, Omelia 3

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Omelia 3

Matt. I. 1.

“Libro della generazione di Gesù Cristo, Figlio di Davide, Figlio di Abramo”.

Ecco il terzo discorso, e non abbiamo ancora terminato le premesse. Non per nulla dissi che è nella natura di questi pensieri avere una grande profondità.

Su, dunque, parliamo oggi di ciò che resta. Che cos’è dunque che ci domandiamo ora? Perché viene tracciata la genealogia di Giuseppe, che non ha avuto parte alla nascita? Una causa l’abbiamo già menzionata; ma è necessario menzionare anche l’altra, quella più mistica e segreta della prima. Qual è dunque questa? Egli non vuole che al momento della nascita sia manifesto ai Giudei che Cristo è nato da una vergine.

Non turbatevi per la stranezza dell’affermazione, perché non è una mia affermazione, ma dei nostri Padri, uomini meravigliosi e illustri. Infatti, se Egli ha dissimulato molte cose fin dall’inizio, chiamandosi Figlio dell’uomo e non ci ha rivelato ovunque e chiaramente neppure la sua uguaglianza con il Padre, perché vi meravigliate che abbia mascherato per un certo tempo anche questo, in ordine al raggiungimento di un certo scopo grande e meraviglioso? Inoltre, l’avrebbero condannata per adulterio. Infatti, se per quanto riguarda le altre questioni, per le quali esistevano frequenti precedenti anche nell’antico ordinamento, erano abbastanza sfacciati nella loro ostinazione (infatti, poiché aveva scacciato i demoni, lo chiamavano indemoniato; e poiché guariva in giorno di sabato, lo ritenevano un avversario di Dio; eppure spesso anche prima di ciò il sabato era stato infranto), che cosa non avrebbero detto, se questo fosse stato rivelato loro? Tanto più che avevano dalla loro parte tutto il tempo precedente, che non aveva mai prodotto nulla di simile. Infatti, se dopo tanti miracoli lo chiamavano ancora figlio di Giuseppe, come avrebbero potuto credere, prima dei miracoli, che fosse nato da una vergine?

È per questo motivo che Giuseppe ha la sua genealogia e la Vergine gli è stata promessa in sposa. Infatti, se persino lui, che era un uomo giusto e meravigioso, ebbe bisogno di molte prove per accettare ciò che era avvenuto – un angelo, la visione in sogno e la testimonianza dei profeti – come avrebbero potuto i Giudei, ottusi e depravati e di spirito così ostile nei suoi confronti, ammettere questa idea nella loro mente? Infatti, la stranezza e la novità della cosa li avrebbero sicuramente turbati molto e il fatto che non avessero mai sentito parlare di una cosa simile ai tempi dei loro antenati. Infatti, come l’uomo che fosse stato convinto che Egli fosse Figlio di Dio, da quel momento non avrebbe avuto motivo di dubitare anche di questo; così colui che lo riteneva un ingannatore e un avversario di Dio, come avrebbe potuto non essere ancora più offeso da questo, ed essere indotto alla convinzione opposta? Per questo motivo gli apostoli non parlano direttamente di tutto ciò, mentre parlano molto spesso della sua risurrezione (perché di questo c’erano stati esempi nei tempi precedenti, anche se non come questa); che Egli sia nato da una vergine non lo esprimono sempre: anzi, nemmeno sua madre si azzardò a dirlo. Si veda, ad esempio, cosa dice la Vergine anche a sé stessa: “Ecco, tuo padre e io ti abbiamo cercato” (Lc 2,48). Se si fosse nutrito questo sospetto, infatti, non si sarebbe più ritenuto che Egli fosse Figlio di Davide e se non ci fosse stata questa opinione, sarebbero sorti molti altri mali. Per questo motivo, gli angeli non dicono queste cose a tutti, ma solo a Maria e a Giuseppe; ma quando mostrarono ai pastori la lieta novella di ciò che era avvenuto, non aggiunsero anche questo.

2. Ma perché, dopo aver menzionato Abramo e aver detto che egli generò Isacco e Isacco Giacobbe, e non fa’ alcuna menzione di suo fratello, quando arriva a Giacobbe, si ricorda di Giuda e dei suoi fratelli? Alcuni dicono che è stato a causa della perversione di Esaù e degli altri che l’hanno preceduto. Ma io non direi questo, perché se fosse così, come mai poco dopo menziona quelle donne? È per contrasto, è in questo luogo che si manifesta la sua gloria, non avendo grandi antenati, ma bassi e di poco conto. Perché per l’eccelso è una grande gloria potersi abbassare molto. Perché allora non li ha menzionati? Perché i Saraceni, gli Ismaeliti, gli Arabi e tutti coloro che discendono da questi antenati non hanno nulla in comune con la razza degli Israeliti. Per questo motivo li passa sotto silenzio e si affretta a passare ai suoi antenati e a quelli del popolo ebraico. Per questo dice: “Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli”. Perché a questo punto la razza degli Ebrei comincia ad avere il suo marchio peculiare.

3. E Giuda generò Phares e Zara da Thamar. (Mt 1,3) Cosa fai tu, o uomo, ricordandoci una storia che contiene un rapporto illecito? Ma perché si dice questo? Poiché, se si raccontasse la stirpe di un semplice uomo, si sarebbe naturalmente potuto tacere toccando queste cose; ma se si tratta del Dio incarnato, lungi dal tacere, bisognerebbe farne gloria, mostrando la sua tenera cura e la sua potenza. Sì, per questo è venuto, non per sfuggire alle nostre disgrazie, ma per portarle via. Perciò così come è tanto più ammirato, in quanto non solo morì, ma fu anche crocifisso (sebbene la cosa sia oltraggiosa, ma quanto più è oltraggiosa quanto più lo mostra pieno d’amore per l’uomo), così similmente possiamo parlare della sua nascita; non è solo perché si è incarnato e si è fatto uomo che giustamente rimaniamo meravigliati di lui, ma perché si è degnato anche di avere anche tali antenati, senza vergognarsi affatto dei nostri mali. E questo proclamava fin dall’inizio della sua nascita, non vergognandosi di nessuna di quelle cose che ci appartengono; mentre ci insegna anche in questo modo, a non nascondere mai la nostra faccia davanti alla malvagità dei nostri antenati, ma a cercare solo una cosa, la virtù. Perché un tale uomo, anche se ha uno straniero per suo antenato, anche se ha una madre che è una prostituta, o quello che vuoi, non può subire alcun danno da ciò. Infatti, se il fornicatore stesso, essendo cambiato, non è disonorato dalla sua vita precedente, molto più la malvagità della sua stirpe non avrà il potere di svergognare colui che è nato da una meretrice o da un’adultera, se è virtuoso.

Ma ha fatto queste cose non solo per istruirci, ma anche per abbattere la superbia dei Giudei. Poiché essi, trascurando la virtù nelle loro anime, ostentavano il nome di Abramo, pensando di potersi appellare alla virtù dei loro antenati; mostra fin dall’inizio che non è di queste cose che gli uomini devono gloriarsi, ma delle proprie buone azioni.

Oltre a questo, stabilisce anche un altro punto, per mostrare che tutti sono sotto il peccato, anche i loro stessi antenati. In effetti si dimostra che il loro patriarca e omonimo ha commesso un peccato non piccolo, poiché Thamar si erge davanti a lui, per accusare la sua prostituzione. E anche Davide ebbe Salomone dalla moglie che corruppe. Ma se dai grandi la legge non fu adempiuta, molto più dai minori. E se non si è adempiuta, tutti hanno peccato e la venuta di Cristo si rese necessaria.

Per questo fece menzione anche dei dodici patriarchi, abbattendo così di nuovo il loro orgoglio per la nobile nascita dei loro padri. Poiché anche molti di questi sono nati da donne che erano schiave; ma nondimeno la differenza dei genitori non ha fatto differenza nei figli. Perché tutti erano ugualmente sia patriarchi che capi tribù. Perché questa è la precedenza della Chiesa, questa è la prerogativa della nobiltà che è in mezzo a noi, assumendone il tipo fin dall’inizio. Sicché, sia che tu sia schiavo o libero, non ne hai né più né meno; ma la questione riguarda solo una cosa, vale a dire la mente e la disposizione dell’anima.

4. Ma oltre a ciò che abbiamo già detto, c’è anche un’altra causa per cui si cita questa storia; perché, per essere sicuri, il nome di Zara non è stato gettato a caso su quello di Phares. (Infatti, era irrilevante e superfluo, quando aveva già menzionato Phares, da cui doveva risalire alla genealogia di Cristo, menzionare anche Zara). Perché allora la nominò? Quando Thamar era sul punto di partorirli, essendo sopraggiunte le doglie, Zara fece uscire per prima la sua mano. (Gn 38,27) La levatrice, vedendo ciò, per far riconoscere il primo nato, gli legò la mano con lo scarlatto; ma il bambino, una volta legato, ritrasse la mano e, quando l’ebbe ritratta, uscì prima Phares e poi Zara. La levatrice, vedendo ciò, disse: “Perché è stata abbattuta la siepe per voi?” (Gn 38,29)

Vedi l’espressione oscura dei misteri? Infatti non è senza scopo che queste cose siano state registrate per noi, poiché non valeva la pena di studiare cosa avesse detto la levatrice, né valeva la pena di raccontare che colui che era uscito per secondo aveva messo la mano per primo. Qual è dunque la lezione misteriosa? In primo luogo, dal nome del bambino apprendiamo ciò che viene richiesto, perché Phares è una divisione e una rottura. E poi dal fatto stesso che avvenne, poiché non era nell’ordine della natura che, dopo aver spinto fuori la mano, la tirasse di nuovo dentro quando era legata; queste cose non appartengono a un movimento diretto dalla ragione, né avvennero in modo naturale. Infatti, dopo che la mano aveva trovato la sua via d’uscita, forse non era innaturale che un altro bambino nascesse prima. Ma che egli la ritirasse e desse il posto ad un altro, non era più come avviene naturalmente ai bambini al momento della nascita, ma la grazia di Dio era presente con i bambini, ordinando queste cose e tracciando per noi una sorta di immagine delle cose che dovevano venire.

E allora? Alcuni di coloro che hanno esaminato accuratamente queste cose dicono che questi bambini sono un tipo delle due nazioni. Affinché possiate imparare che la polarità di quest’ultimo popolo risplendeva prima dell’origine del primo, il bambino che ha la mano tesa non si mostra intero, ma si ritrae; dopo che suo fratello è uscito via intero, allora anche lui appare intero. E questo avvenne anche per quanto riguarda le due nazioni. Voglio dire che, dopo che la civiltà della Chiesa si era manifestata ai tempi di Abramo, e poi si era ritirata nel bel mezzo del suo corso, arrivò il popolo ebraico e la civiltà legale; allora il nuovo popolo apparve intero con le proprie leggi. Per questo la levatrice dice anche: “Perché la siepe è stata spezzata per voi?”, perché la legge, entrando, ha infranto la civiltà della libertà. Infatti la Scrittura è solita chiamare la legge siepe, come dice il profeta: Tu hai abbattuto la sua siepe, così che tutti quelli che passano per la strada strappano i suoi grappoli; e io ho posto una siepe intorno ad essa; e Paolo, che ha abbattuto il muro di mezzo della siepe. Ma altri dicono che il detto: “Perché è stata abbattuta la siepe per voi?” sia stato pronunciato per il nuovo popolo, perché questo, alla sua venuta, ha abbattuto la legge.

5. Vedete che non è per pochi o futili motivi che ci ha fatto ricordare tutta la storia di Giuda? A questo scopo ha menzionato anche Ruth e Rahab, l’una straniera, l’altra prostituta, affinché impariate che Egli è venuto per eliminare tutti i nostri mali. Infatti è venuto come medico, non come giudice. Perciò, come quelli di un tempo presero per mogli le prostitute, così anche Dio sposò a sé la natura che aveva fatto la prostituta; proprio questo anche i profeti fin dall’inizio dichiarano essere avvenuto nei confronti della Sinagoga. Ma quella sposa fu ingrata nei confronti di Colui che l’aveva sposata, mentre la Chiesa, una volta liberata dai mali ricevuti dai nostri padri, continuò ad abbracciare lo Sposo.

Guardate, per esempio, ciò che accadde a Ruth, come è simile alle cose che ci appartengono. Poiché era di razza straniera e ridotta alla massima povertà, Boaz, quando la vide, non disprezzò la sua povertà né aborriva la sua nascita meschina, così come Cristo, che ha ricevuto la Chiesa, essendo straniero e in grande povertà, la prese come partecipe delle grandi benedizioni. Ma come Ruth, se non avesse prima abbandonato il padre e rinunciato alla famiglia e alla razza, al paese e alla parentela, non sarebbe arrivata a questa alleanza, così anche la Chiesa, avendo abbandonato i costumi che gli uomini avevano ricevuto dai loro padri, allora, e non prima, divenne amabile per lo Sposo. Per questo il profeta le dice: “Dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre, così il re si compiacerà della tua bellezza”. Anche Ruth lo fece, e per questo divenne madre di re, come anche la Chiesa. Da lei, infatti, è nato Davide. Quindi, per svergognarli con tutte queste cose e per convincerli a non essere altezzosi, ha composto la genealogia e ha presentato queste donne. Sì, perché per questo fine, attraverso coloro che sono intervenuti, è stata genitrice del grande re e di queste origini Davide non si vergogna. Perché non può, anzi, non può essere che un uomo sia buono o cattivo, oscuro o glorioso, né per la virtù né per il vizio dei suoi antenati; ma se si deve dire qualcosa di paradossale, risplende di più colui che, non avendo antenati degni, è diventato eccellente.

6. Nessuno, dunque, si faccia un’opinione elevata di simili questioni, ma considerando gli antenati del Signore, metta da parte ogni superbia e faccia delle buone azioni il suo vanto; o meglio, nemmeno di queste. Perché fu così che il fariseo divenne inferiore al pubblicano. Così, se volete dimostrare che l’opera buona è grande, non abbiate pensieri elevati e l’avrete dimostrata tanto più grande. Fate conto di non aver fatto nulla e avrete fatto tutto. Infatti, se da peccatori, quando ci consideriamo tali, diventiamo giusti, come fece il pubblicano, quanto più lo saremo quando, da giusti, ci considereremo peccatori. Poiché se da peccatori gli uomini diventano giusti grazie all’umiltà d’animo (anche se non si trattava di umiltà d’animo, ma di rettitudine d’animo), se l’umiltà d’animo è così utile nel caso dei peccatori, considerate cosa non farà l’umiltà d’animo nei confronti degli uomini giusti.

Non rovinare le tue fatiche, non gettare via i frutti dei tuoi sforzi, non correre invano, non vanificare il tuo lavoro dopo i tanti percorsi che hai fatto. Anzi, il vostro Signore conosce le vostre opere buone meglio di voi. Anche se date solo una tazza d’acqua fredda, Egli non trascura nemmeno questo; anche se contribuite solo con un soldo, anche se emettete solo un sospiro, Egli riceve tutto con grande favore, ne è consapevole e assegna per questo grandi ricompense.

Ma perché prendete le vostre azioni e le portate continuamente davanti a noi? Non sapete che se lodate voi stessi, Dio non vi loderà più? Così come se vi lamentate, Egli non smetterà di proclamarvi davanti a tutti. Perché non è affatto sua volontà che le vostre fatiche siano sminuite. Perché dico “sminuite”? Anzi, Egli sta facendo e progettando ogni cosa, affinché anche per poco possa incoronarvi; e va cercando ogni scusa per liberarvi dall’inferno. Per questo motivo, anche se lavorate solo l’undicesima ora del giorno, Egli vi dà il vostro salario intero; e anche se non offrite alcun motivo di salvezza, Egli dice: “Lo faccio per il mio bene, affinché il mio nome non sia profanato”: (Ez 36,22) anche se tu dovessi solo sospirare, anche se tu dovessi solo piangere, tutte queste cose Egli le coglie al volo per salvarti.

Non innalziamoci dunque, ma dichiariamoci non utili, per diventare utili. Infatti, se ti dichiari approvato, sei diventato inutile, anche se eri approvato; ma se sei inutile, sei diventato utile, anche se eri reprobo.

7. Per questo è necessario dimenticare le nostre buone azioni. Ma come è possibile, si dirà, non sapere quelle cose che conosciamo bene? Come si fa a dire? Offendendo continuamente il tuo Signore, vivi con superficialità e ridi, e non sai nemmeno di aver peccato, ma hai consegnato tutto all’oblio; e delle tue buone azioni non riesci a mettere via il ricordo? Eppure la paura è una cosa più forte. Ma noi facciamo proprio il contrario: da un lato, mentre ogni giorno commettiamo un’offesa, non ce lo ricordiamo nemmeno; dall’altro, se diamo un po’ di soldi a un povero non facciamo che ripensarci. Questo tipo di comportamento è frutto di una totale follia e rappresenta una grande perdita per chi fa i conti in questo modo. Perché il deposito sicuro delle opere buone è dimenticare le nostre opere buone. E come per le vesti e l’oro, quando li esponiamo al mercato, attiriamo molti malintenzionati; ma se li mettiamo in casa e li nascondiamo, li depositeremo tutti al sicuro, così per le nostre buone azioni: se le teniamo continuamente in memoria, provochiamo il Signore, armiamo il nemico, lo invitiamo a rubarle; ma se nessuno le conosce, oltre a Colui che è l’unico a doverle conoscere, giacciono al sicuro.

Non ostentatele sempre, per evitare che qualcuno le porti via. Come accadde al fariseo, che le portava sulle labbra e per questo il diavolo gliele portò via. Eppure ne faceva menzione con gratitudine e rimandava tutto a Dio. Ma nemmeno questo gli bastò. Perché non è ringraziamento rinfacciare agli altri, essere vanagloriosi davanti a molti, esaltare sé stessi contro coloro che hanno offeso. Piuttosto, se state rendendo grazie a Dio, accontentatevi solo di Lui e non fatelo sapere agli uomini, né condannate il vostro prossimo, perché questo non è ringraziamento. Volete imparare le parole di ringraziamento? Ascoltate i tre giovani cosa dicono: “Abbiamo peccato, abbiamo trasgredito. Tu sei giusto, o Signore, in tutto ciò che ci hai fatto, perché hai fatto ricadere tutto su di noi con un vero giudizio” (Dn 3,28ss). Confessare i propri peccati, infatti, significa rendere grazie a Dio con la confessione: un tipo di cosa che implica che uno sia colpevole di innumerevoli reati, senza che gli venga inflitta la pena dovuta. Quest’uomo è soprattutto colui che rende grazie.

8. Guardiamoci dunque dal dire qualcosa di noi stessi, perché questo ci rende odiosi agli uomini e abominevoli a Dio. Per questo motivo, quanto più grandi sono le opere buone che compiamo, tanto meno diciamo di noi stessi; questo è il modo per ottenere la massima gloria sia presso gli uomini che presso Dio. O meglio, non solo gloria da parte di Dio, ma anche una ricompensa, sì, una grande ricompensa. Non chiedete dunque una ricompensa per ricevere una ricompensa. Confessate di essere salvati per grazia, affinché Egli si dichiari debitore nei vostri confronti; e non solo per le vostre buone opere, ma anche per questa rettitudine d’animo. Infatti, quando facciamo opere buone, Lo abbiamo debitore solo per le nostre opere buone; ma quando non pensiamo di aver fatto alcuna opera buona, allora anche per questa disposizione, e più per questa che per le altre cose, nel modo che questa stessa sia considerata equivalente alle nostre opere buone. Infatti, se questa consapevolezza non c’è, non appaiono grandi neanche le opere. Allo stesso modo, infatti, anche noi, quando abbiamo dei servi (Lc 17,10), li approviamo maggiormente quando, dopo aver svolto tutti i loro servizi con buona volontà, non pensano di aver fatto qualcosa di grande. Perciò, se volete rendere grandi le vostre buone azioni, non pensate che siano grandi, e allora saranno veramente grandi.

Così anche il centurione disse: “Non sono degno di ospitarti sotto il mio tetto”; per questo divenne degno e fece rimanere stupefatti (Mt 8,8) soprattutto i Giudei. Così anche Paolo dice: “Non sono adatto a essere chiamato apostolo”; (1 Corinzi 15,9) per questo divenne il primo di tutti. Così anche Giovanni: “Non sono degno di sciogliere il nodo dei tuoi calzari” (Mc 1,6); per questo era l’amico dello Sposo, e la mano che affermava essere indegna di toccare i suoi calzari, Cristo l’ha attirata verso il suo capo. Così anche Pietro disse: “Vattene da me, perché sono un uomo peccatore”; (Luca 5,8) per questo divenne un fondamento della Chiesa. Infatti, nulla è così gradito a Dio come l’annoverarsi tra gli ultimi. Questo è il primo principio di ogni saggezza pratica. Perché chi è umiliato e contrito nel cuore non sarà vanaglorioso, non sarà iracondo, non invidierà il suo prossimo, non coverà altre passioni. Infatti, quando una mano è contusa, anche se ci sforziamo diecimila volte, non riusciamo a sollevarla in alto. Se dunque dovessimo ferire così anche il nostro cuore, anche se fosse agitato da diecimila passioni, non potrebbe essere innalzato, no, nemmeno di poco. Infatti, se un uomo, piangendo per le cose relative a questa vita, scaccia tutte le malattie della sua anima, molto più colui che piange per i peccati, godrà della benedizione della moderazione.

9. Ma chi, si dirà, sarà in grado di ferire così il proprio cuore? Ascoltate Davide, che divenne illustre soprattutto per questo, e vedete la contrizione della sua anima. Dopo aver compiuto diecimila opere buone e quando stava per essere privato della patria, della casa e della vita stessa, proprio nel momento della sua calamità, vedendo un vile ed emarginato soldato comune calpestare la svolta della sua fortuna e disprezzarlo, in contraccambio lungi dal disprezzarlo, fermò del tutto uno dei suoi capitani che desiderava ucciderlo e disse: “Lascialo stare, perché il Signore glielo ha ordinato” (2 Sam 16,10). E ancora, quando i sacerdoti volevano portare con sé l’arca di Dio, non lo permise; ma cosa disse? Lasciatemi posare l’arca nel tempio e, se Dio mi libererà dai pericoli che mi stanno davanti, ne vedrò la bellezza; ma se mi dirà: “Non ho alcun piacere in te, ecco, sono qui; lascia che mi faccia ciò che gli sembra bene”. E ciò che fu fatto nei confronti di Saul, più e più volte, quale eccellenza di autocontrollo non dimostra? Sì, perché superò persino l’antica legge e si avvicinò alle ingiunzioni apostoliche. Per questo motivo sopportò con serenità tutto ciò che veniva dalle mani del Signore, senza contestare ciò che gli accadeva, ma mirando a un solo obiettivo: obbedire e seguire in tutto le leggi da Lui stabilite. E quando, dopo tante nobili azioni da parte sua, vide il tiranno, il parricida, l’assassino del suo stesso fratello, quell’ingiurioso, quel pazzo, possedere al suo posto il suo stesso regno, non si offese nemmeno un po’. Ma se questo piace a Dio, disse, che io sia inseguito, vaghi e fugga, e che lui sia in onore, io lo accetto, lo accetto e ringrazio Dio per le sue molte afflizioni. Non come molti sfaccendati e impudenti che, pur non avendo fatto la benché minima parte delle sue opere buone, se vedono qualche afflizione in prosperità e si scoraggiano un po’, si rovinano l’anima con diecimila bestemmie. Ma Davide non era così; anzi, dava prova di tutta la sua modestia. Per questo Dio disse: “Ho trovato Davide, figlio di Iesse, un uomo secondo il mio cuore”.

Acquistiamo anche noi uno spirito simile, e qualsiasi sofferenza sopporteremo con facilità e, prima del Regno, raccoglieremo qui il guadagno derivante dall’umiltà d’animo. Imparate, dice Egli, da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete riposo per le vostre anime. (Mt 11,29). Perciò, affinché possiamo godere del riposo sia qui che nell’aldilà, cerchiamo di impiantare con grande diligenza nelle nostre anime la madre di tutte le cose buone, cioè l’umiltà. In questo modo saremo in grado di attraversare il mare di questa vita senza onde e di terminare il nostro viaggio in quel porto tranquillo, per la grazia e l’amore verso l’uomo del nostro Signore Gesù Cristo, al quale sia gloria e potenza nei secoli dei secoli.

Amen.